Art

Silvia Camporesi │ Atlas Italiae

Il racconto lirico di un’Italia in decadenza

 

Per me la fotografia è un modo di rendere evidente quello che vorrei vedere nella realtà,

è una risposta ad una ricerca: un sogno o un desiderio.

Silvia Camporesi

Atlas Italiae è la personale della fotografa forlivese Silvia Camporesi, inaugurata il 14 dicembre alla galleria Plenum Fotografia Contemporanea di Catania e visitabile fino al 9 febbraio. Giorno 15 l’artista ha poi presentato il suo libro dall’omonimo titolo in un talk con l’artista mediato dal curatore Massimo Siragusa.

Un racconto onirico per immagini può essere definita la mostra di Silvia Camporesi, che dopo una formazione in filosofia all’università, fa della fotografia il mezzo attraverso cui proiettare una dimensione alternativa del Bel Paese in una serie di scatti ritraenti un’Italia in decadenza.

Dopo essersi dedicata a lavori sperimentali in cui mito e letteratura si intrecciano ai ricordi, come Dance Dance Dance e Souvenir inverso, si fa sempre più vivo nella Camporesi l’interesse per quei luoghi del nostro paese lasciati in stato di abbandono, corrosi dalle intemperie e dal trascorrere incessante del tempo. Un tempo sospeso che viene catturato dalla fotografia in un atto di riappropriazione di un’identità perduta.

L’idea di ritrarre borghi e posti dimenticati, come racconta l’artista, nasce da una rubrica della rivista “La settimana enigmistica” dal titolo Strano, ma vero, che riporta notizie insolite e stravaganti. In una delle foto che accompagnava il testo figurava il paese sommerso di Vagli, in provincia di Lucca, divenuto bacino idroelettrico. Dal 2008 l’artista porta avanti la ricerca sui luoghi abbandonati, fin quando nel 2013 viene sostenuto il progetto della mostra attraverso un crowdfunding di 15 collezionisti che, in cambio dell’acquisto di un’opera, hanno finanziato il viaggio dell’artista attraverso le regioni italiane compiuto nell’arco di due anni.

Atlas Italiae è un’immersione di una realtà evanescente in continuo disfacimento, i cui tratti si condensano in un’atmosfera dai confini precari. Un atlante di memorie ritrovate, riguardate, rivissute attraverso l’obiettivo incantato e sognante dell’artista. Congelate in un istante ormai sfumato, emergono le vecchie carte consunte dell’archivio del carcere dell’isola di Pianosa. Vecchi registri di conti, ricette, nullaosta raccontano la storia di chi ha vissuto tra quelle mura. Il loro passaggio sembra essersi consumato da poco, come si osserva dalle pentole usate per il lavaggio dei panni o dalla brandina di un letto su cui è appeso un pigiama. Ma sono soprattutto le architetture e gli edifici immersi in una vegetazione crescente che catturano lo sguardo dell’osservatore, avvolti dall’oblio, ma vivificati dall’azione artistica. Il campanile medievale sommerso tra le acque ghiacciate del Lago di Resi è il simbolo della realtà sepolta del paese antico di Curon. Un senso di stasi immobile avvolge il porticciolo dell’isola di Pianosa che accoglie le mura sgretolate del carcere.

La fotografia raggiunge, poi, il suo maggiore lirismo nella serie di immagini in formato 50×70. Lo scatto digitale viene rimodulato tramite un espediente manuale che riporta alla dimensione lenta della fotografia e risponde ad un richiamo stilistico della fotografa nell’uniformare e recuperare quella luce auspicata, persa a causa delle condizioni atmosferiche non ottimali. Le foto vengono scattate prima a colori, stampate in bianco e nero e ricolorate in un secondo momento, così da restituire non solo un colore morbido, ma anche una nuova anima che conferisce una contemporanea autenticità. Una pittoricità svelata e rivelata dalla post produzione giunge persino a mimare le nature morte: una fila di bottiglie sembra ricordare i dipinti di Giorgio Morandi.

L’artista fa anche un omaggio alla Sicilia con uno scatto inedito del paese fantasma di Borgo Baccarato. La natura prende il sopravvento e cattura entro di sè una chiesa in rovina.

L’atlante di Silvia Camporesi coglie l’essenza di un’Italia nascosta, lasciata sospesa nel fascino di un patrimonio materiale celato ma perdurante.

 

In copertina: SILVIA CAMPORESI_ Curon Venosta 2014, inkjet print cm 100×150