VB94 Vanessa Beecroft a Palazzo Abatellis
Lo scorso dicembre 2022, presso la Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis a Palermo, si è svolta una nuova azione performativa di Vanessa Beecroft intitolata VB94. Abbiamo posto all’artista delle domande che raccontano il suo ritorno nel capoluogo siciliano, dopo 14 anni dall’esperienza allo Spasimo con VB62 .
L’8 dicembre 2022 si è svolta a Palazzo Abatellis, sede della Galleria Regionale della Sicilia, la performance di Vanessa Beecroft, intitolata VB94. La sigla si riferisce alle iniziali dell’artista, seguite dal numero progressivo in ordine temporale dei suoi interventi, coniugando la sua individualità ad un impersonale codice numerico. Opere come questa vengono messe in atto della Beecroft dal 1993 quando l’artista mise in atto la performance VB1 presso la Galleria Milanese di Luciano Inga Ping.
VB94 si presenta come un’ibridazione tra oggetti d’arte ed esseri umani, producendo nel fruitore un effetto spiazzante: questi si ritrova davanti a un tableau vivant composto da una moltitudine di soggetti dallo sguardo distaccato e imperscrutabile che dimorano in un ambiente caratterizzato dalle sculture dell’artista e dalle opere e dagli elementi architettonici già presenti negli spazi museali.
I soggetti parte della perfomance si caratterizzano per il candore uniforme delle vesti, si notano le differenze tra i tipi connotati dall’espressività dei tratti; le figure vengono accentuate da alcuni dettagli accuratamente scelti, quali la foggia dei capelli, il taglio e il colore degli abiti o il tipo di calzatura. Questa tensione uguale/diverso si estende alle teste inanimate, collocate accanto alle performer.
Tale dialettica tra opposti – perfetto/imperfetto, statico/dinamico, classico/contemporaneo – costituisce una possibile chiave di lettura di VB94.
Le pose statiche delle modelle sono un rimando a quelle tipiche della scuola del nudo; in VB94 però la demarcazione degli spazi è diversa: il pubblico è invitato a fruire la composizione frontalmente, come a teatro, senza poter varcare il confine fra la scena e la platea. Non è possibile infatti avvicinarsi, i particolari possono essere colti solo a partire dalla percezione dell’insieme, rimanendo nel proprio spazio in posizione altrettanto statica. Il lavoro di Vanessa Beecroft evidenzia un approccio concettuale agli spazi volta per volta scelti; nel caso di VB94 le sale del piano inferiore della Galleria Regionale. Il palazzo che la ospita è divenuto sede museale nel 1954 ma si tratta di una struttura architettonica di età tardo quattrocentesca.
L’edificio fu edificato su progetto di Matteo Carnilivari per il conte Francesco Abatellis, maestro portolano di Palermo, che dedicò la dimora alla moglie, la dama barcellonese Eleonora Soler. Questo ramo del casato Abatellis si estinse senza eredi e l’edificio accolse per quattro secoli, fino ai bombardamenti del 1943, la comunità monastica femminile delle Domenicane della Pietà, assumendo la denominazione di “Monastero del Portulano”.
Nelle visite ricorrenti, avvenute nei due anni precedenti, Vanessa Beecroft ha avvertito in questi luoghi la forte presenza di una storia al femminile ed ha scelto di rievocarla mediante il suo modo di fare arte; l’operazione infatti, si connota come una forma di dialogo con gli spazi museali. Si rileva la dialettica tra uguaglianza e diversità anche nella scelta di inserirsi fluidamente nella disposizione delle opere e degli arredi della Galleria, creando possibilità di lettura inedite che aprono al contemporaneo e che si basano su precisi focus tematici.
Un esempio della rilettura degli elementi che connotano il museo si riscontra nella scelta dei materiali adottati per i supporti delle opere, in particolare nell’impiego del legno: un rimando chiaro alle soluzioni innovative adottate da Carlo Scarpa all’epoca dell’allestimento avvenuto negli anni cinquanta del novecento.
L’architetto veneto trasformò, su incarico della Soprintendenza, le sale del palazzo in ambienti museali, realizzando quello che venne definito da Walter Gropius “un capolavoro museologico”. Scarpa utilizzò con innovazione materiali di varia natura, talvolta anche di reimpiego e “impropri”: dal calcestruzzo a vista, al ferro grezzo, dai conci lapidei da costruzione ai laterizi, fino a legname dalle essenze variegate e superfici stuccate e dipinte. I supporti costituiscono un tutt’uno con le opere della collezione. Sono anch’essi realizzazioni uniche del proprio tempo, ideate da Carlo Scarpa e prodotte da artigiani esperti nella lavorazione di ciascuno dei materiali.
Ispirandosi alle soluzioni adottate da Scarpa, Vanessa Beecroft poggia alcune delle sue sculture su supporti lignei, costruiti utilizzando legno di riuso inviati, insieme alla opere, dal suo atelier di Los Angeles.
In essi il modulo verticale quadrangolare sottolinea un diretto rimando al fusto che sostiene e pone ad altezza d’uomo il busto quattrocentesco di Eleonora d’Aragona, opera di Francesco Laurana, cui a sua volta rinviano nella loro fissità espressiva le grandi teste che costituiscono il fulcro dell’installazione. Esse creano un effetto di sospensione spazio-temporale che trova un’ulteriore eco negli atteggiamenti delle performer, come risulta evidente dalle indicazioni date loro dall’artista. Curando la loro preparazione, Vanessa Beecroft le ha esortate a mantenere un atteggiamento costante, rivolgendosi a loro in questi termini:
Non parlate, non interagite con gli altri, non bisbigliate, non ridete, non muovetevi teatralmente, non muovetevi troppo velocemente, non muovetevi troppo lentamente, siate semplici, siate naturali, siate distaccate, siate classiche, siate inapprocciabili, siate alte, siate forti, non siate sexy, non siate rigide, non siate casual, assumete lo stato d’animo che preferite (calmo, forte, neutro, indifferente, fiero, gentile, altero), comportatevi come se foste vestite, comportatevi come se nessuno fosse nella stanza, siate come un’immagine, non stabilite contatti con l’esterno, mantenete la vostra posizione più che potete, ricordatevi la posizione che vi è stata assegnata, non sedetevi tutte allo stesso momento, non fate gli stessi movimenti allo stesso momento, alternate una posizione di riposo a una posizione di attenti, se siete stanche sedetevi, se dovete andarvene fatelo in silenzio, resistete fino alla fine della performance, interpretate le regole naturalmente, non rompete le regole, siete l’elemento essenziale della composizione, le vostre azioni si riflettono sul gruppo, verso la fine vi potete sdraiare, prima della fine alzatevi in piedi diritte.
Il progetto dalla Beecroft è stato potenziato dalla scelta di disporre la scena mantenendo l’illuminazione consueta della sede della performance. La collocazione delle 21 modelle ha prodotto un effetto di cono visivo delimitato, nella parte rivolta al pubblico, dalle pseudo colonne dai fusti metallici che sostengono i capitelli. Infine la prospettiva trovava il suo fuoco nella scala progettata da Carlo Scarpa e realizzata in pietra intagliata di Carini mediante una successione di gradini liberi, monolitici, esagonali.
Nel vano ai piedi della scala è stata collocata la postazione del musicista franco-svedese Gustave Rudman che ha eseguito dei brani da lui composti che hanno dato vita ad una trama sonora capace di connettersi alle pose scultoree e ai micro movimenti delle modelle e producendo un effetto d’insieme grazie al gioco di rimandi cui erano sollecitati gli spettatori.
Il ritmo cromatico ed i contrasti tra la trasparenza e la compattezza nelle stoffe degli abiti realizzati da Mattia Piazza di CASA PRETI, hanno conferito dinamismo alla rappresentazione, sfumandone la staticità. Il rischio di una saturazione percettiva è inoltre stato scongiurato grazie ad alcune “rotture”, ovvero dei sottili accorgimenti: l’assenza e la presenza di determinati dettagli negli oggetti e nei corpi delle performer, le imperfezioni sottilmente evidenziate o le screpolature delle superfici.
Rientra in questa soluzione espressiva anche l’inserimento, fra le sculture, della riproduzione “imperfetta” della Testa di Giovinetto, opera di Antonello Gagini, collocata su di un supporto e in un contesto espositivo che ricorda il busto di Eleonora. Essa sollecitava a sua volta un rimando alla statua rinascimentale, assunta ad icona del museo, come se ne rappresentasse un presagio.
L’artista ha inoltre collocato fuori dall’installazione una grande testa in terracotta dipinta di nero e priva di supporto, quasi nascosta fra le opere delle collezioni medioevali di cultura islamica. La sua posizione appartata non ne ha pregiudicato la visibilità da parte dei visitatori, disposti in una fila ordinata che, muovendo dalla Chiesa di Santa Maria della Pietà, si snodava nel cortile del palazzo, senza interruzioni di continuità.
Le musiche di Gustave Rudman hanno accompagnato passo, passo lo sviluppo dell’allestimento e la prova generale della performance, entrando in sintonia col progressivo comporsi dell’insieme. La “colonna sonora” ha così concorso a sottolinearne la dimensione assorta e riflessiva, introspettiva e spirituale.
L’intervista a Vanessa Beecroft
B.Q: L’arte è ovunque e inoltre la Sua formazione artistica è ampia e profonda in senso storico e visivo. Cosa la porta a Palermo come luogo per la Sua arte?
V.B: Palermo è sempre stata per me una meta ideale. Forse perché vi sono stata da giovane quando stavo per affrontare studi artistici e dunque la fascinazione per la bellezza artistica e l’amore dominavano qualsiasi altro aspetto. In seguito, visitandola approfonditamente, ne ho scoperto le affinità con la mia estetica. Nel 1987 ero rimasta colpita dalla Sicilia barocca, dalla Tomba di Federico II e da Palazzo Abatellis, specialmente l’Annunciata di Antonello da Messina. Nel 2007, grazie alle visite accompagnata da Bernardo Tortorici sono stata colpita da Giacomo Serpotta al quale mi sono ispirata per la mia performance alla Chiesa di Santa Maria dello Spasimo. Nel 2020, tornando a Palazzo Abatellis mi ha colpita il fatto che durante l’assenza da Palermo non avevo fatto altro che sublimarla, per esempio nella memoria di Eleonora d’Aragona, nelle mie sculture, realizzate nello studio di Los Angeles, così lontano da quelle presenze. Il rapporto con Palermo per me è in continuo divenire. Quando scopro parti per me nuove della città o tesori che non conoscevo, il rapporto si riattiva in modo creativo, cosa che a Los Angeles, per esempio, non avviene.
B.Q: Laurana, Caravaggio, Serpotta, cosa la pone in contatto diretto con l’opera di ciascuno di loro, così diversi e distanti?
V.B: Di Francesco Laurana osservo la perfetta stilizzazione della bellezza, geometrica ed ascetica, ma allo stesso tempo umana. L’opera è moderna, eterna sotto questo aspetto. Atemporale.
Di Serpotta osservo la superficie liscia e nobile, resa da semplice stucco o composto, l’eleganza ottenuta con mezzi poveri; i temi complessi e sociali, la presenza dei putti che pongono il dubbio nelle scene più auliche. Tutto questo me lo ha raccontato Bernardo Tortorici. La sensualità, l’estasi che accomuna la vita spirituale con quella mondana.
Accomuna Caravaggio e Serpotta il tema dei putti, dei ragazzi poveri, che portano la coscienza sociale, umana, del dubbio.
Di Laurana e Serpotta amo il colore bianco che li accomuna, il chiaroscuro che ne deriva, la pittoricità e il colore che emana comunque anche da un’opera bianca e scultorea.
La performance trova il suo prosieguo a Palazzo Abatellis nelle seguenti iniziative:
Talks/Performances nei giorni: 8/02, 8/03, ore 18.00
Visite speciali nei giorni: 10/02, 8/03, a partire dalle ore 10.00
In copertina: Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo © Vanessa Beecroft, 2022