Paolo Masi: percezione di uno spazio
Dinamiche effrazioni
Tra gli artisti più ferventi del panorama contemporaneo italiano, animatore della scena artistica fiorentina a partire dagli anni Sessanta e Settanta, Paolo Masi (Fi, 1933) è tornato a esporre a Catania con una personale alla Galleria Massimo Ligreggi, curata da Raffaella Perna, docente della cattedra di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università degli Studi di Catania in collaborazione con la rinomata Galleria Frittelli di Firenze.
Il finissage della mostra a cui ha partecipato eccezionalmente l’artista, giunto nella città etnea dopo cinquant’anni dalla partecipazione alla storica rassegna di arte urbana “Intervento sulla città e sul paesaggio” avuta luogo nel 1970 a Zaffarana Etnea, è stato motivo di riflessione e approfondimento della sua ampia e variegata carriera artistica. In occasione della sua breve permanenza catanese, con il patrocinio della Fondazione YMCA Italia e grazie al Commissario Straordinario Giampiero Panvini, il maestro ha poi esposto l’installazione Casualità Controllata all’interno dei luminosi spazi dell’Istituto Ardizzone Gioeni, donando alla città una nuova e inedita reinterpretazione del suo lavoro sugli specchi e sulle superfici riflesse.
L’esposizione, concepita quale antologia del percorso artistico di Masi, ritma le pareti bianche della galleria, sintetizzando i momenti più salienti della carriera del maestro dagli esordi agli inizi degli anni Sessanta fino alle opere più recenti del 2000.
La dilatazione del campo visivo recepita in termini spaziali e coloristici è il fondamento della ricerca dell’artista, che nel corso della sua lunghissima sperimentazione a contatto con grandi esperienze nazionali (Milano, Firenze, Roma) e internazionali (in Europa e negli Stati Uniti) declina un linguaggio essenzialmente pittorico, rimodulato con rigore attraverso l’impiego di molteplici supporti mediali e materiali extra-artistici. L’avvicinamento alla stagione dell’Informale mediato dalla lezione di Wols, così come ci racconta appassionatamente il maestro in un dialogo con la curatrice in presenza di un incuriosito pubblico (in cui ricorda importanti incontri con collezionisti di fama internazionale, Leo Castelli e Ileana Sonnabend, e artisti di rilievo, tra i quali Sandro Chia, Giuseppe Chiari, Sol LeWitt), segna particolarmente la sua iniziale indagine pittorica, caratterizzata da un’estrema libertà gestuale. Il trittico di dipinti a tempera su carta del 1962, definito pop dalla Perna, sembra quasi risentire dell’influenza degli artisti romani e trae ispirazione dal linguaggio della segnaletica stradale, con frecce e numeri: «quel tipo di carta viene chiamato carta burro, un materiale tattilmente molto bello, che ha una trasparenza unica». Ispirandosi successivamente (nel corso degli anni Settanta) alla prima avanguardia, soprattutto al Costruttivismo e al Bauhaus, l’arte di Masi volge verso tendenze di carattere ottico-percettivo di stampo analitico-riduttive, in cui le forme e il colore compongono e scompongono, si protendono sullo spazio divenendo marcatori segnici che determinano una forte dinamicità in relazione con la percezione dell’ambiente e dell’occhio dello spettatore. Fondatore dal 1974 assieme a Nannucci, Parmiggiani e Mariotti dello spazio autogestito Zona, sviluppa un forte interesse per i materiali poveri, si pensa per esempio all’uso in particolar modo dei fili e dei cartoni da imballaggio. «Il cartone è stato importante perché non costava nulla, un prodotto che non è pittura, né scultura, un materiale che non ha valore. Lo raccattavo per strada vicino le vie dei negozi e gli attribuivo un significato altro. Raccogliere qualcosa significava far intervenire la realtà quotidiana e far diventare qualcosa di banale arte. Questi cartoni sono oggi esposti a New York e a Parigi. Il lavoro sul cartone riguarda il passare da una città ad un’altra, da una nazione a un’altra. É un materiale che accoglie qualsiasi gesto ed essendo deteriorabile, ho pensato di racchiuderlo sotto plexiglass, per conservarne il valore intrinseco». Il ritorno alla bidimensionalità viene, inoltre, registrato anche da una serie di scatti fotografici – Rilevamenti esterni, conferme interne – ad elementi urbani, che dichiarano un’attenzione per il dato reale. L’incessante diversificazione della ricerca dell’artista si adempie in un ritorno alla gestualità materica nei lavori degli anni Ottanta e Novanta, tramite la ripartizione della tela di labirinti intrecciati e griglie-impronte, fino a giungere agli anni 2000 con la sperimentazione di superfici plastiche (pittura spray su plexiglass), la cui idea di trasparenza si trasferisce in un «fatto di sensibilità. Non vedi solo la superficie, ma anche quello che c’è dietro. Si raddoppia la possibilità di vedere qualcosa. Come nei cartoni sotto plexiglass in cui la visibilità è centrata, ma anche laterale.»
La possibilità di moltiplicare la visione si ripresenta nella grande installazione di righelli in plexiglass del 2013, progettata per la Galleria Frittelli di Firenze, e riadattata sulla parete della galleria Ligreggi. Ancora una volta è lo spazio che si espande, si estende, viene reso dinamico, si riflette sulla sottile linea specchiante che modifica il modo di vedere dello spettatore. «Si entra in un rapporto in cui non c’è soltanto la visione che da lontano viene verso l’opera, ma c’è l’opera che viene invasa dalle persone che entrano a far parte del lavoro.»
La splendida architettura primonovecentesca progettata dai Fichera dell’Istituto Ardizzone Gioeni diventa, infine, la cornice espositiva della suggestiva installazione Casualità Controllata. L’opera già ospitata in molte città italiane (Bologna, Venezia, Milano), pensata per rompere gli schemi della galleria, invade il loggiato e il cortile del palazzo. La luce abbagliante del sole si riflette sui vividi colori dei dischi specchianti in plexiglass che amplificano i piani della percezione, restituendo nuove prospettive visive con la frantumazione e l’evidenziazione di piccoli particolari. Gli archi neogotici si duplicano e lo sguardo viene capovolto, nella scoperta di punti di vista non distinguibili in un’osservazione frontale. Deambulando dentro, poi, la visibilità muta e tutto intorno prende movimento.
In copertina: Installazione Casualità Controllata di Paolo Masi all’Istituto Ardizzone Gioeni di Catania. Ph. credits: Luca Guarneri