Pillows like pillars
Ad alta intimità
Mirror Project è l’occasione in cui i curatori provenienti da CAMPO, programma della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, possono misurarsi con uno spazio progettuale importante, quello di Associazione Barriera.
Pillows like pillars racconta già dal titolo la sua origine. Il curatore Stefano Volpato ha deciso di accogliere la sfida architettonica dello spazio facendo del suo apparente opposto – l’intimità domestica – il tema del progetto. Questo è il fil rouge che unisce le giovani artiste selezionate, Gianna Rubini, Agnese Spolverini, Maria Chiara Ziosi, differenti per provenienza, percorso formativo e tecnica. L’espediente narrativo iniziale con cui si rompe il blocco da cubo bianco è un verso di una canzone di Morrissey, il cui protagonista decide di non alzarsi dal letto per un giorno intero assistendo di conseguenza alla trasformazione della camera in un oggetto, simbolico quanto concreto: il letto. Così le importanti colonne dell’immenso white cube mutano in cuscini e l’immenso spazio performativo si converte in un ambiente domestico. I lavori rappresentano la conseguenza di questa metamorfosi: sono costituiti da coperte, cuscini, laptop portatili, piante da appartamento, spazzolini… quegli oggetti che quest’anno si sono fatti interlocutori e protesi della nostra persona.
Maria Chiara Ziosi e Agnese Spolverini abitano ciascuna una delle due navate in cui si divide lo spazio espositivo, confrontandosi in modo serrato nei linguaggi ma prima ancora nel clima dei loro lavori: freddo, distaccato, netto quello dell’una quanto caldo, sensuale, erotico quello dell’altra. L’allestimento accoglie questo contrasto e lo evidenzia tramite l’uso delle luci, mentre il fondo dello spazio è stato reinventato da una vera e propria scenografia di Gianna Rubini, che ha ospitato la sua performance: un monologo tratto dalle conversazioni che l’artista ha intrattenuto per anni con l’assistente vocale del proprio telefono, cercando di mettere alla prova l’intelligenza artificiale tramite l’uso di quella emotiva. L’accessibilità alla registrazione del monologo tramite QR code mette inoltre in moto l’immedesimazione dello spettatore nell’approccio dialogico tra sé stesso e il proprio smartphone.
Un altro lavoro che invita il pubblico ad un’interazione è l’installazione site specific di Agnese Spolverini: un faretto illumina un paio di cuffie sospese su un cuscino. Il pubblico può accomodarsi e ascoltare la cover dell’artista della celeberrima canzone dal film Il tempo delle mele, cantata in modo assolutamente domestico, intimo e anche imperfetto, come si fa quando si è soli in casa- diventando una sorta di colonna sonora alternativa dell’intera mostra.
L’11 giugno, in occasione del finissage viene presentato il catalogo della mostra curato da Mattia Pajè, un’espansione autonoma, un risvolto onirico dell’esposizione cui le artiste hanno contribuito fornendo propri appunti progettuali. In programma anche una sessione di ascolto che ha per oggetto una composizione di tracce sonore e di un monologo di Maria Chiara Ziosi. La voce, strumento fluido che attraversa, in modi diversi, i lavori di tutte le artiste in mostra, suggella così la fluidità tra la sfera intima e quella espositiva, caratteristica del progetto e di un intero anno.
In copertina: Catalogo a cura di Mattia Pajè