Intervista a Valentina Rosselli
Chi è Valentina Roselli?
Ho compiuto 27 anni da qualche giorno. Vivo sempre vicino all’acqua non per scelta, me ne accorgo dopo. Mai avuto capelli colorati. Ho frequentato l’Accademia a Torino e dopo una breve parentesi a Helsinki mi sono trasferita in laguna per studiare in Iuav.
Finiti i ruoli istituzionali da studente, mi sa.
Quanto il contesto in cui vivi o da cui provieni influenza la tua ricerca artistica nella scelta delle tematiche e dei supporti che utilizzi?
Sono nata a Torino, ho cambiato tante case sempre lungo il Po. Ho ricevuto molti stimoli dalla città, alcuni inizialmente dati per scontati. Ho cercato e trovato documenti e oggetti carichi di storia: i ritrovamenti diventano forzatamente e necessariamente parte del bagaglio visivo.
Oggi macro-vivo a Venezia, questa città, composta da persone provenienti da luoghi molto diversi, mi regala materiale umano importante per il mio lavoro. Torino-Venezia è un ponte affascinante, ho iniziato ad apprezzare il senso di questo collegamento e della mia sensibilità sull’inquinamento acustico.
Quanto è importante per te il confronto con ciò che ti circonda: società, mass media, altre ricerche artistiche, ecc.? Quanto questo ti influenza e come?
Sono influenzata da quello che mi circonda quando è in grado di comunicare e si fa ascoltare, diventando anche un esercizio per capire quanto ascolti, oppure quanto sei arrogante.
È una sfida portare questo processo, in silenzio, nel lavoro.
Mi sono cari i temi legati all’esotismo, ma in fondo tutto lo è.
Chi sono gli artisti che ami di più e perché?
Da questa domanda non se ne esce mai bene, la verità è che si va a periodi.
Fingerei se omettessi Duchamp, Warhol, Bacon, Ontani per sentirmi meno banale. In passato ho amato moltissimo Hanne Darboven, mi riappacificava, poi mi sono promessa di non volere punti di riferimento uterini (no sessismi, il punto è un altro). Passando prima da Gianikian e Ricci Lucchi, poi da uomini importanti come Gerhard Richter, Mark Dion, Thomas Struth, Thomas Hirshhorn, Walid Raad, il progetto Superflex e da più di un anno Robert Gardner e Jean Rouch. Quest’ultimi due non si trovano su Artforum, ma nel cinema dell’antropologia visiva, a tutti gli effetti artisti secondo me (e qua gli antropologi si arrabbiano, ma ben venga). Oggi ho fatto pace con le artiste donne, soprattutto dal punto di vista performativo. Sì, lei.
Hai visto l’ultimo lavoro di Chiara Fumai e il video di Camille Henrot a Venezia? Gli artisti che ho elencato mi calmano e riattivano insieme. Poi ci sono quelli che mi rendono più sentimentale, ma li tengo per me.
Come definiresti il tuo lavoro?
Mi viene da dirti che è un costante esercizio, in cui cerco di pulire filtri con filtri. Cerco, anzi accade e basta, di non partire da qualcosa che abbia a che fare direttamente con l’arte, ma qualcosa di aderente alla realtà. Mi servo dell’antropologia ed altri studi, degli incontri. Poi c’è l’intermittenza tra istinto e strutture intellettuali, da gestire.
Quale messaggio vuoi trasmettere e su cosa vuoi farci riflettere con la tua ricerca artistica?
Mi piace quando ricevo informazioni che ritengo importanti se faccio uno sforzo in più, senza avere un libretto di istruzioni a disposizione (con tutto il sacro rispetto per i libretti di istruzioni).
Rilancio questo messaggio nella mia ricerca.
C’è stato un evento o un incontro in particolare che ha segnato una svolta nella tua ricerca?
Senza dubbio il viaggio in Etiopia, a contatto con la tribù Banna. Ci sono voluti due anni per riprendere in mano il materiale che avevo registrato, ammettendo di essere una turista. Aver capito che il vero rituale stava nel nativo e nel viaggiatore che recitavano la loro parte, si è rivelata una grande lezione di ironia e serietà.
Come definiresti il sistema dell’arte contemporanea in generale e nello specifico quello veneziano con cui ti confronti costantemente?
Il sistema dell’arte contemporanea è fatto di persone, quindi non diverso da altri sistemi. È una cartina tornasole di avidità e malizia ma anche di cura, ricerca, bellezza, e romanticismo. Basta con la rabbia.
Il sistema veneziano è un porto in cui le persone difficilmente possono evitare il confronto.
Spesso si scappa dalla laguna, ma una volta provata, si fatica ad allontanarsene del tutto. Sul collezionismo privato non so molto.
Hai fatto alcune importanti residenze d’artista (Spinola Banna, Bevilacqua La Masa, ecc) come queste opportunità hanno influito sulla tua ricerca dal punto di vista metodologico e contenutistico?
Mettendomi in sanissima e costruttiva crisi per quanto riguarda la Spinola Banna, la Bevilacqua invece mi ha dato la possibilità di setacciare cosa è emerso nella prima. Gli studio visit di un anno in studio a Venezia (in Atelier 7 di Palazzo Carminati) sono stati fondamentali. Sono molto grata a entrambe le fondazioni, non si tratta soltanto di tappe artistiche, ma di formazione umana.
Sei una degli artisti del Padiglione Crepaccio at yoox.com: ci parleresti di questa esperienza?Com’è nata l’idea, come si è evoluta, come sta andando e quale sarà (se ci sarà) lo step successivo?L’esperienza al Padiglione Crepaccio at yoox.com (durata 3 giorni a Venezia, dal 29 al 31 maggio e tutt’ora in corso su yoox.com, fino al 24 novembre) è stata intensa, divertente, importante, a tratti spiazzante e al contempo utile a orientare determinazione e aspettative. Se ci sarà uno step successivo, ti avviserò. Per ora posso dirti che il gruppo dei cosiddetti Veneziani, messo insieme dalla curatrice del progetto, Caroline Corbetta, mi piace.
Ci siamo scambiati informazioni importanti. Caroline ha permesso in poco tempo di creare un bel valore partendo da un’idea semplice, coinvolgendoci in un dialogo , l’espediente iniziale per continuare a farlo tra di noi e proporre un modello. Grazie a questo si sono aperte altre possibilità concrete, riflettere su altre declinazioni di vendita non è banale.
Che progetti hai per i prossimi mesi? A cosa stai lavorando?
Sono appena tornata da una grande esperienza a L’Aquila e ho intenzione di portare avanti un’intuizione nata lì. Ci vorrà tempo e serietà, molto stimolante. Inaugura oggi il progetto Il Mercato degli Spiriti che ha coinvolto vari artisti a lavorare nelle vetrine dei negozi non più agibili del centro storico aquilano.
Sono stata accolta al meglio e spero che questa attività pioneristica cresca in salute.
Poi c’è Festiwaltz, un progetto di cinema itinerante che porto avanti con l’antropologa Valentina Bonifacio http://festiwal.tumblr.com/, partito dal mio studio, ora cerca di infilarsi nelle case veneziane, ma non solo. Faccio parte di un gruppo di ricerca per un documentario su Venezia. Spostamenti di città in ballo.
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(1) Would you mind – 2012, audio (collage digitale).
(2) Ubi Consistam II – 2013, installazione
(3) Raffreddamento di un archivio – still da video.