Intervista a Samuel Cimma
Corpus nostrum, sanctificetur nomen tuum
L’intervista a Samuel Cimma offre l’opportunità di accedere al personale immaginario dell’artista. Andiamo all scoperta della sua produzione fotografica, grazie alla quale riflette sulla vulnerabilità della nudità maschile, e di un vasto progetto che intende rileggere l’arte sacra del passato in chiave personale.
Samuel Cimma (Borgosesia, 2001) è un artista visuale che attualmente vive e lavora a Venezia, dove frequenta il corso di Storia dell’Arte dell’Università Ca’ Foscari. Il giovane artista indaga il nudo maschile attraverso il mezzo fotografico focalizzandosi principalmente sul dettaglio, quale espressione massima del singolo momento che gli permette di accarezzare con l’obiettivo la naturalezza dei corpi e la loro verità. Gli studi artistici gli permettono di approfondire l’arte sacra e l’iconografia cristiana che diventeranno tematiche centrali soprattutto nei suoi ultimi progetti artistici. Ad oggi le sue pubblicazioni fotografiche sono: aedificabo (2019); #camboys (2020); ktema es aiei (2020); siamo arrivati? (2021); morte a venezia (2021); le tre grazie (2022); dell’essere uno (2022). I progetti audiovisivi pubblicati: la legenda aurea (Italia, 2021—30 min) e passio sanctae felicitatis, ovvero del valore della libertà (Italia, 2022—8 min).
Samuel, come ti sei avvicinato alla fotografia?
Per puro caso, mi sono avvicinato timidamente durante gli anni del liceo artistico. Per realizzare dei disegni di anatomia abbiamo montato, io e dei miei compagni, un set per fotografare, facendoli risaltare, i gruppi muscolari di un mio compagno di classe, perfetto come modello. Così è nata la collaborazione con Lorenzo, con cui collaboro tutt’ora, e poi con Leonardo, grazie al quale ho iniziato a sperimentare e vivere sempre più intensamente il mio rapporto con la macchina fotografica. Con il proseguire del progetto fotografico ho avuto la possibilità di fotografare sempre nuovi ragazzi e con il tempo si è rivelata una preziosa occasione per tessere nuove amicizie e vivere nuove esperienze.
Perché la maggior parte dei tuoi lavori fotografici sono incentrati sul corpo maschile?
La prima volta che ho fotografato una ragazza ho immediatamente percepito un grande disagio interiore. Questa sensazione mi ha spinto a dedicarmi unicamente sul corpo maschile. Negli ultimi due anni ho sviscerato questa questione e sono arrivato alla conclusione che quell’emozione negativa derivava dall’aver interiorizzato inconsciamente uno sguardo maschilista, il quale finiva per svilire il corpo femminile come fosse un oggetto, svuotandolo di senso. Ho deciso di intraprendere un processo di decostruzione del mio sguardo e ho iniziato a lavorare con grande gioia anche con le donne.
Qual è il processo artistico che si cela dietro lo scatto di un dettaglio?
Il concentrarmi sul singolo dettaglio mi permette di trasmettere la potenza che percepisco davanti alla nudità altrui, nel suo momento di maggiore vulnerabilità. Durante gli shooting mi è capitato che i modelli tendono ad ergere dei muri tra me e loro, oppure, si aprono ad un dialogo sincero e disarmato, dove mi parlano del rapporto con i genitori, del coming out, delle loro incertezze o del rapporto con i propri partner. L’obiettivo della mia fotografia è di entrare in contatto con le persone e creare un collegamento con loro, arricchirmi delle loro storie. La macchina fotografia è un medium che mi permette di avvicinarmi all’altro: gli scatti di uno shooting non sono altro che il residuo di un’esperienza condivisa, sono vere e proprie tracce di un racconto. È quanto ho provato a spiegare nell’incipit di siamo arrivati? in cui ogni scatto è il frutto delle paure e dei desideri dei ragazzi davanti l’obiettivo.
Come mai il tuo progetto fotografico dell’essere uno è il più omoerotico fino ad oggi?
È un progetto che mi è stato commissionato dall’Ufficio Pari Opportunità del Comune di Feltre (BL) per il mese del Pride del 2022 ed essendo un piccolo borgo prossimo all’elezione di una amministrazione comunale di destra, ho deciso di realizzare degli scatti il più omoromantici possibili. Per questa occasione i due modelli che ho scattato, Vittorio Tommasi e Alvise Gioli, erano legati da una lunga relazione e per questo gli sono grato per avermi accolto nel loro di mondo, permettendomi di realizzare questo progetto fotografico, che aspettavo di poter realizzare da tempo. Il mio più grande desiderio era tappezzare Feltre con il bacio di Alvise e Vittorio, una piccola realtà simile a quella in cui io stesso ho vissuto, per offrire una occasione diversa per i ragazzi e le ragazze del luogo.
A Venezia hai realizzato il Polittico del battesimo di Cristo, nella quale riprendi l’arte sacra del passato e la rileggi in chiave personale, quando hai iniziato a interessarti all’arte sacra?
La mia passione per il sacro nasce durante gli anni del liceo e si è strutturato durante il periodo universitario.
Il Polittico del battesimo di Cristo nasce dopo un lungo lavoro di ricerca sia per realizzare una struttura lignea pensata come la giusta somma di più elementi che mi interessano dei polittici quattrocenteschi veneziani e sia per erigere un apparato iconografico che fosse in grado di rappresentarmi fino in fondo.
Ad esempio: nella parte centrale, ho deciso di introdurre San Giovanni Battista perché è un santo che ho ritrovato in più occasioni importanti della mia vita; nella parte superiore; ho scelto San Francesco e Sant’Antonio per essere dei santi di rilievo vissuti nel periodo medievale; San Ludovicoperché fu un giovane vescovo e avevo l’opportunità di fotografare il modello con dei vestiti classici vescovili originali; Santo Stefano per omaggiare un mio caro amico che porta il suo nome; la predella è la parte più autobiografica, nel quale ho deciso di aggiungere dei particolari che rimandano a Davide e Golia, per il forte legame che il racconto ha con il mio paese di nascita e per il fatto che sia stato raccontato dal profeta Samuele, nel quale ho deciso di ritrarmi. Il lavoro dietro il polittico si è concluso con un cortometraggio dal titolo la legenda aurea e con la realizzazione di altre diciotto foto di santi ritratti come icone devozionali.
Ciò che mi colpisce maggiormente delle storie dei santi è il fatto che sono dei grandi esempi di lotta civile contro l’ingiustizia, sono le storie di uomini e donne comuni ingigantite dalla lente cristiana che hanno lottato fino in fondo per un ideale, mettendo in gioco la propria vita, un po’ come ho provato a comunicare anche nel titolo del mio lavoro passio sanctae felicitatis, ovvero del valore della libertà.
I tuoi progetti futuri?
Prima di tutto penso a laurearmi e a portare avanti i progetti sul sacro che mi sono stati commissionati. Successivamente, spero di poter pubblicare un altro libro incentrato sul dettaglio e di concludere un cortometraggio sull’esodo del popolo ebraico che richiamano ai capolavori pittorici del Tintoretto custoditi nella Grande Scuola di San Rocco (VE).