L’arte della natura
Se l’artista è sempre stato attento osservatore, perspicace analista e lungimirante traduttore del mondo attorno a sé, vero è che oggi l’artista deve e vuole lasciare messaggi e specificare opinioni, dichiarando la propria posizione e condividendola attraverso il proprio lavoro.
Introdurre la natura nella propria ricerca, anzi, fare della natura la propria ricerca, non è un tendenza; i giovani artisti crescono vicini a problematiche socio-ambientali che diventano caratterizzanti del loro essere, al pari quasi di quanto in altri, più “adulti”, possa stare a cuore lo stato psico-affettivo dei loro simili.
Mai state meno difficili in precedenza, le problematiche ambientali, ma certamente oggi risultano essere enormemente complicate. Lo sviluppo tecnologico e industriale che avanza (siamo in continua evoluzione-rivoluzione tecnico-industriale da decenni) ha fatto sì che determinate questioni diventassero parte integrante del pensiero sociale di questi giovani, che scelgono l’arte non tanto per gridare al danno ma per invitare l’osservatore, e certamente anche se stessi, a ricordare!
Se è vero che la situazione ecologico-climatica e di biodiversità ci è drammaticamente sfuggita di mano è anche vero che non si è avuta la dovuta attenzione all’intorno, a ciò che ci ospita e ci concede di vivere; l’accentramento umano ha portato a scordare la natura! Non ci sono mezzi termini per dichiarare ciò: l’uomo ha violentato la natura e si è convinto di poterla fare sua schiava; ne ha usurpato la bellezza a favore di ecomostri, e l’ha messa in ginocchio per il profitto e lo sviluppo, quest’ultimo essenziale ma permeato, ad oggi, di ambizione a livelli estremi.
La natura c’è, è parte di noi, noi siamo parte di essa e non ci permetterà mai di ignorarla.
È proprio in merito a questo concetto che mi viene subito in mente Stefano Caimi, giovane artista che opera attraverso la natura e che, per mezzo del suo lavoro, si è posto all’ascolto dei suoi segnali, delle sue “parole”, producendo installazioni, stampe, suoni che descrivono ed esplorano il mondo naturale.
“Sono da sempre affascinato dalla complessità biologica che trovo in natura. Una fitta rete di relazioni nascoste, interconnesse”, afferma nella sua biografia e, infatti, con il suo lavoro evidenzia proprio questo: legami e connessioni silenti e inimmaginabili. Proprio come fa la natura, inspiegabile e maestosa, dalle mille sfaccettature e prospettive. Proprio perché complessa, vale sempre la pena investigarla.
Quello che Stefano Caimi estrapola dalla natura è la sua capacità di comunicazione, di dichiarazione di forza e autosufficienza; esalta questi concetti e li riporta in una dimensione analitico-artistica, quasi da laboratorio… e la natura è tutto: piante, insetti, animali di ogni genere che si legano ad essa e sono essa!
Attraverso i Trasduttori, proiettori per diapositive, inizia la dimensione analitica di Stefano Caimi; “orienta” l’attenzione attraverso elementi naturali piccoli e quasi invisibili. Li mette “in luce” proiettandone le ombre a un ritmo di SOS. In alfabeto morse la pianta di tillandsia, installata davanti alla lampada del trasduttore, lancia il suo statement, la sua dichiarazione di esistenza, il suo essere vivente in una dimensione elettrica propria dell’elemento in oggetto.
La connessione tra e degli elementi naturali è al centro della performance Roots; una composizione sonora, ottenuta attraverso un algoritmo, sintesi di segnali di comunicazione e di immagini che parlano della relazione tra le piante, connesse tra loro dalle radici, appunto. Un momento audiovisivo intenso e carico di luce che rimarca quella meraviglia tutta naturale, non determinata, inspiegabile e potente.
Come inspiegabile e potente è Rosetta; sulla falsariga della famosa Stele, Stefano Caimi ci parla di un codice, una sequenza di segni e simboli generati su corteccia dall’insetto Ips Typographus. L’entomologia è tradotta attraverso un algoritmo e restituita in una texture che riluce e mette in evidenza il paziente segno dell’insetto che urla così la sua esistenza e, ancora, la sua potenza.
In cosa risiede tutta questa potenza? Certamente nel mistero; l’ansia della perfezione, della naturalezza così sconosciuta. Certamente nella libertà di essere un congegno funzionante senza necessità di tentativi, di sperimentazioni.
Questa è natura; questo ci ricorda Stefano Caimi attraverso il suo lavoro. Un’azione contemporanea di sensibilizzazione al rispetto, alla vera bellezza e alla grandiosità naturale; un momento educativo che diventa cool e di interesse stimolante.
Un’altra artista che mi viene in mente perché esplora l’elemento naturale come base della propria ricerca è Noemi Mirata; dialoga con il fruitore ponendo l’accento sul legame naturale con la sua stessa esistenza. “La ricerca di Noemi Mirata si sviluppa seguendo un flusso naturale e mira a spingere l’osservatore al di là di ciò che appare, valicando il piano superficiale delle cose e catapultandolo oltre”. Come a dire che la natura non è semplicemente verde di foglie e piante; è un processo organico e di organismi, esseri animati che dialogano, che fanno parte di un processo. Quello stesso processo che senza fatica l’umano ha fatto a pezzi, ma che deve persistere in modo essenziale affinché tutto non vada allo sfacelo, in maniera definitiva.
Nel concept della scultura Sigillaria, che l’artista ha realizzato in vetro massiccio sabbiato e tramite la ricostruzione 3D avvenuta da alcuni fossili ritrovati, si legge: “Nell’atto quasi morboso di rincorrere una forma sensibile che appartiene alla Preistoria, vi è la necessità di ricreare un mondo che è stato, che ci ha preceduto e che affonda le radici nel nostro DNA memoriale.
La pianta, evanescente e fluttuante, emerge da un blocco massiccio, esprimendo al contempo tutta la sua forza e tutta la sua fragilità. Come fosse uno spirito, aleggia e incombe su di noi, ragionando su mondi futuri che guardano al passato”.
Il fulcro sta quindi nella totale necessità di mantenere il legame con il passato della natura, conservandola e potendola mappare; come preziosa testimonianza di vita alla base di ricostruzione di vita.
Non più distruzione ma creazione, ricostruzione in nome della conservazione e del rispetto di ciò che è stato per ciò che sarà.