Intervista a Sanja Lasić
Incontriamo Sanja Lasić che a Vienna porta avanti un’intensa attività artistica e curatoriale localizzata ma decisamente internazionale.
Dal connubio tra la sua ricerca visiva e l’attenzione per la più giovane produzione artistica passando per musica e cibo Sanja inaugura un caffè dove sperimentare e sperimentarsi e dare voce ad una progettualità attenta ai tempi e alle esigenze del pubblico.
Chi è Sanja Lasić? Parlaci brevemente di te…
Sono una ragazza di 26 anni. Mi sono laureata in Arti Visive alla NABA a Milano. Al momento studio e lavoro a Vienna. Sono una persona affetta dalla sindrome di Peter Pan e nello stesso momento troppo seria. Il mio nome deriva dal verbo “sognare” e questo dice abbastanza del mio carattere in generale.
Sarajevo, Milano e adesso Vienna… Quanto il contesto in cui vivi o da cui provieni influenza la tua ricerca artistica nella scelta delle tematiche e dei supporti che utilizzi?
Influenza tanto. Nel mio lavoro cerco sempre di risolvere il mistero della mia esistenza e della società che mi circonda. Rifletto tanto sulle problematiche del quotidiano, cerco di comprendere perché qualcosa accade e perché proprio in quel momento. Ho avuto l’opportunità di vivere in paesi e città diverse; fin da bambina ho imparato innanzitutto ad osservare fino all’ultimo dettaglio i nuovi luoghi e le sue strade, le persone e i loro movimenti, le nuove regole, la lingua che si usa, dialetti, comportamenti sociali e politici, etc. Ho imparato ad osservare… ed e’ tutt’ora ciò che faccio quando mi trovo in un posto nuovo, ma anche vecchio, pieno di persone.
Quanto è importante per te il confronto con ciò che ti circonda: società, mass media, altre ricerche artistiche, ecc.? Quanto questo ti influenza e come?
Sono dell’idea che per fare arte o essere coinvolti nell’arte bisogna vivere e osservare; cercare di risolvere le domande sul perché qualcosa funziona o non funziona. Non essere mai contenti e avere voglia di cambiare la situazione partendo da noi stessi. Sono gli eventi giornalieri, da quelli locali a quelli mondiali che mi fanno pensare. Leggendo libri di qualsiasi genere, i quotidiani, ascoltando la radio, studiando la storia e facendo comparazione col presente; essere sempre curiosi, avere interessi per molteplici ambiti e tematiche.
Chi sono gli artisti che ami di più e perché?
Franz Kafka (La Metamorfosi – mi idenifico nel personaggio di Gregor Samsa), Jan van Eyck (light and symbolism), Schille e Klmit (crazy austrians way ahead their time, beautiful secesion work from klimt, Schille and his way of being), Sophie Calle (intelligent woman!!! so sensitive work, hidden signs we have to find in almost every work of her), Abramović (early works made with Ulay, love love love), Georges de La Tour (misterious paintings, peacful, love him), Santiago Sierra (for me his is a mixture of good and bad, he uses the inviroment very well and throws it in your face, love it), Regina José Galindo (she is crazy, in good sense, she knows what she does, very much to the point), Christo and Jeanne-Claude (very intelligent land art, uses of space, they are cool, business and art at the same time), Katalena (Slovenian folk group using poetry from kultural inheritance and transform it into new arangmans), Dubioza Kolektiv (Bosnian dub step, funk group from Sarajevo, powerful songs based on current social, political and cultural situation of the country).
Come definiresti il tuo lavoro?
Lavoro sul tema dell’identità: provenienza, direzione. Lavoro con il corpo, lo spazio e gesti semplici. Uso il mio corpo e la mia immagine, il mio viso come riflessioni di quello che mi circonda. Non sono un’estremista, mi piace lavorare con pochi e semplici gesti. L’uso che faccio dei media è molo “primario”: niente post-produzioni e grandi set. Lavoro con quello che vedo e sento fisicamente.
C’è stato un evento o un incontro in particolare che ha segnato una svolta nella tua ricerca?
L’ingresso al Liceo Artistico a Nova Gorica e poi gli studi alla NABA di Milano. I professori che mi hanno insegnato e aperto la strada verso quello che è nascosto, a seguire l’istinto e credere in se stessi. Milovan Valič, Marcello Maloberti, Anna de Manincor, Yuri Ancarani – le persone che hanno visto che ho qualcosa da dire e mi hanno dato il coraggio di esprimermi a mio modo.
Come definiresti il sistema dell’arte contemporanea in generale e nello specifico quello Austriaco con cui ti confronti costantemente?
Si tratta “sistemi del lavoro” dove bisogna impegnarsi per trovare la propria strada. Le differenze stanno nell’atteggiamento più “regionale” o più “metropolitano”. Ci sono regole che bisogna imparare specie se sei presente su vari progetti internazionali e nazionali dove conosci persone che hanno altre informazioni. Questa è la mia idea.
A Vienna c’e’ pero qualcosa di speciale in ambito artistico, sia dell’arte classica che contemporanea, la città’ cerca sempre di creare quotidianamente eventi artistici per chi la vive (dalle arti visive alla musica, teatro e letteratura).
A Vienna hai recentemente aperto un caffè: Café Lassa… Non si tratta solo di una caffetteria ma anche di un centro di produzione culturale molto fervido. Ci racconti come sta andando?
Lassa è ancora agli inizi e alterna giornate di successo a giornate di totale fallimento. Lo scorso Aprile abbiamo festeggiato un anno ed è stato ben visitato.
A Vienna esistono gia’ bar/caffetterie che includono arte come parte del loro programma. Noi di Lassa abbiamo creato due progetti fissi che si svolgono ogni mese (una mostra nello spazio più grande e il “progetto dell’angolo”: Die Ecke Projekt), dove il mio interesse personale è rivolto ai giovani artisti che possono mostrare il loro lavoro all’interno di un spazio che non è una galleria. Sono interessata al cambiamento dello spazio tramite il lavoro presentato, tutti i progetti sono site specific. Gli artisti possono vendere il loro lavoro e farsi conoscere tramite lo spazio. Poi ci sono anche altri progetti più piccoli del tipo Groovy Montag riservato alle persone interessate alla musica: serate con l’intervento di DJ Amateur. Altri progetti, invece, sono strettamente connessi alla gastronomia: varie degustazioni, presentazioni etc.
In generale l’idea è di creare un posto in una parte della città dove puoi venire e non essere giudicato per quello che sei. Gli ospiti sono un pubblico internazionale, comunichiamo in diverse lingue, proveniamo da diversi studi e occupazioni, giovani e vecchi, facciamo discussioni e mi piace sapere chi sono le persone che vengono in Lassa, cosa gli interessa nella vita. E’ successo che tramite Lassa ho avuto la possibilità di partecipare a progetti in altre città.
Per adesso siamo ancora un team piccolo: io, mio padre e mio fratello, ma nei prossimi mesi vorrei creare anche un team di soli artisti magari stranieri e lavorare a nuovi progetti.
Che progetti hai per i prossimi mesi? A cosa stai lavorando?
Voglio realizzare una performance musicale grazie a un paio di musicisti che vengono in Lassa. Continuare con il lavoro curatoriale in Lassa e coinvolgere più persone agli eventi.
www.sanjalasic.com
www.cafe.lassa-design.com
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(2) link al video
(3) link al video
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(1) 13 Case, 2010
, oil on canvas
, 40×40 cm and 30×40 cm
(2) I‘m a Terrible Monster, 2010,
Mix media installation-books, photography, video installation –
Photo documentation by Maria Pecchioli.
(3) Grand Finale, 2013
, video, colour, DVD
3’35”.
(4) Die Ecke Projekt #4 edition – Cafe Lassa, Marie Klein, “May Be You”, 2014.
(5) Die Ecke Projekt #4 edition – Cafe Lassa, Ignacio Chavarri, “Dividir – Multiplicar / Multiplicar – Dividir (corner application)”, 2014
(6) Omri Livne, Deconstruction of panormaic Landscape, Site specific installation – Cafe Lassa, A4 photocopied black and white paper.