Spazienne ospita Il fascino dell’inutile
di Stefano Caimi
Al Megazzino di Spazienne, il 24 e 25 settembre 2021, è stato inaugurato il progetto espositivo di Stefano Caimi “Il Fascino dell’Inutile”, visitabile fino al 13 novembre 2021.
Si raggiunge la sala in cui è installata la mostra attraversando lo spazio e percorrendo diverse zone di lavoro dove gli artisti, Stefano Comensoli e Nicolò Colgiaco, Federica Clerici, Alberto Bettinetti e Giulia Fumagalli, lavorano e “accolgono”. Stefano Caimi ha partecipato attivamente a questa “accoglienza”, portando la sua ricerca legata alla natura e i suoi processi e alla tecnologia (audio-visiva). L’inaugurazione è stata concepita in due momenti; uno di questi è stato la performance “Roots”, un lavoro di costruzione, in sintesi, di suoni. Stefano Caimi compone digitalmente il suono utilizzando forme d’onda base, per poi scomporlo nuovamente attraverso delle funzioni che permettono di rimodularlo e ottenere così determinati effetti. Il mondo sonoro dell’artista è fatto di ritmi ricorrenti che mirano a porre l’accento sugli elementi che compongono il paesaggio sonoro, generando e donando così una componente meditativa (ripetitiva) stimolata non solo dall’ascolto, ma anche dalla visione di questi suoni, palesandone la forma in un battere di luci che stimolano e conducono verso interrogativi naturali. In gioco c’è la percezione nella sua primordiale definizione, libera e impregnata di sensazioni.
La performance è stata realizzata nella sala del Cineteatro San Luigi di Garbagnate Milanese, uno spazio aperto alla programmazione di qualità che diventa luogo di accoglienza e stimolazione.
Con la sua produzione di suoni e immagini, Stefano Caimi ha pensato di riproporre i temi della sua mostra; interamente legata alla natura, al sottobosco, a quella parte cupa e così invisibile da risultare inutile, gli restituisce fascino e bellezza. Ci spiega come proprio quella parte, all’apparenza insignificante, sia proprio la più bisognosa di attenzione; e la richiede non per essere accudita ma per dichiarare la sua forza, la sua capacità di protezione, il suo totale legame al concetto di vita, di cui è generatrice.
Percorrendo il progetto espositivo di Stefano Caimi si assiste a una stimolante visione dei sistemi di comunicazione che il mondo vivente vegetale attua e che l’artista palesa, facendo convivere piante e cortecce insieme con oggetti tecnologici e luci, e stabilendo tra loro momenti di comunicazione naturale e non; sfrutta le texture naturali, i colori (enfatizzandoli o rigenerandoli, a volte) e le forme, che sono carichi di un racconto paesaggistico e di ciclo vitale unici. Attraverso un proiettore per diapositive, hakerato ad hoc, assistiamo a una richiesta d’aiuto luminosa e in alfabeto morse; il proiettore la manda alla pianta. Un altro focus interessante è l’analisi della relazione intima e profonda di un fungo con il suo arbusto; comunica con esso permettendogli di essere in contatto con tutte le piante che lo circondano in un vero e proprio atto d’amore che lo fa diventare quasi un gioiello prezioso, donatore di vita e protettore del sottosuolo, e di tutto ciò che vi è ancorato.
Il fulcro centrale del progetto espositivo è un grande tronco che è stato modificato, sulla sua superficie, dall’azione di un coleottero; azione che è stata evidenziata con un passaggio di grafite che, nella visione di Stefano Caimi, lo fissa come comunicatore totale e duraturo. Il tronco diventa matrice imprimendo l’azione della vita.
Ospitare Stefano Caimi presso il Megazzino è, per Spazienne, una ferma e chiara intenzione di creare rete, di mettere insieme peculiarità, conoscenza e cultura da sintetizzare in una unione/collaborazione che mira a diventare nutrimento, e per chi ne fa parte, e per chi assiste e ne fruisce. Stima e ricerca, scambio e riflessione, azione e collaborazione sono gli elementi di quella che sembra essere un’idea orientata a rendere le personalità artistica una vera e propria fonte aperta e costantemente alimentata; a favore di una crescita, di una volontà comune di partecipazione, di generazione di un linguaggio che facilmente apre la comunicazione e la chiarisce, rendendola parte integrante di un processo culturale lontano dall’arte “modaiola”.