A furia di guardare il cielo spunteranno le ali
In questa nuova mostra fotografica sul tema della libertà, da 2Lab a Catania, Yarin Trotta Del Vecchio racconta con le immagine la vita nel carcere minorile di Napoli sull’isola di Nisida: un luogo cult dove “guardare lontano” è una costante.
Lo scorso dicembre recente ha inaugurato presso la galleria Duelab di Catania, Nisida – L’isola della gioventù perduta, personale del fotografo Yarin Trotta Del Vecchio, seguita da un talk tra l’autore ed Emma Seminara, giudice del Tribunale dei minori di Catania.
In mostra una serie fotografica, documentazione del ‘soggiorno’ del giovane reporter presso l’Istituto Penale per Minori dell’isola napoletana di Nisida. Un luogo che non esitiamo a definire cult per i partenopei, come ci conferma lo stesso Yarin, che vive e lavora a Roma ma è di origini napoletane.
Cult perché – ci spiega – nell’immaginario collettivo del napoletano, Nisida è isolata davvero, irraggiungibile eppure sotto gli occhi di tutti i passanti che si spingono verso le isole Flegree. Cult perché la ritroviamo nei testi di musica neomelodica e pop. Pulp perché le storie che imprigiona sono eccezionalmente popolari.
L’obiettivo della sua campagna è mostrare il regime e la quotidianità all’interno dell’istituto per indagare gli aspetti legati alla questione più ampia delle carceri in Italia come il tasso di recidività, soprattutto tra i più giovani (di cui avevamo iniziato a parlare nell’articolo su Palingen, realtà napoletana anch’essa).
I giovani sotto i 25 anni detenuti nelle carceri italiane sono circa 300 e l’IPM di Nisida è uno dei 17 istituti penitenziari per minori in Italia e il primo per frequenza media giornaliera. All’interno si svolgono attività e laboratori tecnici e didattici che permettono l’attuazione di una politica rieducativa esemplare per il resto della penisola. E si evince bene dalle foto.
Ridurre questo progetto a una concezione squisitamente giornalistica sarebbe limitante. La chiave è nelle cose non dette e in questo la fotografia è mia grande alleata. (Yarin)
I giovani all’apparenza sembrano tutti colti nei momenti ‘liberi’ della giornata, la ricreazione, una giornata al mare come quando si balza scuola. La fotografia da reportage è qui tradita/aiutata dall’assenza di griglia, non parliamo di albertiniana prospettiva rinascimentale, bensì dalla possibilità del fotografo di osservare immerso in quel mondo e non da visitatore.
Tutti momenti ai quali Yarin ha avuto accesso, guadagnando con pazienza e perseveranza la fiducia dei ragazzi sono frutto dell’assoluta assenza di giudizio attraverso lo stesso mezzo fotografico perché “Loro un giudice già ce l’hanno”, come spiega Pina, l’assistente sociale che ha accompagnato il nostro fotografo.
La fotografia, sciolta da qualsiasi canone estetico sta alla narrazione istintuale come i giovani resi vulnerabili perché spogliati dall’ingenua inconsapevolezza tipica di chi si imbatte in uno sconosciuto stanno alle sorprendenti e purissime prese di coscienza esistenziali. Riflessioni queste più intense se si pensa al contesto costretto e alla giovane età.
Nella galleria si alternano immagini di Nisida, del mare, dei gabbiani che volano in circolo attorno all’isola, al bagno estivo dei ragazzi (unico istituto in cui è concesso una volta l’anno), i loro ritratti all’interno delle celle (la griglia – fisica e mentale – continua a non esistere) o durante le attività previste.
Fotografia diventa arte come la denuncia diventa vita in uno scambio tra Yarin e P. in cui insieme hanno cercato di spiegare il problema della recidività e su quale aspetto lavorare per non vivere ‘malamente’, l’istinto:
“È come se a te togliessero la fotografia, ti mettessero in una stanza piena di macchine fotografiche e ti dicessero ‘non fotografare’. Tu che fai? Non la scatti una foto?”
In galleria è possibile acquistare il libro-resoconto del viaggio di Yarin di cui una parte del ricavato verrà utilizzato per sostenere le attività svolte dai ragazzi di Nisida tramite l’acquisto di strumenti e materiali che verranno donati all’istituto Penale Minorile.
Yarin Trotta Del Vecchio (1991) è un fotografo documentarista con sede a Roma. I suoi lavori consistono principalmente in progetti a lungo termine attraverso i quali esplora questioni sociali. Attualmente collabora con l’ONG Medici Senza Frontiere e con riviste nazionali e internazionali.