COME LENZUOLA AL VENTO
Un’attualizzazione del manifesto
Siamo nell’epoca del “Postutto”, ma in realtà lo eravamo già più di trent’anni fa. Il crollo delle ideologie era già avvenuto infatti quando Augusto De Campos pubblicò la sua poesia visiva a questo proposito che riporto qui in traduzione:
«HO VOLUTO/ CAMBIAR TUTTO/ HO CAMBIATO TUTTO/ ADESSO POSTUTTO/ EXTUTTO/ MUTO»
La poesia denuncia la presa di posizione rispetto al definitivo scollamento dell’arte dall’ideologia politica, in seguito alla delusione provocata dai suoi rappresentanti. Il suo contenuto risulta però oggi incredibilmente attuale, alla luce del periodo di totale ridefinizione che stiamo vivendo.
I nostri statuti quotidiani, così come forse i nostri sistemi di valori, si sono trovati investiti come lenzuola al vento della crisi pandemica. Il titolo della mostra, curata da Sabrina Losenno e Beatrice Marotta per Innesto Spazi di Ricerca, risulta estremamente icastico nel rendere il periodo di continuo ri-assestamento che sta vivendo la società di cui, ancora una volta, sono proprio gli artisti i più lungimiranti e forse inconsapevoli interpreti. La capacità tecnica e la sfera semantica del termine “artista” si sarà anche dilatata, col passare del tempo, con esiti anche fortemente contrastanti se non dissacratori; ma il valore critico sull’attualità è rimasto il perno su cui si fonda la definizione estremamente controversa di “opera d’arte”.
In un momento in cui il contesto delle mostre in presenza è stato brutalmente negato, lasciando spazio prevalentemente al linguaggio social, rapido e incisivo, Innesto ha deciso di dare il proprio spazio di parola in tal senso agli artisti mettendo loro a disposizione un nuovo contesto espositivo – la pagina Instagram – e un diverso tipo di medium personalizzabile – il manifesto.
manifèsto2 s. m. [uso sostantivato dell’agg. prec.]. – 1. Foglio di carta, più o meno ampio, che si affigge sui muri delle strade, o su sostegni fissi appositamente collocati, per rendere noto a tutti ciò che vi è stampato (avvisi, ordinanze, programmi politici, slogan, ecc.). Anche, avviso o annuncio pubblicitario su foglio, o cartellone, molto ampio, spesso con disegni a colori vivaci atti a richiamare l’attenzione del pubblico, che si espone anch’esso sui muri delle città, all’interno di locali aperti al pubblico, o, entro riquadri a ciò predisposti, lungo alcune vie di comunicazione: attaccare, affiggere, strappare i manifesti. 2. Programma politico o culturale lanciato da partiti, da gruppi o da correnti.
Questi sono le due accezioni del termine che la Treccani riporta e che hanno come elementi comuni: il materiale cartaceo, la forma rettangolare, l’estrema visibilità, la profonda chiarezza comunicativa del messaggio, il contenuto pubblicitario o persuasivo. Un sistema quindi dai margini molto rigidi.
Il manifesto d’artista al contrario, come l’ha interpretato la curatela della mostra e gli artisti, è estremamente variabile sia nelle tecniche sia nei significati. Il messaggio di ogni statement è infatti estremamente soggettivo sia nell’elaborazione da parte dell’artista sia nell’interpretazione che il visitatore del profilo può attribuirgli.
C’è chi, come Aurora Bertoli, ha tracciato letteralmente i punti del manifesto e poi li ha uniti a formare una figura, interiore come esteriore, facendo sì che forma e contenuto si identificassero. C’è poi il progetto Miami Safari che invece manifesta la vaporizzazione dell’identità facendo emergere la creazione di un nuovo significato dalla ripetizione e riproduzione di un messaggio-sequenza originale. Giulia Crivellaro invece utilizza il trompe-l’oeil e l’analogia visiva per aprire, tramite l’innesto iconografico, il ventaglio iconologico. Luca Arboccò gioca pure sul paradosso ma tramite la combinazione di due media: aggiungendo il digitale sottrae il pittorico al quadro. I fratelli Papetti con Spalato Wyale operano un mix musicale e grafico che si innesta con il diretto intervento del pubblico. La riflessione sul segno di Guenda Bondini qui coincide con il simbolo più iconico della (s)connessione pandemica, dell’intermittenza continua tra chiusura e apertura: la finestra. Anche la torre del gioco Jenga, fotografata da Marta Braggio, iconicizza lo stato di continuo riassestamento emergenziale: sembra un gioco di strategia quello in cui la società si sta muovendo; una sfida in cui ogni mossa non può che derivare esclusivamente da quella immediatamente precedente.
Le curatrici hanno sottolineato il valore temporaneo di ogni manifesto, seguendo il ragionamento che, essendo gli artisti interpreti del proprio tempo ed essendo questo in continua mutazione, sarà interessante in futuro osservare l’avvenuta metamorfosi di questi sincronici statuti. Proprio su questo senno di poi si è deciso di creare un catalogo – anche questo online – scaricabile in pdf a questo link.
Non tutto quel che è social vien per nuocere, come esemplifica perfettamente nel testo critico la curatrice Giorgia Bergantin:
«La situazione è scoraggiante ma non impossibile da reggere: i social network possiedono il grande potere della connessione umana. Il servizio di condivisione che ci offrono alleggerisce la nostra angoscia di isolamento e permette di riconoscerci ancora come esseri sociali. Seppur vincolati da un perenne ritardo della risposta, abbiamo deciso di esprimere i nostri pensieri riadattandoli ai formati video ed immagine. Una volta riconosciuta l’importanza di generare prodotti multimediali come rivelazione di sé, ne valorizziamo la possibile adesione collettiva».
In copertina: locandina di “Come lenzuola al vento”