YOUNG DESIGNERS | INTERVISTA A DANILO RANDAZZO
Di Gaia Castiglione
È giovanissimo, è siciliano ed è il primo protagonista della nostra nuova rubrica “Young Designers” dedicata a giovani progettisti siciliani. Si tratta di Danilo Randazzo, designer siracusano, che dopo aver conseguito la laurea in architettura, presso la SDS di Architettura di Siracusa dell’Università di Catania, allarga il suo campo di interesse anche al design, all’architettura di interni, al design del prodotto, all’allestimento ed alla scenografia. Quest’anno è stato uno dei protagonisti del “Materia Independent Design Festival”, tenutosi a Catanzaro dal 20 al 23 Settembre 2018, dove ha ricevuto la menzione speciale “Achille Castiglioni” per il suo lavoro “Cocciu d’Amuri”.
Consegui, giovanissimo, la Laurea in Architettura, ricevendo una menzione speciale per il lavoro di tesi. Quando e come hai capito che questa sarebbe stata la tua strada?
Da sempre ho avuto una forte passione per il mondo delle arti, e per tutto ciò che attiene al progetto.
Disegnavo sin da piccolo e la Laurea in Architettura, se vuoi, è stato un naturale proseguimento, rispetto quelle che erano le mie passioni, rivolte poi, agli ambiti del design, dell’architettura di interni e dell’allestimento.
Oltre l’architettura, i tuoi interessi spaziano dal design, al design del prodotto, alla scenografia e all’allestimento. Nei tuoi lavori, queste diverse esperienze, hanno influenza l’una sull’altra?
Si, assolutamente. Per me non c’è alcuna separazione tra queste discipline, dal momento in cui quando disegno un oggetto di design, penso alla valenza scenica che avrà nello spazio.
Se pensi ad una scenografia, devi mettere in scena qualcosa e pensare agli oggetti ed allo spazio da allestire, ed è un’esperienza molto vicina a ciò che avviene per il design degli interni.
C’è una continuità in tutto ciò, sono esperienze per me vicinissime tra loro.
Qual è l’aspetto che consideri il più rappresentativo del tuo stile?
L’aspetto eclettico e poliedrico, credo sia il tratto che più influisca nei miei lavori e che rappresenta il mio design.
Chi sono stati i tuoi maestri e quanto la loro influenza è stata determinante nei tuoi lavori?
Tra i maestri che influenzano il mio approccio al progetto, ci sono sicuramente gli esponenti del design radicale italiano, i progetti di Alessandro Mendini ed Ettore Sottsass; oggi inoltre, apprezzo molto i lavori di Jaime Hayón, Fabio Novembre, Patricia Urquiola, e dei Bourellec così come le opere di Studio Job o nel mondo dell’arte, le installazioni di Olafur Eliasson.
Quest’anno hai partecipato al “Materia Independent Design Festival”, tenutosi in occasione della Design Week a Catanzaro dal 20 al 23 Settembre, ricevendo la menzione speciale “Achille Castiglioni” con il tuo progetto “Cocciu d’amuri”. Mi racconti un pò di questa tua esperienza e, di come essa potrà influire sui tuoi lavori futuri?
E’ stata un’esperienza importante. Una design week del mediterraneo, nella quale si richiedeva che i progetti di design selezionati, rispondessero al tema PASTmeetsFUTURE, ponendosi come punto di incontro tra passato e futuro, tra artigianalità e linguaggio contemporaneo.
Il progetto premiato con la Menzione Castiglioni, dal titolo “Cocciu d’Amuri”, è appunto una reinterpretazione contemporanea delle teste di moro siciliane, vasi ornamentali ormai icona della cultura del luogo, frutto di una leggenda narrata nel corso degli anni. E’ un design del ricordo, un frammento d’amore.
Ho voluto rendere omaggio all’artigianato e alla mia terra, ed in memoria di questa affascinante storia d’amore e di follia, questi vasi parlano di un passato che può ancora esserci molto vicino, un passato carico di valenze uniche, che incontra ora forme contemporanee.
Questa esperienza sicuramente positiva, in particolare modo con il progetto “Cocciu d’amuri”, influisce sicuramente sui lavori futuri ponendosi come parte di una ricerca ben più ampia, che ha come obiettivo l’incontro tra oggetto e forme a valenza scenica.
Il tema di quest’anno del Festival è stato “PASTmeetsFUTURE”. “Cocciu d’Amuri” è la rivisitazione di un’icona siciliana, “le teste di Moro”; da dove nasce l’idea di utilizzare questo simbolo così radicato nella tradizione?
Sono partito da una riflessione. La mia terra ha una forte eredità culturale. L’arte decorativa è un elemento centrale dei nostri luoghi.
Ho voluto così, concentrarmi su un oggetto simbolico, carico di valore estetico, che mi permettesse di ripensare la tradizione, in maniera radicale e minimal.
Al Festival hai presentato anche un altro progetto, “Le Giare”, qual è, invece, l’idea che sta dietro questo lavoro?
Anche “Le Giare”, risponde al tema precedente.
Un progetto rivolto al food design, una linea di tazzine, ispirate alla bellezza delle antiche giare in terracotta, un tempo utilizzate come grandi recipienti, adesso rivisitate in chiave contemporanea, immaginandone un uso differente.
La mission del festival è quella di creare prodotti che pongano le loro radici nella tradizione, ma ripensati verso il futuro. Quanto c’è del tuo essere siciliano negli altri tuoi lavori?
Del mio essere siciliano, c’è sicuramente qualcosa.
Vivo in una terra da sempre punto di incontro di culture diverse; qui risiede la classicità, il barocco, tutti elementi che inevitabilmente mi tengo dentro e che cerco di far incontrare.
Da designer, quello che mi circonda ha da sempre influito ed influisce tuttora su ciò che progetto.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro e, su cosa stai lavorando, o ti piacerebbe lavorare?
Sto attualmente lavorando a progetti di furniture e interior design e la Milano Design Week, potrebbe essere una delle prossime tappe.
Vorrei porre i miei lavori sempre in quella linea di confine che accomuna design, interni e allestimento.