Francesco Lauretta | A perfect Day
A perfect Day
nota critica di Serena Trinchero
A Perfect day, mostra personale di Francesco Lauretta (Ispica, 1964), ospitata negli spazi Srisa Gallery of Contemporary art di Firenze dall’11 febbraio al 19 marzo 2016, a cura di Pietro Gaglianò, si iscrive nella storia artistica dell’autore come un nuovo passaggio di quella lotta feroce e amorosa con il medium della pittura iniziata nel 2003, nella galleria di Carbone.to.
Di certo qualcosa è cambiato in questi anni e infatti la pittura non è la sola protagonista di questo percorso espositivo che presenta anche disegni e spolveri e che corre su una doppia traccia, su un susseguirsi di inesistenze e persistenze. Nella prima ampia stanza i Disegni della morte, una serie di rapidi schizzi in olio su scotch e fussaggine su carta, che ritraggono “morti” diverse come in un bestiario o come figure di un mazzo di tarocchi, convivono con l’inferno di Giovanni da Modena. Qui l’affresco visibile in San Petronio (Bologna) viene riletto e rimodellato da tratti veloci e talvolta approssimativi, ma che non perdono, anzi rafforzano la drammaticità della scena medievale, ed è sormontato da una marina dominata da una figura solitaria che indisturbata dal tempo gioca con le placide onde: un preludio di quella visione onnicomprensiva che riesce ad accogliere ed abbracciare il visibile e l’invisibile, l’esistente e l’inesistente che domina tutta la mostra.
Ma il cuore della mostra è giusto accanto dove Lauretta si insinua nello spazio installando in una sala dalla volta a botte le sue marine dai colori accesi, che colpiscono gli occhi e rimangono nella memoria per quella sensazione di irrequietezza che emanano. Dipinti che sembrano esplodere nei continui riverberi ai lati delle tele e negli spolveri che inondano lo spazio e che in filigrana mostrano immagini di tombe dimenticate, di un cimitero di anime senza nome e identità. In questo modo la narrazione si apre a riflessioni che insinuano il senso della nostra esistenza e indagano il formarsi della memoria, della sua relazione con il tempo, lo spazio e otium di latina vocazione. La sala diviene quasi una cripta o un luogo di devozione, separato dal caos del quotidiano da una apertura su via San Gallo che non fa altro che riverberare il continuo contrasto tra lo stress dei nostri giorni e le meccaniche del tempo e della natura.
Un mostra densa, insistita e profonda che riesce a far trapelare tutta la serie di processi e riflessioni che hanno portato alla realizzazione di questo corpus, alla concretizzazione di un pensiero sull’uomo e sul suo vivere, fino alla rivelazione di quell’essenza della terra “come luogo dell’abitare e del morire” maturato sotto il sole cocente di una calda estate siciliana.
(1) Quadro +, 220 x 180 cm olio e spray su tela; olio su tela, 56 x 78 cm. 2015
(2) I terribili disegni della morte, 13 disegni, olio su scotch, fusaggine su carta, 23 x 33 cm., 2015-16
(3) A Perfect Day, 2016, veduta della mostra (le marine e gli spolveri di Nostre inesistenze).
(4) A Perfect Day, Immersione, dettaglio installazione, olio su tela, olio su scotch, 134 x 83 cm., spolvero a parete, 2015-16
(5) A Perfect Day, Ultimo giorno, dettaglio dell’installazione, olio su tela, pigmento, 147 x 87 cm., spolvero a parete, 2015-16
(6) A Perfect Day, dettaglio dell’installazione Pisciotto, olio su tela, pigmento a parete, 2015- 16
Intervista a Francesco Lauretta
di Giuseppe Mendolia Calella
Chi è Francesco Lauretta?
Sono un uomo curioso e più invecchio e più mi pare di scoprire cose nuove, trovo cose sempre più interessanti ed entusiasmanti: sono un Inesistenzialista.
Che musica ascolti?
Arca, Sufian Stevens, Richie Hautin, Julia Holter, Sightings, Ivan Fedele, Evan Parker, Salvatore Sciarrino, Earnest Rubbish, Low, Verdi diretto da Harnoncourt, SPOHR Ludwig, Gesualdo da Venosa, Francesco Corteccia, altri.
Qual è l’ultimo libro che hai letto?
Mercoledì prossimo sono stato invitato a curare Lo scaffale del libro alla Brac: tra le cose avevamo provato ad invitare Mathias Énard ma non riusciva a passare per la serata, in febbraio. Attendo con curiosità il suo nuovo romanzo, Boussole, fresco di vittoria del Premio Gouncourt. Appena chiuso Gli Increati di Antonio Moresco & Memoriali sul caso Schumann di Filippo Tuena. (1)
Raccontaci brevemente di te…
Sono nato in un cortile di un remoto paesino siciliano negli anni 60, cresciuto sognando di fare l’artista. Presto ho lasciato l’isola e sono andato a Venezia dove ho studiato con Emilio Vedova e sono diventato amico di James Lee Byars. Terminata l’Accademia mi sono trasferito a Torino. Ho conosciuto e ho lavorato con i suoi artisti poveristi. Poi è iniziato il mio lavoro tormentato per capire come potessi aggiungere millimetri al medium della pittura, come condurla avanti, come reinventarla, irradiarne le possibilità e questo lavoro è stato infernale, complesso ed eccitante allo stesso tempo perché mi si sono spalancati mondi, brecce feconde che devo solo spiegare e che sto spiegando da alcuni anni a questa parte.
Quali artisti apprezzi particolarmente?
Amo gli artisti ambiziosi che aprono mondi senza paure, e formano futuro. Un esempio recente sta esponendo all’Hangar Bicocca.
C’è stato un evento che ha segnato una svolta nella tua ricerca?
Quando ho mandato a quel paese una serie di galleristi ignoranti.
Quale definizione impiegheresti per il tuo lavoro?
Finché formavo, distruggevo e mi rianimavo intorno al medium della pittura –poi risolto- mi definivo Ingegnere. Da alcuni anni ho scoperto di essere un Inesistenzialista.
Come definiresti il panorama artistico siciliano e italiano in generale?
Eccitante e pericoloso, in Sicilia: ci sono molti giovani entusiasti e molti sono bravi-ssimi, spero riescano a lavorare bene: il tempo è malvagio e loro debbono solo difendersi da esso. Le cose migliori, una estrema libertà e fecondità straordinarie le vedo in altri paesi. L’italiano in genere è deprimente.
A perfect day è il titolo della tua ultima mostra curata da Pietro Gaglianò a inaugurata lo scorso 11 febbraio presso la Srisa Gallery of Contemporary art di Firenze. Parlaci di questo progetto…
Stressati: si sta bene così mi dicevo, si dà un contributo alla società se ci si stressa. Così ho raggiunto la mia isola la scorsa estate, e sono andato al mare. Consapevolmente, ho deciso di comprendere uno stato per me innaturale e forse impossibile dello stare al mondo. Mi sono informato ed organizzato a trascorrere un mese esatto privato di ogni cosa, senza desideri, davanti al mare, il Mediterraneo, andavo e me ne stavo come un Dio. Davanti a me era l’immenso, sole, mare, vento, assoluta libertà, assoluta invenzione, l’invenzione dello stare soli, assoli, mare contro mare, tra io e me: stavo. Quotidianamente registravo questo stare, nel big ben, per un mese ho vissuto come non fosse vero vivere, come non è possibile vivere e così sono stato e non, quasi invisibile, annientato ero, pura inesistenza. Ogni giorno ho scritto, registrato quanto mi svegliava da quell’oblio: prendevo appunti, ascoltavo, leggevo, cantavo, disegnavo, vedevo incantato: e tutto senza fare questo. Non c’è stato momento che non fossi stato visitato. Ho ancora due Moleskine piene e mai scaricate e che lentamente, quando vi butto l’occhio, si svuotano di contenuto: le parole scritte, le note, i disegni e quant’altro tracciati con una matita dura sono destinati a cancellarsi. Dentro quei fogli sta il segreto -se ve n’è uno-, dentro quei fogli resiste e aleggia l’invenzione. Posso salvarmi partendo solo dalla mia vita ridefinendola e reinventandola per la scalata del Mont Improbable. In breve era successo quanto era successo a Rousseau. Ma questo l’ho scoperto dopo, fortunatamente. A perfect day è nato così da questo trapasso inconscio, noggetto, e poi lentamente, sempre più solo, isolato abbandonato è cresciuto il progetto convenendo che dietro quello strappo temporale c’era il resto, il prima e il dopo, così che ho intuito prima e poi fortemente desiderato che quello stare convesso al mondo era ed è, come ogni libertà ed invenzione, denso di un presagio oscuro, magnetico, incombente perché s’avverte lo sgomento montante per una forza pronta a scatenarsi oltre il limite, irrevocabile. Da quel momento ho iniziato prima a dipingere a piene mani le marine e solo dopo sono ritornato alle tracce di spolveri –coloratissimi cimiteri- che sono impronte del misfatto del suo compiersi; amoralità e violenza come parte costitutiva della stessa verginità incessantemente perduta della natura: in questo mare-mondo animico manca la psicosi. In breve ho aderito e mi sono reso disponibile all’improbabile. Stando ai piedi dell’isola inoltre, a Porto Ulisse, stavo al posto giusto e al momento giusto.
Hai già qualche nuovo impegno per i prossimi mesi? a cosa stai lavorando?
Tra una settimana a L’Aquila inauguro una nuova personale dal titolo: Esistenze|Inesistenze. A L’Aquila accedo realizzando un lavoro sospeso, sopra le nostre teste e sotto i nostri piedi.
(1)
1 Fernando Pessoa Libro dell’inquietudine, Letture Einaudi 2012
2. Michel Houllebecq La carta e il territorio, Bompiani 2010
3 Énard Mathias Zona, Rizzoli 2011
4 Franz Kafka Il messaggio dell’imperatore, Piccola Biblioteca Adelphi, 1981
5 Henri Michaux Brecce, Biblioteca Adelphi, 1984
6 John Cheveer Una specie di solitudine, Feltrinelli 2013
7 Roberto Bolaño 2666 Adelphi 2013
8 Cornac Mc Carthy Trilogia della frontiera, Einaudi 2015
9 W. G. Sebald Austerlitz, Adelphi 2002
10 J.M. Coetzee Vergogna, Coralli Einaudi 2000
(1)
(2)
(3)
(Copertina) La morte bella, dettaglio, A perfect day, 2016
(1) Esercizio 1, olio oro e pigmenti su tela, 198 x 158 cm. 2013.
(2) Autoritratto postum(i)ano, 2014.
(3) Stanza terza o resurrettiva, disegni del mattino, anno 2013.