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Intervista Doppia

A. Bianconi | G. Centrone

 

Chi siete, raccontateci di voi, del vostro percorso formativo e professionale.

G.C. Sono critico d’arte e curatore, e ormai mi occupo di questo stabilmente, ma in passato ho fatto un po’ di tutto e soprattutto ho fatto quello che davvero consiglio a tutti quelli che si occupano di arte: ho viaggiato, ho imparato le lingue, ho ricominciato la mia vita più volte dove non mi conosceva nessuno, dove non avevo una rete – né di contatti né di protezione – ma dove era fantastico sperimentare. Per quanto riguarda gli studi mi sono formato studiando arte e letteratura nelle università di Bari e Padova, master di ricerca alla University College London e ho insegnato due anni alla University of Michigan. Poi ci sono gli incontri, e quelli formano altrettanto: da quello con Kounellis nel 2003 per cui scrissi il mio primo testo critico, a quelli con artisti e scrittori della mia terra. Tutti mi hanno dato qualcosa.

A.B. Sono nato ad Arzignano (Vicenza) nel 1974, il 10 ottobre. Da bambino volevo diventare uno sciatore professionista, da adolescente un pilota d’aereo. Volevo volare, staccarmi da terra e guardare il mondo dall’alto. Un danno fisico me lo impedì ed improvvisamente mi sentii un uccello, un piccione viaggiatore con la testa da aquila. Mi iscrissi a giurisprudenza e decisi di spiare gli altri. Dopo un po’ di tempo mi sono ritrovato ad indagare relazioni, tra me e me stesso, tra il me stesso e la natura, tra gli oggetti, le persone, i popoli, le culture. Sono un cacciatore di relazioni, di ciò che è visibile e di ciò che non lo è.

Nel 2006 mi sono trasferito a NY dove ho tutt’ora il mio studio. Sono affamato di esperienze e di sfide quindi nel 2011 decisi di andare a Shanghai e poi a Mosca dove realizzai per la Biennale una performance tra il Cremlino e la Piazza Rossa .

Il mio percorso è una strada legata al cosa voglio dire e al come, quindi è stato un percorso pieno di spostamenti. Le città mi hanno insegnato molto, le culture mi hanno suggerito idee.

 

Quando avete deciso di lavorare insieme e perché?

G.C. È accaduto nell’inverno 2016-17, è stato un inverno molto duro per me: era l’inverno del grande scontento e la mia terra, la Puglia, viveva una stagione soporifera. Ho ideato un ciclo di presentazioni di libri sull’arte e Silvana Editoriale mi ha spedito questo performer un po’ bizzarro e soprattutto con un percorso non lineare. Ho conosciuto Andrea e l’intesa è stata spontanea e immediata. Poi lui, a differenza della gran parte dei performer, ha un vitalismo dentro in cui mi riconosco.

A.B. Nel 2016 sono stato invitato da Gaetano alla Biblioteca “Santa Maria dei Maschi” di Bari per la presentazione del libro sui miei 10 anni di performance. Gaetano mi aspettava in aeroporto, dopo pochi km in macchina avevo già capito che sarebbe stato l’inizio di grandi cose. La sua energia e la sua determinazione mi hanno coinvolto.

 

Raccontateci il progetto che presenterete il prossimo 17 giugno a Palermo.

G.C. Trap for the minds nella terra di Pirandello è una scelta naturale. In questo lavoro riflette sulle maschere, sulle costrizioni sociali ed esistenziali, perché non sempre è chiaro dinanzi a chi stiamo fingendo. La performance è un po’ come lui: leggera ma al tempo stesso molto profonda.

A.B. “Trap for the Minds” è una performance di fronte ad uno specchio. Indosso 18 maschere di carta una sopra l’altra. E’ una continua sovrapposizione di maschere, l’una diversa dall’altra. E’ una domanda sul chi siamo, sul come ci vediamo e sul come ci vedono gli altri. E’ anche un voler evidenziare la molteplicità identitaria che ci abita. E’ una performance che ho già presentato nel 2011 da Barbara Davis Gallery a Houston in Texas e l’anno successivo a Union Square Park a New York.

 

Cosa pensate del sistema dell’arte contemporanea nazionale? Cosa manterreste e cosa eliminereste?

G.C. Il circo è sicuramente interessante, anche se poi definirlo nazionale è forse impraticabile. I limiti sì, quelli sono tutti nazionali, e derivano dallo scarso peso del pubblico in queste questioni. Più che mantenere introdurrei: introdurrei nuovi curatori, farei funzionare l’enorme potenziale che abbiamo con questa messe di curatori che si sono formati in giro per il mondo.

A.B. Avendo vissuto a NY per parecchio tempo ho notato delle differenze abbastanza importanti.

Il sistema italiano è un po’ implosivo, c’è troppa autocelebrazione. Non mi piacciono gli arroganti e i finti intellettuali. Manterrei gli umili, manterrei le persone che stimo, le persone che lottano per i propri obiettivi. Non dividerei le categorie, curatori, artisti, galleristi, siamo tutti persone prima di tutto, e l’arte per arrivare alle persone deve parlare alle persone.

 

Che consigli dareste a quanti vogliono intraprendere le vostre stesse carriere?

G.C. Fuggire all’estero. E tornare dopo qualche anno magari, con la conoscenza di un paio di lingue straniere in più.

A.B. Andate all’estero, fate esperienze, convivete con l’inaspettato, sentitevi le ali e guardate sempre con attenzione i territori che state sorvolando.

Non prendetevi mai troppo sul serio, ma sappiate bene dove si trova la vostra ancora.

E poi l’ancora cambiando l’accento diventa ancòra, quindi continuate e continuate sempre. La sorpresa arriva facendo e non solo pensando.

Poi la parola ancòra contiene la parola ora, ed è importantissimo lasciarsi sedurre da ora.

 

A quali progetti state lavorando?

G.C. Un bel libro su Andrea Bianconi, insieme ad altri critici; la monografia di Mimmo Borrelli, artista molto attivo a Torino e non solo; una mostra di arte pubblica nella mia Molfetta; un libro sugli anni Settanta di Luigi Mainolfi, periodo poco conosciuto della sua ricerca, ma decisamente interessante. E poi innumerevoli altre cose, di cui non faccio parola per un po’ di sana scaramanzia. Speriamo, in fondo, di dare forma alle nostre magnifiche ossessioni.

A.B. Sto lavorando alla personale al CAMeC di La Spezia che inaugurerà il 22 giugno, alla personale che inaugurerò il 7 settembre A Houston negli Stati Uniti, nel frattempo sto organizzando e pianificando la performance “Voice To The Nature” che ho presentato lo scorso gennaio a Davos per il World Economic Forum , che ripeterò il 2 luglio a Ginevra, di fronte alla sede dell’ONU, e che poi realizzerò nei cinque continenti, dalla Groenlandia al deserto del Sahara.

 

Trap for the minds, 2011, performance, Andrea Bianconi

Andrea Bianconi, “Trap for the minds”, 2011.