Kontext Beuys
La mostra anti-sistema
Nella location dell’Haus der Kunst, ospitata in uno dei padiglioni dei Cantieri Culturali alla Zisa a Palermo, cinque artisti contemporanei dialogano con le opere di Joseph Beuys provenienti dallo Stedtmuseum Düsseldorf. La mostra a cura del Verein Düsseldorf-Palermo è stata prodotta in collaborazione con il Kulturam del Landeshaupstadt Düsseldorf e lo Stedtmuseum Düsseldorf. Il gruppo Düsseldorf Palermo, da circa un decennio, opera nella visione di un dialogo costante tra colleghi stranieri, coinvolgendo artisti provenienti da Düsseldorf e della Renania Settentrionale con artisti che operano a Palermo e in Sicilia.
Kontext Beuys, mostra inaugurata l’otto ottobre e visitabile fino all’otto dicembre 2022 accoglie a Palermo una serie di manifesti realizzati da Joseph Beuys che rileggono il profilo dell’artista sia durante l’impegno politico a favore del movimento dei Verdi per l’ambiente sia la sua posizione nei confronti dello stato dell’arte. In mostra i lavori di Andrea Cusumano, Adriano La Licata, Federico Lupo, Blanca Matias, Giulia Sofi; ciò che accomuna le visioni dei cinque artisti è una prospettiva romantica, idealistica ed empirica da leggere in stretto contatto all’opera del maestro tedesco.
L’arte per Beuys ha valore antropologico e politico, acclamato artista internazionale, nasce a Krefeld nel 1921 e muore a Dusseldorf nel 1986, artista pioniere e rivoluzionario del ‘900, tramite una serie di azioni e happening afferma il concetto di opera d’arte totale, inscindibile dall’esperienza estetica ed ideologica legata al secondo dopo guerra ma anche alla filosofia di Adorno e agli scritti del poeta Paul Celan. In questo gioco di parti tra arte e politica si istituisce la giusta fertilità per sperimentare tra lingua e comunicazione, emblematico è il manifesto che recita KUNST=KAPITAL: l’arte è il capitale, nell’arte risiede il potere. Secondo Beuys bisogna reimpossessarsi del significato primo della parola tramite la pratica di purificazione della lingua dal retaggio dell’occupazione nazista in Germania, da questa filosofia idea una serie di manifesti che giocano con le similitudini sillabiche tra parole diverse, si rinnova così il senso della parola tramutando termini come amministrazione in rimboschimento (Stadtverwaldung Statt Stadtverwaltung).
Il percorso espositivo è concepito come sei personali indipendenti ma connesse tra loro dal fil rouge dettato dalla poetica di Beuys in cui la riscoperta del ruolo sociale dell’artista e la natura intesa come parte integrante dell’esistenza umana a cui bisogna riconciliarsi sono i principi cardine del suo pensiero.
L’artista di origini spagnole Blanca Matias con una performance della durata della mostra, occupa ed abita la Kunst sia come spazio fisico sia metafisico installando un camper su ruote di fronte allo spazio espositivo. Alla base della sua pratica artistica vi è l’interazione sociale, l’esigenza di un’arte relazionale. Durante la permanenza dell’artista è concesso ai visitatori di trascorrere del tempo con lei condividendo momenti quotidiani e azioni semplici e conviviali come mangiare insieme, ascoltare la musica e persino dormire. Il tempo e la casualità degli eventi connettono Blanca Matias all’opera di Beuys, il camper è il luogo fisico simbolo di transitorietà e di incontro che da voce a una dimensione surreale dagli echi vintage in cui giradischi, birra fredda, libri, fiori, sono i protagonisti di questa dimensione da vivere in simbiosi con l’artista. Matias completa il suo lavoro in mostra con opere eteree ma tangibili legate indissolubilmente, ancora una volta alla dimensione dell’abitare.
Adriano La Licata si affianca alle teorie di Jung già profetizzate da Beuys seguendone la logica della sincronicità. Pratica dell’artista è il costante confronto con se stesso, è continuo difatti il rimando alla vita personale, all’esteriorizzazione dell’io come punto di partenza per una riflessione sull’esistenza e sulle infinite possibilità di svanimento nella vita e nell’arte, ad aprire il percorso espositivo è Senza titolo-Tempo, l’opera è dislocata in due aree diverse della mostra e consiste in una stampa fotografica su plexiglass degli occhi dello stesso artista, per La Licata lo sguardo è punto di parenza dell’arte visiva e la dislocazione del lavoro appare come un eterno gioco di rimando alla memoria.
L’artista continua a confrontarsi con la sua immagine anche nelle opere Accidental nap (fotografia) e Tre contro uno (installazione video), nella prima La Licata, colto da un sonno improvviso si stende su un prato erboso ed è ritratto di spalle in una postura del tutto accidentale e scomposta. La valenza del sognare nella pratica artistica così come la consapevolezza della transitorietà nell’arte come nella vita.
Tre contro uno è una summa della sua poetica, la video installazione manifesta i medium fondamentali con cui Adriano si sconta durante la sua pratica: la natura, il mezzo fotografico e il pubblico. Nel breve video a camera fissa l’autore si ritrae come un’ombra proiettata al crepuscolo sul muro del palazzo di fronte dalla luce della stanza in cui si svolge l’azione. L’artista accetta che le cose svaniscono come un’ombra al finir del giorno.
L’utilizzo di materiali naturali e degradabili ritorna nell’istallazione di Giulia Sofi dal titolo onomatopeico Fiiiiiuuumm, l’artista già da diverso tempo indaga le potenzialità del suono nell’arte e per Kontext Beuys ricrea una traccia sonora che riproduce una serie di fischi che alterano e rafforzano la lettura dell’installazione: una serie di tronchi recisi di alberi di pino, faggio, pioppo, palma e fico d’india, sezionati e parzialmente carbonizzati. L’installazione può essere letta come un chiaro riferimento ad azioni quali 7000 Eichen, le settemila querce che inizia a piantare con collaboratori e amici durante Documenta 7 a Kassel e ne ribalta significato e significante di quello che è il Manifesto in difesa della natura che recita «Noi piantiamo gli alberi e gli alberi piantano noi, poiché apparteniamo l’uno all’altro e dobbiamo esistere insieme».
Il lavoro più romantico e distaccato dal tempo materiale è la serie di specchi di Andrea Cusumano: all’interno della Kunst, lo spazio dell’arte si mescola all’azione tramite l’espediente dello specchio, il sacro si umanizza e lo sguardo dello spettatore può cercare se stesso dentro e fuori di se portando a compimento un’esperienza spirituale. Le figure di spalle appesa agli specchi appaiono come presenze innocue e misteriose che richiamano alla mente le ruckenfiguren, termine tedesco coniato nel Romanticismo che indica dei personaggi solitari ritratti di schiena e immersi in un paesaggio. Cusumano restituisce all’interno del percorso espositivo un sublime momento di contemplazione, forse una riflessione sull’esistenza, su ciò che è stato e ciò che sarà.
A completare il percorso espositivo e a chiudere il cerchio con una tesi e antitesi visiva, L’alfabeto delle lune e Foca, la grande riproduzione fotografica di Federico Lupo che ritrae una donna intenta a praticare yoga, la fotografia di Lupo è capovolta e provoca uno straniamento della visione così da destabilizzarne la lettura e contrapporsi alla serigrafia di Joseph Beuys in mostra che raffigura un corpo femminile con la testa di lepre, animale di certo celebre per una delle azioni più significative dell’artista tedesco: una chiacchierata con una lepre morta dotata di più capacità d’intuizione degli uomini ingabbiati nella loro fredda razionalità.