Marco Pace realizza una mostra senza titolo/senza luogo
Abbiamo incontrato l’artista Marco Pace durante una chiamata Skype per il progetto estivo che ha sviluppato a Pescara, in una località vicino al mare, infatti lui era ancora in riviera mentre rispondeva alle nostre domande.
Reduce dalle esperienze con i colleghi Luigi Presicce e Francesco Lauretta di mostre non convenzionali e progetti fuori dall’ordinario (si veda Scuola di Santa Rosa a Firenze) Marco sperimenta un modo nuovo di proporre – e soprattutto comunicare – l’apertura di una mostra.
una mostra incustodita, se riuscite a trovarla potrete vederla, solo io so dov’è…
è in un luogo perso, mangiato dalla natura, abitato da serpenti, topi e lucertole.
Non si sa con quale travestimento si aggirasse per i prefabbricati abbandonati messi a disposizione dal comune per chi ne volesse fare qualunque cosa, a noi ha ricordato lo street artist che si incappuccia, lascia il proprio segno e la scoperta è nelle mani dei passanti. Lui, invece, ci precisa che è sempre stato abituato a spazi ed allestimenti puliti, perciò si è auto-imposto un esercizio, o meglio un adattarsi all’immondizia visiva. Con questo termine non siamo pienamente certi si riferisse allo stato incustodito del prefabbricato o all’overdose visiva a cui siamo quotidianamente sottoposti, soprattutto in ambito artistico.
Il risultato non cambia, Marco ha così reagito a una dinamica forse troppo convenzionale e noiosa di fare mostre e ha preferito non celare il suo nome bensì il luogo in cui ha esposto i suoi lavori. Questi, a loro volta, si sono dovuti adattare allo spazio e non viceversa come era solito fare. I suoi dipinti sono studi di lavori che ha realizzato successivamente o ancora in cantiere che entrano dunque a far parte dell’organismo-ambiente del prefabbricato. Se da un lato infatti lo studio è un’opera nel suo stato embrionale, qui il dipinto è lasciato deperire assieme all’ambiente in cui è immerso o – in una delle ipotesi – è lasciato anche alla possibilità di furto, se si può definire tale.
L’intento principale di Marco infatti è stato quello di costruire una mostra nel suo grado zero, accessibile a tutti, di non appropriarsi dello spazio ma di lasciare a tutti la possibilità di scoperta e di legittimazione. “Mi sarebbe tanto piaciuto se un senzatetto avesse avuto il desiderio di prendere un mio quadro e portarlo con sé” ci dice, facendoci capire che per lui si è trattato di un esercizio personale sul suo rapporto con lo spazio, sfuggendo alle regole commerciali e dedicandosi al margine: un pubblico marginale – fatto anche di gente di strada – e un’arte pubblica, a cui partecipa anche l’accezione più estrema di spazio pubblico, la natura e i suoi complessi meccanismi.
si legge nel suo comunicato: “…la natura si scatena , s’impone in uno scintillio opaco e in una tale indifferenza alla propria bellezza da provocare in lui una sorta di sollievo, ma anche un forte sospetto sulla scarsa realtà della propria esistenza.” Da La tentazione, Luc Lang. Una messa alla prova delle proprie competenze e conoscenze che speriamo possa crescere e ripetersi.
ph. Andrea Buccella