Art

Lavoro in vetrina,

Hard work di Letizia Calori e Marktstudio

 

Visitare Marktstudio è di per sé un’esperienza straniante: da un lato, per gli addetti ai lavori, sembra il posto più adeguato ad esporre dei lavori, una corniceria ancora attiva commercialmente che ricorda i primi tentativi di esposizione in una Parigi di fine Ottocento, dall’altro gli oggetti d’arte si confondono con il materiale per la vendita. Marktstudio è un progetto nato da un’idea di Giuseppe De Mattia, in collaborazione con Carlo Favero, Federica Fiumelli ed Eleonora Ondolati sotto la direzione artistica di Enrico Camprini. Nell’autunno del 2021 Enrico prosegue il programma con l’aiuto di Chiara Spaggiari, Angelica Bertoli e Alessia Sebastiani. Marktstudio non è pensato come una vera e propria galleria d’arte, per quanto ne rimarchi le origini storiche; Enrico e Chiara, in qualità di direttori artistici, si dilettano, e lo fanno bene, nel mettere insieme dei progetti espositivi e vedere l’effetto che fanno sui fruitori.

Insieme hanno inaugurato la loro attività espositiva con la mostra personale di Luca Coclite Supertrama, con una serie di lavori che indagano la percezione del paesaggio su diversi livelli, riferendosi in particolare alla costiera mediterranea.

 

 

Successivamente viene inaugurato il format MERCE, con la mostra dell’artista Fabio Giorgi Alberti, Senza meno Due, con gli oggetti ambigui e alterati, privati della loro funzione originale.

 

 

 

Le ultime due mostre sono state dedicate al lavoro effimero e ai limiti del materiale di Bekhbaatar Enkhtur. Nella mostra Tsam sono stati esposti disegni e sculture a cavallo tra la tradizione e le danze tibetane e mongole insite nella cultura che l’artista porta con sé e applica allo studio della forma e della materia.

 

 

Infine, per l’ultima mostra hanno esteso le loro collaborazioni con l’esposizione presso il negozio di modernariato F.lli Cacciari di Bologna proseguendo una ricerca già avviata riguardo i cortocircuiti interni alle tradizionali concezioni di spazio espositivo e di vendita. L’intervento di Grazia Amelia Bellitta (1989, Policoro), dal titolo Maisia, comprende l’installazione di tre opere all’interno del negozio, attraverso una giustapposizione dissonante che mette in luce una ri-attualizzazione e una riflessione circa pratiche rituali e superstiziose legate al contesto storico del Sud Italia e anche alla biografia dell’artista.

 

 

Durante la settimana di ArteFiera, in occasione di Art City 2022, Marktstudio ha ospitato Hard Work, una mostra di due serie di lavori dell’artista bolognese Letizia Calori. In vetrina, a confondere i potenziali acquirenti, sono esposti i calchi delle camicie in cera del padre di Letizia. La loro degradazione cromatica che va dal blu al bianco fa riemergere la suddivisione di classe strettamente connessa al lavoro svolto.

 

 

Questa serie di calchi P., è dotata di stoppino, quasi invisibile, posto su uno dei bottoni e che rende il lavoro effimero. Un progetto che idealmente e letteralmente trova radici nei movimenti di fine secolo scorso e che artisticamente si colloca nella tradizione degli intimi e più poetici ready-made degli anni ’90 fino ai più politici oggetti poveristi de-contestualizzati dalla quotidianità ed eletti a simboli di sovversione.

La dissidenza, nel caso di Letizia, si traduce in dissacrazione di una iconografia machista e il superamento di certe analisi psicanalitiche con gli utensili di Hard Work. Il titolo della serie è paradossalmente ossimorico se si guarda ai lavori: strumenti di lavoro privi della forza “vitale”, sculture prive della loro dinamicità, oggetti privati di ogni funzione.

 

 

Con Hard Work Letizia sovverte le categorie binarie che legano il lavoro alla forza e la resistenza alla durezza. Con i loro colori pastello, gli utensili ricordano dei giocattoli, perché ombre in atto di ciò che rappresentano in potenza e dunque utili solo per il divertimento dei nostri occhi.

L’aspetto molle degli attrezzi del lavoro infine ricorda le problematiche ambientali che stiamo irrimediabilmente affrontando, prima fra tutte il riscaldamento globale. Crimini contro l’ambiente il cui principale colpevole è da identificare con l’accumulazione capitalistica e il suo espansionismo indiscriminato ai danni della natura, reso metaforicamente dagli strumenti del lavoro.

Letizia si prende gioco degli apparenti significati attraverso il ricorso a una traduzione nei fatti di oggetti che si travestono del loro significato come dei bravi attori che fingono bene la loro parte.