Un luogo comune quanto sconosciuto
Il lucido sguardo, nella nebbia mediatica, di Ettore Pinelli
Artista modicano, classe 1984, Ettore Pinelli pone al centro della sua ricerca lo spazio, intendendolo innanzitutto come luogo relazionale. Si evince, senza sapere nulla del suo lavoro, già dal racconto delle differenze tra i due allestimenti della stessa mostra “Un luogo sconosciuto”: ora a Milano presso Circoloquadro, visitabile fino al 31 maggio 2019, e l’anno scorso a Catania, negli spazi di RITMO.
La tipologia dello spazio espositivo è la stessa, ovvero indipendente e contenuto nelle dimensioni, ma il dialogo tra le opere, pur invariate (a parte l’ultima prodotta nel 2019), si è adattato al nuovo ambiente, subendone l’influenza. Il “trittico” delle “Conversations”, in cui i gorilla dialogano ferocemente, è stato disposto ad angolo, anziché al centro della parete, con il risultato di una fruizione più immersiva per lo spettatore.
La riflessione sullo spazio è estremamente contemporanea. Nella storia della Terra lo spazio fisico è divenuto teatro di interazioni tra piante, animali e uomini. Quest’ultimo tipo di spazio, quello relazionale, col tempo e l’avanzamento culturale si è fatto sempre meno fisico, e più virtuale. Oggi la virtualità ha preso il sopravvento; la diretta conseguenza è paradossale: in un mondo in cui non importa l’evidenza sensibile di un’informazione per considerarla valida (es. le fake news), quando la natura fallace di questa viene a galla, ogni sovrastruttura crolla e ci si ritrova al punto di partenza, istintuale e violento, senza alcun filtro razionale. Così, il luogo che conosciamo come capitale culturale e turistica, meta di viaggio e di relax si trasforma, per uno sparo isolato, in un luogo di terrore e capro perfetto nel mirino del terrorismo: il testo del curatore, Gabriele Salvaterra, esemplifica proprio questo glitch percettivo.
Il parallelo tematico è evidentissimo nel raffronto (anche allestitivo) della serie “Conversations” da un lato e della grande carta “About reactions” dall’altra. Due tipi di violenza in egual modo disordinata e confusa, anche se la prima è ambientata in una giungla, mentre il caos cittadino fa da sfondo alla seconda. Entrambe di grande formato, con una definizione dei dettagli estrema così come la padronanza dello sfumato, ci si aspetterebbe che la tecnica sia olio, quando in realtà sono disegni o più precisamente “fusaggine su carta”.
Il “glitch” del medium è una traslazione della confusione generata dai media contemporanei, e tale connessione è resa manifesta dalla genesi stessa delle opere di riferimento. Infatti entrambi i soggetti sono tratti da due video amatoriali trovati sul web: il primo è girato in uno zoo in Nebraska, il secondo durante una guerriglia milanese risalente a un anno fa. I video sono stati montati insieme da Pinelli e proiettati sulla parete, accanto alle opere immote.
L’artista gioca molto sulle potenzialità metaforiche e percettive della tecnica: assegna agli oli un piccolo formato, in cui regna l’informale. I generi si scambiano i soggetti e le tecniche. L’ultimo esperimento è una vetta iperrealista: la tela “About reactions (urban warrior) Ver. 3” sembra una fotografia, ma è realizzata interamente ad olio. La sperimentazione infatti non deve far pensare a un’assenza d’ideologia nella tecnica: l’artista usa un medium alla volta, forte e chiaro. Messo in luce questo punto fermo, forse può risultare ancora più limpido l’intento più profondo dell’artista: grazie alla neutralizzazione del movimento e dei colori, mantenendo però l’impeto delle azioni nei video, Pinelli riesce a fermare su carta la violenza, così da permettervi una riflessione.
Senza intenti politici, l’artista si appella semplicemente alla più umana delle nostre qualità, la ragione, per porre un filtro all’impetuoso torrente massmediatico che, se non arginato dalle coscienze di ognuno, può portarci tutti allo stato pre-storico, pre-culturale e, infine, pre-umano: il caos.
In copertina: Ettore Pinelli, About reactions_P1, 2016, fusaggine su carta, 150×210 cm.