Intervista a Studio++
Fabio Ciaravella (1982), Umberto Daina (1979) e Vincenzo Fiore (1981)
Siciliani di nascita ma fiorentini d’adozione; architetti di formazione: intessono forme e immagini in cui progetto, materia e visione danno origine ad un linguaggio artistico di natura interdisciplinare.
Il collettivo Studio++ si racconta in questa intervista…
Raccontateci brevemente di voi
Nonostante siamo tutti e tre siciliani, ci siamo conosciuti a Firenze i primi anni in cui iniziavamo la facoltà di Architettura (era il 2000 circa). Come prima cosa è nata un’amicizia che ci ha fatto scoprire assieme tante passioni tra cui quella per l’arte e per un certo modo di guardare e raccontare il mondo. Quindi abbiamo iniziato, sempre insieme, a fare i primi lavori, le prime sperimentazioni, alcune mostre molto immediate, per il piacere di dire agli altri quello che ritenevamo interessante. Questo è stato un periodo fatto di tante collaborazioni con colleghi dell’Università e amici incontrati sulla strada dopo il quale abbiamo deciso di fondare Studio ++.
Per questo ogni volta teniamo a precisare che la nostra forma di collettivo non è l’incontro di tre personalità separate, ma piuttosto un sistema di completamento dinamico in cui le diversità convergono in un percorso unitario.
Poi nel 2008 è arrivata la selezione al concorso per giovani artisti di Artissima :Italian Wave (per giovani artisti senza galleria) e da quel momento abbiamo iniziato un modo di lavoro e una serie di confronti che negli anni ci hanno portato con continuità fino ad oggi.
Come definireste il vostro lavoro?
Di ricerca o di esplorazione se vuoi. Tendiamo ogni volta a indagare nuovi temi e quando pensiamo di avere chiuso un lavoro ci approcciamo ad un altro quasi creando dei limiti tra i due. La continuità della ricerca poi quasi ci stupisce quando ci guardiamo indietro e vediamo quanto siano affini i tanti lavori che abbiamo fatto sempre pensandoli come nuovi.
Nella progettazione dei vostri lavori avete un metodo? Quali sono i vostri ruoli? Chi è la mente? … e chi il braccio? (se c’è)
In genere partiamo da un argomento, un fatto o un’esperienza che pensiamo sia interessante. Poi di solito con il tema nasce anche un modo che riteniamo sia il più adatto per rappresentarlo.
Da quel momento inizia un percorso a volte molto lungo e invece immediato altre, in cui si taglia contestualmente significato e modo di trasmetterlo fino ad arrivare alla forma secondo noi più corretta, dove l’unione delle due parti è inscindibile, anzi è qualcosa di più che riesce a darci un’emozione. E’ un percorso a volte simile alla scultura che continua a scavare a fondo su una base fino a quando non emerge quello che stavamo veramente cercando.
Tutto questo lo facciamo attorno ad un tavolo da fumo nel salotto del nostro studio, per telefono o per i modi più svariati sia da vicino che da lontano.
Quando ci mettiamo a realizzare fisicamente, il lavoro è già finito.
Non è possibile per questo definire mente e braccio, tutti e tre siamo entrambi.
Come definireste il panorama artistico siciliano? Credete che allo stato attuale ci sia una connessione reale tra il sistema dell’arte e la società?
Bisognerebbe capire cosa intendi per siciliano. Ovvero se quel panorama di cui parli è fatto dagli artisti che sono nati in Sicilia o se intendi il panorama degli artisti che operano nella nostra Regione.
Oggi l’arte e l’artista sono chiamati a confrontarsi con sincerità nel panorama internazionale e quindi il concetto di regionalità dell’artista diventa uno degli aspetti a cui guardare con la consapevolezza di un’idea delicata su cui vanno fatte molte precisazioni.
Certo può esistere una sorta di lettura siciliana degli artisti che conosciamo, ma è forse solo una delle tante a meno che il contesto espositivo o le intenzioni dell’artista non lo suggeriscano come prospettiva preferenziale.
In generale gli artisti che conosciamo ci hanno tutti arricchito, quindi se dovessimo giudicare sulla scorta della nostra esperienza: il panorama siciliano è davvero molto stimolante.
Mentre le relazioni tra l’arte e la società non sono mai state facili da definire e non crediamo che oggi possa essere diverso. Ma siamo convinti che sia un tema sempre più presente nelle riflessioni dell’arte.
Il fulcro è quello di accettare e riflettere sulla contemporaneità consapevoli che ogni epoca ha bisogno di creare sistemi e relazioni adatti ai cambiamenti in corso. Spesso è proprio l’arte a chiarire questi cambiamenti e ad aiutare a renderli leggibili.
Quando si parla di scollamento tra arte contemporanea e società talvolta si intende l’incapacità di artisti, critici e istituzioni museali a rivolgersi in maniera ampia alla collettività anziché ad una ristretta cerchia di specialisti e appassionati. Ma il rischio che si corre, girando la medaglia di questa critica, è di chiedere all’arte di non guardare così a fondo nella vita che viviamo solo perché possa essere più comprensibile.
C’è sempre molto da fare, ma da entrambi i lati.
Chi sono i vostri punti di riferimento nel mondo dell’arte?
Ne abbiamo davvero tanti, ma tra questi non c’è n’è uno in particolare che possiamo citarti. Andare a cercare i propri riferimenti è quasi un percorso d’analisi psicoanalitica che facciamo con difficoltà. Siamo conviti però che nei nostri modelli non ci sia una settorialità ristretta all’arte perché guardiamo sempre alla vita, alle esperienze del quotidiano e capita spesso che siano grandi e meno grandi artisti che abbiano detto su un argomento delle cose stupefacenti. Quelli diventano i nostri riferimenti.
C’è stato un evento o un incontro in particolare che ha segnato una svolta nella vostra ricerca?
La ricerca di un artista matura ogni giorno ed è necessario esserne consapevoli per dare continuità e crescita al proprio lavoro.
Poi ci sono le esperienze personali, gli incontri con la gente, i viaggi, quello che ti capita nella vita che continuano ad influire nel modo di vedere e raccontare il mondo.
Quali immagini del vostro lavoro, che in qualche modo rappresentano dei punti di snodo fondamentali, ci proporreste?
Forse i lavori che possono dare un’idea generale sono: distanza (per il concetto di continuità temporale legata alla forma), domani è un altro giorno (per le nostre riflessioni sui parallelismi tra vita e contesto web), monumento al futuro (come riflessione sulla nostra contemporaneità e sul paesaggio),Paesaggi (foto stenopeiche come riflessioni contemporanee sul paesaggio), realtà aumentabile (come approccio alle innovazioni tecnologiche).
Che progetti avete per i prossimi mesi? A cosa state lavorando?
Ci stiamo concentrando su alcuni progetti in Sicilia e un paio in Olanda, di cui non possiamo accennare molto ancora. Speriamo di farti avere quanto prima buone nuove.
(3)
(1) Distanze, 2008 – magneti, teca di vetro: 12x17x33 cm
(2) Domani è un altro giorno, 2009 – (installazione web) video pixel, durata: 2628000000000000′
(3) Monumento al futuro (project), 2010
(4) Paesaggi, New York (43°46’57” N 11°17’14” E) – 2012 – fotografia stenopeica: 24×18 cm
(5) Realtà Aumentabile, 2011- serie fotografica: 89×75 cm