Pietra Liquida
Conversazione con Angelo Iodice
L’11 Dicembre 2021, in occasione della diciassettesima giornata del contemporaneo, iniziativa promossa da AMACI (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani), è stata inaugurata Pietra Liquida, installazione site-specific del programma triennale LIVEllo2 di Angelo Iodice (Barletta, classe 1980).
La mostra, allestita a Torre del Borgo di Recanati e curata da Nikla Cingolani, si è conclusa lo scorso 20 Febbraio 2022.
Mediante le stratificazioni scientifiche e la consueta ricorrenza alla cultura classico-mitologica, l’artista e chimico concilia dimensioni convenzionalmente ritenute agli antipodi. Con Pietra Liquida, Iodice indaga sulle scansioni temporali, prova a decifrare l’ignoto e crea nuove estensioni: il fruitore si immette in una realtà in cui il trascorso e l’attuale coesistono, razionale e irrazionale convivono e il percorribile si manifesta in immagini dense di tensioni e conflittualità.
Il racconto mitologico di Medusa, la materia, gli elementi simbolici e i richiami scientifici rendono tangibile la ricerca di Angelo Iodice: arte e scienza si integrano in una fluidità temporale e materica che induce i fenomeni a un eterno processo ciclico, fortemente intriso da una connotazione duale o doppia. Le nuove visioni e le ulteriori immagini proposte incantano e riportano al punto di partenza, scuotono gli animi, suscitano dubbi e mettono in discussione le soluzioni di un ambiente ormai alterato.
Una chiave di lettura per l’interpretazione della mostra propone la visione temporale del tuo lavoro, resa esplicita nel bozzetto in cui è riportato il nastro di Möbius. Scegli, quindi, di illustrare un principio che definisce, nella sua complessità, una dimensione spazio-temporale: in che modo è decifrabile il tuo concetto di tempo? Secondo la tua indagine, esso è determinato dalla metamorfosi della materia?
In tutti i miei lavori, considero il bozzetto come un Initium un’origine da cui tutto parte e si districa, creando una vera e propria sublimazione al contrario. Il pensiero e l’idea sono riportati come una traccia colorata, su cartoncino nero, diventando estroflessione di me fatta di forma e colore, di ragionamento e presenza.
Per Pietra liquida, in questa tavolozza di pensieri, è riportato anche il segno di un Nastro di Möbius, ovvero quella superficie caratterizzata, non tradizionalmente, da una sola faccia, in grado di palesare mediante un percorso doppio, una dimensione non lineare e non scorrevole ma comunque raggiungibile soltanto attraverso una scansione ben precisa, quella temporale.
Möbius traccia le traiettorie, quella del presente e quella del vissuto in contrapposizione a quella dell’irreale e del non percorribile, se non solo la doppia percorrenza avviata dall’immaginazione e dall’irrazionalità. E così che traccio il tempo e ne anagrammo le sue coordinate.
Il mio tempo è quello delle rovine dei templi o addirittura quello delle stratificazioni geologiche, quello che Agamben definisce non come un tempo che dista da noi millenni di anni ma come la dimensione originale della presenza. Mi interessa riportare non una storia più antica, ma la storia del punto di insorgenza di ogni fenomeno.
Hanno scritto che nel mio lavoro l’immagine è un punto di svolta perché ti costringe a fare due passi indietro (per vedersi) per poi catapultarti mille anni avanti (per vederci).
Pongo l’attenzione sul titolo della mostra, Pietra Liquida, e spontaneamente non posso che associare tale espressione ossimorica alla ricerca di uno dei più grandi esponenti dell’arte povera: Giuseppe Penone. L’artista italiano indaga sulle forme dell’esistente e sostiene che lo stato finale della materia (pietra inclusa) sia il fluido. Possiamo rinvenire
qualche riferimento a tale poetica?
Ti ringrazio per la domanda.
Credo sia davvero vicina al mio modo di interpretare ed elaborare concetti, una mia poetica personale. Per molteplici motivi, l’arte povera e molti dei suoi esponenti sono a me molto vicini. Mi piace pensare ad una fluidità temporale innestata ad una materica. In questo ci credo fermamente. Credo in una ciclicità degli eventi e nell’instancabile processo delle reazioni alla base dei fenomeni. La testa di Medusa e la sua chioma ofidica recisa da Perseo, cade in acqua e origina rami di corallo. È questa ciclicità che vorrei sottendere in Pietra liquida.
È un perituro processo ciclico, la sua contestualizzazione avviene sia in una dimensione spaziale (il luogo) che temporale (la durata). Mi piace innescare questo meccanismo perché mi aiuta nell’intento e perché di questo ne sono certo, la dimensione temporale acquista una peculiare rilevanza, facendo sì che i lavori non possano mai ritenersi conclusi perché ripartono una volta esauriti.
La fluidità sta nello stato di transizione tra la pietra che lo sguardo meduseo partoriva, al posizionamento del suo derivato, il corallo difronte ad uno specchio al mercurio, e così alla sua immagine riflessa. Una sorta di percorso doppio per tornare al punto di partenza. Un tragitto che avviene in maniera inesauribile.
Il testo critico della personale a Recanati ha ben sotteso il mio intento, “il doppio è il perturbante che impregna la nostra esistenza, la tendenza alla frammentazione che caratterizza ogni essere umano e Medusa diventa metafora di uno sguardo che rimuove la distanza tra ciò che vediamo di noi stessi e quello che non riusciamo a vedere”.
Tra le discipline che immagino vicine alla chimica dei materiali mi incuriosisce lo studio alchemico degli elementi e il suo approccio dualistico dei processi. Nell’alchimia la nozione di doppio, concetto di tuo interesse, sta alla base di un legame stabile tra due elementi che determina la creazione di un terzo elemento prezioso. Nella progettazione e nella realizzazione del tuo site-specific, l’accostamento materico, fisico e semantico di corpi mira alla costruzione di nuove componenti o addirittura di dimensioni/realtà?
Tutto il mio lavoro è un continuo affacciarsi e sbirciare su un mondo che non è reale e umano ma che esiste perché immaginato e bramato dall’uomo stesso. Trovo e ricreo tutti gli strumenti per arrivare in questo “punto di flesso”, mi servo di Ermes e del suo doppio nel lavoro Paraclausithyron, della fisica anche quella quantistica, la stessa usata nei bracci dell’interferometro VIRGO, in Praticare il riverbero, o l’ex nihilo nihilfit lucreziano si innesta diventando un tutt’uno con la Nucleosintesi stellare in Sul braccio delle giganti.
Utilizzo tutti questi simboli perché sono questi che diventano i veri elementi alchemici: catalizzano, trasformano, derivano, sciolgono, colorano le immagini oniriche. Permettono di concretizzare il mio intento.
In Pietra Liquida è forte il richiamo del mito di Medusa e di come nell’antichità l’effigie mostruosa aveva il compito di porsi davanti al mondo della notte e degli spiriti. La visione non era destinata agli umani. Sguardo rivolto verso l’invisibile, perché destinata ai morti.
L’effige mostruosa e inguardabile è accampata alle porte di Ade, è la guardiana posta fra due modi, quello dei vivi e quello dei morti, quello delle cose che si vedono e quello che di ciò che non si vede. La sua potenza risiede nello sguardo assieme alla sua capacità di sondare e accompagnare a quel mondo di intermezzo.
Nella mostra, ma anche in altri lavori, ho constatato la frequente ricorrenza alla cultura classica e mitologica. In che modo riesci ad accostare la tradizione umanistica alla tua formazione scientifica, mondi convenzionalmente ritenuti opposti?
Questa è la domanda che mi crea più grattacapi, perché la risposta è più semplice nel pensarla, ma più articolata nell’esporla.
Sono due mondi assai distanti, lontani ma incredibilmente più pregni e intersecati tra di loro. Nei miei lavori fondo e vedo reagire componenti diametralmente opposti sempre lo stesso risultato. Vedo venir fuori elementi che non si dicotomizzano ma sono prolungamenti uno dell’altro e puntualmente non riesco a trovare delle differenze.
Tutto questo deriva dalla fusione e dall’intreccio del mio vissuto, le mie esperienze miste alle mie curiosità e di come questa sana mistura mi aiuta a rispondere al mio presente e alle mie esigenze. Veicolo questa materia, partendo proprio da pastelli colorati o utilizzando la fotografia o attraverso la formula, la dimostrazione fisica o la reazione chimica e ultimamente anche o fondendo il bronzo.
Dunque, a questa domanda rispondo allo stesso modo ovvero che non possiamo misurare l’infinitamente piccolo perché creeremmo un errore. L’arte con la scienza ci aiuta a colmare questa porzione. Solo con la fusione di arte e scienza, possiamo anagrammare questa porzione così piccola, quella dove si dice, risieda l’ignoto perché non visibile e non dimostrabile.
In questo periodo storico, la scienza per alcuni è certezza e per altri insicurezza: tenendo in considerazione il tuo utilizzo dell’arte, disciplina enigmatica e spesso irrazionale, come strumento di ricerca, come ti poni al riguardo?
Ormai nel mio lavoro c’è una commistione di processi. Non riesco più a dettagliare se è più scientifico e forse ostico e quindi necessario di didascalia e studio o più irrazionale e quindi non irretito, più libero e immediato (credo). È un linguaggio ormai e come tale è il frutto della persona. Sarebbe impossibile trovare il capo del filo perché è un groviglio troppo ingarbugliato e impossibile da districare. Quello che ogni tanto faccio è sedermici di fronte e cercare di capire dove questo groviglio vuole portarmi e portare. La direzione è sempre la stessa: quella della meraviglia e del vedere meravigliarsi.
Stai lavorando a nuovi progetti?
Curiosità e continuo fermento sono gli antidoti a quello che è stato e stiamo vivendo. Quest’anno spero di portare a termine in Sardegna un lavoro avviato nel 2019, patrocinato da “Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena” affiancato da Edoardo Monti e da Palazzo Monti di Brescia. Inoltre, mi piace parlarne in anteprima con voi, mi aspetta un lavoro per e nella meravigliosa città di Catania. Catania e la sua “roccia basaltica” mi hanno indirizzato verso un percorso straordinario insieme ad una Fondazione e in collaborazione con l’Università di Geochimica.
Una pubblicazione importante con testi di grandissimo interesse critico e poi un lavoro a cui tengo tantissimo con il MarTa (Museo Archeologico Nazionale di Taranto) e poi incrociando le dita un lavoro site specific direttamente a Roma per me davvero importante.
Con una premessa per me imprescindibile: non rinunciare mai alla ricerca e alla meraviglia dell’interlocutore.