Premio Artivisive San Fedele 2019/2021
Tra umano e divino – L’avventura della libertà
Abitare le soglie come esercizio di libertà
Tra umano e divino – L’avventura della libertà, questo il titolo dell’ultima edizione del Premio Artivisive San Fedele. Lɜ tredici artistɜ affrontano il tema della libertà e del rapporto tra umano e divino, da punti di vista differenti ma ognuna opera sembra voler dare spazio e tempo all’Altro, interrogando concetti come lo sguardo, la cura, la ripetizione, il rito.
L’opera vincitrice, Il tuo sguardo mi scioglie di Alessio Barchitta interroga esplicitamente lo sguardo individuale. Chi osserva è chiamatə all’azione, infatti per accedere alla visione dell’oggetto quest’utlimə deve accendere la luce, che però scioglierà l’oggetto, un agnello in cera. L’utente può scegliere se guardare l’oggetto del desiderio, e dunque sacrificarlo al fine di raggiungere una soddisfazione personale, oppure preservarlo rinunciando al lato violento dello sguardo individuale in un atto di cura e ascolto dell’Altro. La teca sembra essere sia un rifugio per l’agnello, il suo spazio-tempo in cui esiste a prescindere dallə fruitorə, sia la messa in discussione dello sguardo contemporaneo che sacrifica un rapporto dialettico con l’Altro preferendo consumarlo.
Fabio Ranzolin, con l’opera In Fede, sebbene attraverso un processo nato da altri presupposti, affronta l’idea di incontro-ascolto dell’altro e di luogo protetto. L’artista durante i mesi di isolamento forzato imposto dall’emergenza sanitaria si scambia mail e lettere con una suora di clausura, che per scelta vive in una condizione di confino. È interessante come l’artista sottolinei le criticità del concetto di libertà nel mondo dell’ipercomunicazione dove tutto viene esternalizzato, suggerendo che luoghi come la cella di un monastero o uno studio d’artista possano essere spazi per una libertà in-esperibile al di fuori.
Miriam Montani con l’opera Habitat, dentro come fuori #1, seconda classificata, supera la distinzione tra esterno ed interno, costrizione e libertà, facendo dell’imprevedibile dello scarto e del non quantificabile la sua casa (Serena Filippini). Miriam Montani riproduce le pareti del suo appartamento a Milano, luogo in sui spende il lockdown, utilizzando le polveri sottili della città stessa, che raccoglie e setaccia. Con questa operazione l’artista amplia l’idea di habitat ed insiste sul rapporto di scambio reciproco tra mondo e corpo. L’opera di Montani pone al centro la materia, restituendole lo spazio e il peso che in un tempo sempre più digitalizzato le viene tolto.
La dimensione ritualistica che si coglie nell’opera Habitat, dentro come fuori, si rivede anche in altre opere esposte nella Galleria San Fedele. La più esplicita in questo senso è forse l’opera di Andrea Santese, Queima. Qui l’artista fa riferimento al fatto di cronaca che rende tristemente noto Larry Nassar[1]. L’artista rovescia la comune prospettiva sul dolore appellandosi alle pratiche di cura sciamaniche, bruciando 70 foto del volto di Nassar su di una lastra che diventa il settantunesimo volto. Nella tradizione esoterica il numero settantuno rappresenta l’araba fenice, che appunto rinasce dalle ceneri. L’artista con questa azione ripetitiva intende liberare dal dolore le vittime deformando la fisionomia del carnefice che diventa solo simbolo di ciò che è stato il suo agire.
Questa forza rigeneratrice del fuoco è costitutiva dell’opera Ri-Generazione di Gaia Lionello. Per l’artista il fuoco assume significati simbolici, infatti al legno della culla esposta viene data una seconda vita attraverso la carbonizzazione. La luce potenzialmente accecante che fuoriesce da una crepa del legno, sembra rendere visibile il processo di rigenerazione iniziato dal fuoco attraverso cui l’uomo può recuperare il rapporto con il mondo naturale.
La relazione tra opera e mondo naturale viene acutizzata nel dittico di Giovanni Pasini composto da Shadow on the Sundial e Rain Cuts, terzo classificato al Premio Artivisive San Fedele e vincitore del Premio Paolo Rigamonti. L’opera viene concepita come un microcosmo indipendente, che come un elemento naturale è, citando Rilke, impartecipe. La spaesatezza che lə osservatorə prova davanti a quest’opera silenziosa è preziosa. Chi guarda è invitatə in un certo senso a svuotarsi, ascoltare e diventare cassa di risonanza dell’Altro.
Maurizio Pometti, con What else is there?, inserisce lə fruitorə in una dimensione poetica, questo perché come disse Celan è insita nella poesia una forte tensione ad ammutolire. Chi guarda è spinto a cercare, intuire e lasciare spazio a una riflessione intima e silenziosa.
La scelta poetica come unica scelta possibile è il suggerimento che avanza l’opera Naufragar m’è dolce di Ilaria Gasparroni. All’interno dell’opera si distinguono tre tempi, il passato remoto che è il tempo della scultura in marmo, l’imperfetto che è il “come eravamo” delle valigie, e il presente che è il tempo in cui esiste l’opera. L’impossibilità di unire i tre tempi fa apparire l’opera come irrisolta e rende la rappresentazione poetica l’unica possibilità di fuga dal tempo contemporaneo del non-incontro.
Immersa nel tempo della memoria troviamo invece Her color comforted me, opera di Stefano Conti. Il punto di partenza della sua ricerca è l’estrema privazione di libertà durante la Seconda guerra mondiale e l’Olocausto, da qui l’artista riflette attorno all’idea di testimonianza, memoria e pericolo dell’oblio. Conti fotografa i pannelli nel cortile del Museo dell’Olocausto di Riga, i quali mostrano le case del ghetto della città tra il 1941 e 1943. Le immagini, stampate dall’artista su un tessuto leggero, fanno pensare allo scorrere del tempo e al deterioramento tanto delle immagini stesse che della memoria.
Jaspal Birdi con l’opera 11H02M, vincitrice del Martini International Award, utilizza una coperta termica come supporto pittorico. L’artista fa riferimento alla vita precedente della coperta, immagina quindi tutti i cieli che si sono riflessi in essa mentre svolgeva la sua funzione originaria di protezione. Utilizza la tecnica del transfer fotografico per coerenza concettuale ed immaginativa, infatti Birdi pensa alla coperta come capace di catturare il cielo e trasformarlo in un’icona perenne (Kevin McManus). L’immagine finale è un cielo fratturato che richiede costanza e cura.
Lorenzo Brivio presenta l’opera Nella misura del cielo-n°3. Attraverso l’uso della cianotipia l’artista imprime i resti e la memoria di un momento conviviale, un pranzo con amici e parenti, sulla tela-tovaglia. La libertà viene qui affrontata in negativo, ovvero Brivio sottolinea l’impossibilità di una libertà assoluta in quanto non slegabile dalle convenzioni sociali.
Nell’opera Non è luce, è vuoto realizzata da Shiva Jabarikhatab, nasce una riflessione attorno all’idea di matrice pensata come intorno, madre di tutti i principi, il divino. L’artista prende ispirazione dal muro che ogni giorno vede davanti a sé al lavoro, il quale presenta una texture con delle sfere. Jabarikhatab, attraverso la tecnica della gum print, riproduce questo pattern. Ogni sfera diventa qui uno, persona, modulo di tutto (Ilaria Mannoni). L’artista si interroga sulla libertà decisionale dell’individuo, chiedendosi quale sia il limite prima che questa diventi prevaricazione dell’Altro e allontanamento dalla matrice.
Infine, è Giacomo Modolo con l’opera Control_to exist, che mostra il lato violento della libertà umana. Nel dipinto si vede una natura apparentemente incontaminata, che però risulta frammentata. La frammentazione si oppone alla continuità tipica del ritmo naturale, che infatti è già stato contaminato dall’uomo che fonda la sua libertà su controllo e misurabilità.
Arrivando alla conclusione del percorso espositivo, si può dire di essersi ritrovatə davanti a molte soglie, intese come spazio privilegiato che ammette un passaggio e una trasformazione. La complessità del concetto di libertà si manifesta nei dubbi sollevati dalle opere, e porta a chiedersi se la libertà non risieda proprio in questo dubbio, nell’ascolto e nell’incontro destabilizzante e vivificante con l’Altro.
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NOTE
[1] Larry Nassar è un criminale statunitense. È stato osteopata della nazionale statunitense di ginnastica fino al 2017 quando viene condannato a 176 anni di reclusione per abusato sessualmente di più di 500 atlete durante le sue sedute.
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In copertina: Il tuo sguardo mi scioglie, Alessio Barchitta, dimensioni ambientali, acciaio zincato, vetro specchiante, cera, resistenze, cavi, adesivo trasferibile, 2021.
Courtesy immagini: Galleria del premio San Fedele