Art

Intervista a Francesco De Grandi
di Cristina Costanzo

Francesco De Grandi e’ il protagonista della mostra “City Centre / Città di Palermo / Francesco De Grandi / Wood#3”, promossa dalla Fondazione Gervasuti e curata da Laura Barreca e Valentina Bruschi per Arthub Med con il sostegno di Elenka.
L’interessante e visionario intervento site specific ideato dall’artista palermitano classe 1968 fa parte di un ambizioso progetto che ha già fatto tappa alla Biennale di Shangai con la mostra “Palermo Felicissima” ed intende collocare l’arte siciliana al centro del panorama internazionale.
Dopo il successo riscosso in Cina, Palermo, insieme alle città di Lima e Djanku, è stata selezionata per far parte del più ampio progetto espositivo “Shanghai e Venezia Present: City Centre, Diankou, Lima, Palermo”, nell’ambito del quale è promossa “City Centre / Città di Palermo / Francesco De Grandi / Wood#3”.

Di questo e di molto altro discutiamo con l’artista Francesco De Grandi.

Chi è Francesco De Grandi? Raccontaci brevemente di te…
Parlare di se stessi è difficile, forse impossibile. La percezione che ho di me stesso è complessa e spesso non potrei definirla, fidarsi di se stessi? O dell’immagine riflessa di chi ti guarda? So di certo che sono pittore, fino all’ultimo, so che ciò che passa dalla mia mente a brevissimo passerà dalle mie mani e incontrerà una superficie, che sarà sporcata dai miei segni.

Quali artisti ami particolarmente?
Amo tutti gli artisti che esprimono un contenuto di verità rispetto a se stessi e alla motivazione profonda che li spinge a produrre arte. Cerco ancora una funzione, che non sia una sorta di “professionismo estetico”, ma che risponda a motivazioni profonde e immutabili. Quando sento questa vibrazione riesco ancora a commuovermi

C’è stato un evento o un incontro capace di segnare una svolta nella tua ricerca?
Incontrare la mia vita, farla diventare una forma. Essere unito e non scisso, in questo percorso ho incontrato molti maestri, medici, filosofi. Mi ritengo fortunato. Ma non farò nomi, non lo gradirebbero.

Nel 2011 la GAM Galleria d’Arte Moderna di Palermo ha ospitato la tua mostra personale Il Passaggio difficile. In occasioni come questa è stato possibile apprezzarti come pittore, per il nuovo progetto veneziano ti confronti invece con un ambiente architettonico riflettendo sulla percezione dello spazio. Com’è nata questa idea? In che modo ti sei confrontato con un nuovo contesto?
Non credo che in questo progetto abbia fatto qualcosa di diverso dal dipingere. Alla Gam di Palermo ho fatto un’opera corale che trasformava le tre stanze in contenitori mentali, scatole craniche percorribili, passaggi di stato. A Venezia ho realizzato una pittura murale che gioca con l’inganno come nella migliore tradizione delle pitture murali. Avrei potuto usare una proiezione, una stampa su pvc ecc. ecc. ma l’ho comunque dipinta, mi sono messo da solo di fronte al muro, con il minimo livello di mediazione possibile. Ogni lavoro interagisce con lo spazio che occupa, ed è ovvio che se fai un muro l’interazione sarà con tutto il suo contesto, nel caso del muro della fondazione Gervasuti a Venezia c’è l’imitazione della natura circostante, che ha aumentato il livello di alterazione dello spazio unito alla luminescenza, ho inoltre concepito tre momenti temporali per la visione, la luce zenitale di mezzogiorno, il crepuscolo e la notte. A mezzogiorno i colori degli alberi dipinti sono esattamente in tono con il paesaggio circostante, il fosforo contenuto nella pittura accumula luce durante il giorno per restituirla per poche ore al crepuscolo creando una microluminescenza che rende il fondo della stessa luminosità del cielo, la notte le luci di wood accendono il muro trasportandoti in un luogo “altro” completamente immaginifico.

Alla luce di questa nuova esperienza, come definisci il tuo lavoro?
Il mio lavoro rimane un lavoro “aperto”, questo per me è importante. Confrontarsi con la pittura, che è un dono, non è semplice. Non è una cosa che scegli, è lì da sempre, ed esiste da sempre. È piena di trappole, di fraintendimenti e di auto-esclusioni. La pittura è ancora un dibattito aperto, ma è fortemente legata a processi di manipolazione della materia molto sottili, ed è legata al nucleo intimo del genere umano, quindi di non facile collocazione e lettura. Inoltre credo che la critica d’arte abbia lentamente perso il suo linguaggio sulla pittura, e raro trovare chi la legge allontanandosi dalla rappresentazione, slegandosi dalla sua immagine. Guardando al “come” e al “cosa” come in un indistricabile tutto.

Negli ultimi due anni hai preso parte ad eventi volti a rilanciare l’arte siciliana a livello internazionale. Come definiresti il panorama artistico siciliano?
Il panorama è ampio e molto vivo, la macchina dirigenziale lenta, oziosa come in una giornata di caldo afoso, le intenzioni politiche ci sono, ma non ci sono soldi. Quindi si deve trovare il modo di operare a costi contenuti, rieducarsi all’idea di comunità, chiedere trasparenza e reinventarsi i modelli di gestione. È la grande scommessa, ci stiamo provando! Venite a Zac! Inoltre grazie alla lungimiranza di uomini che ancora credono nel “mecenatismo” si realizzano progetti di grande qualità, come questo di Venezia che è stato realizzato con l’importante contributo di Francesco Galvagno – Elenka s.p.a. e altri che stanno provando a riavviare la macchina culturale a Palermo.
Come il tedesco Michael Kurtlander presidente della Kunstverein di Düsseldorf, che grazie alla generosità di Andrea Di Marco ha cominciato ad amare Palermo e ha coinvolto Alessandro Pinto, Alessandro Bazan, Silvia Renda e me in un progetto di scambi culturali tra Palermo e la Germania. Nulla è sistema qui, tutto nasce come un’erbaccia tra le rovine. La terribile malacreanza agisce come diserbante.
Ce la faremo? Lo permetteranno? O verremo stritolati come al solito dal tenace proposito che qui non deve crescere niente?

Stai già lavorando a un nuovo progetto, puoi anticiparci qualcosa?
Ho appena concluso una serie di disegni che andranno al Goethe Museum di Düsseldorf, a fine agosto, per una mostra a quattro con Alessandro Bazan, Fulvio Di Piazza, Andrea Di Marco, curata da Alessandro Pinto. Sarà una mostra di opere su carta che dialogheranno con gli acquarelli, i manoscritti, i libri del grande poeta tedesco, ciò che Goethe trovò a Palermo e segnò il suo immaginario resiste ancora nei nostri lavori, sarà un lavoro di connessioni e di imprevedibili assonanze.
Esiste poi il quotidiano lavoro con la pittura: un progetto che dura tutta la vita e che esiste ogni giorno a prescindere dalle occasioni espositive, dallo stato delle cose fuori dallo studio.

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(1)/(4) Francesco De Grandi, “Wood#3 Hortus simplicium”, 2013, wallpainting, Fondazione Gervasuti, Venezia, tempera luminescente su muro, luci di wood. Courtesy Francesco De Grandi e Fondazione Gervasuti, Venezia.
(5) Francesco De Grandi, “pf-light”, 2013, tempera luminescente su carta, cm. 35×50, Collezione privata.

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