ArtReviews

Respiri di Francesco Pennisi

 

Lo scorso 25 marzo è stata inaugurata la mostra Respiro, personale di Francesco Pennisi nelle sale di Palazzo Scammacca a Catania, a cura di Carmelo Stompo per 2LAB. Il progetto espositivo, fotografico è visitabile fino al 23 aprile 2023.

 

L’idea iniziale era quella di presentare un libro, raccolta degli scatti in bianco e nero del fotografo, ma – come ci spiffera il curatore – non si è potuto fare a meno di accompagnare le fotografie alla pubblicazione. Respiro in origine è il titolo del libro dedicato a Pennisi, presentato sabato in occasine dell’inaugurazione, con interventi di Carlos Freire (fotografo) e Pippo Pappalardo (critico e storico della fotografia).

Per mantenere l’attenzione sulla raccolta di fotografie, nella prima sala il libro deflagra in un doppio schermo, uno digitale e una cascata di pagine con estratti di testo. Pensieri vicini allo stile del cartiglio, frettolosi seppur efficaci. Se le fotografie sono state scattate in larga parte durante le restrizioni di pandemia quei pensieri ci ricordano il tentativo di mettere ordine nella nostra mente, di dare respiro appunto al paradosso in atto, quiete e tempesta allo stesso tempo.

 

 

Il respiro è il momento di inizio delle meditazioni profonde, è anticipazione dello sforzo, è chiamata a raccolta delle idee e liberazione prima della manifestazione di qualcosa, la nostra voce, un movimento. Così le fotografie di Pennisi sembrano immobili, bidimensionali per l’assenza di colore, tuttavia in una delle citazioni più celebri della storia della fotografia, essa “non esiste che per me. Per voi, non sarebbe altro che una foto indifferente, una delle mille manifestazioni del qualunque”. Parafrasando e traslando Barthes nelle fotografie di Francesco, è inevitabile constatare che esse ci impongano il limite della realtà del fotografo: da un lato il confine geografico, Francesco ha sempre fotografato esclusivamente i suoi boschi etnei; dall’altro quello più personale e introspettivo dell’autore da cui rimaniamo esuli.

Le fotografie in mostra ci conducono verso questa realtà silenziosa, fatta di respiri. Per sua natura la fotografia che è “letteralmente un’emanazione del referente” non è capace di essere astratta sebbene certi lavori sembrino cogliere la parte informale della realtà, dalle venature delle cortecce ai bozzi dei tronchi attraverso l’aiuto del close-up Pennisi mette nero su bianco parti di realtà stranianti. In alcune fotografie l’assenza di riferimenti e dei confini dell’oggetto contribuisce allo smarrimento del reale che diventa informale.

 

Exhibition view, Respiro, Francesco Pennisi. Palazzo Scammacca – Catania.

 

La pubblicazione, probabilmente ispirata a tale sensazione, presenta in copertina un foglio di carta da lucido talmente spesso da rendere illeggibile il titolo “Respiro”, allo stesso modo in cui in gergo fotografico si parlerebbe di fuori fuoco mentre a livello concettuale si tratta di ineffabilità, l’impossibilità di cogliere e afferrare in modo chiaro.

 

La pubblicazione

 

In nessuno scatto è presente la figura umana a eccezione di uno: un ritratto della madre, confiscato a qualche vecchio album di famiglia, appoggiato su un tessuto trovato in casa dal fotografo e probabilmente appartenente alla madre, colto in questa posa dal suo obiettivo. Anche in questo caso è impossibile non pensare ancora a Roland Barthes e la celebre fotografia che gli ricordava tanto la madre: “ Così, per quanto smorta sia, la fotografia del Giardino d’Inverno è per me il tesoro dei raggi che emanavano da mia madre bambina, dai suoi capelli, dalla sua pelle, dal suo vestito, dal suo sguardo, quel giorno”.