Tre memorie
In the flesh: intimate perspectives on the collective, una mostra a Galleria Ramo
Gli spazi di Galleria Ramo a Como ospitano In the flesh, una mostra collettiva di Lucrezia Costa, Ilaria Cuccagna e Gianna Dispenza con un testo di Edoardo Durante. I lavori selezionati comunicano tra di loro offrendo una linea narrativa coerente, tra individuale ed universale.
Inaugurata il 13 maggio negli spazi di Galleria Ramo, Como, la mostra collettiva In the flesh: intimate perspectives on the collective, che vede coinvolti i lavori di Lucrezia Costa (1996, Italia), Ilaria Cuccagna (1981, Italia) e Gianna Dispenza (1990, USA), con un testo critico di Edoardo Durante.
Il ritmo della mostra è scandito dalle conversazioni che si instaurano tra le opere delle artiste. Sebbene infatti i lavori nello spazio della galleria preservino una propria indipendenza a livello spaziale, formale e concettuale, si possono intercettare traiettorie comuni alle tre pratiche.
Si crea un ambiente coerente a livello visivo, senza contrasti evidenti. Le complessità della natura umana vengono declinate dalle artiste attraverso metodi distinti ma accomunati da un focus sulla scelta dei materiali e la loro successiva lavorazione. Gianna Dispenza – la cui scultura Spine, 2022, apre la mostra occupando verticalmente lo spazio della prima sala – procede individuando sentimenti ed immagini archetipici distinguibili nella storia dell’arte e più in generale assimilabili a tutte le forme dell’attività umana.
Gli archetipi, difatti, emergono nelle arti, nelle religioni, nelle usanze sociali di tutti i popoli, e possono essere individuati come modelli fondamentali dell’esistenza dell’uomo. È dalle forme di questo dizionario assoluto ed autonomo che Dispenza sembra attingere, presentando sculture e dipinti realizzati con materiali come l’argilla, anch’essa materia primigenia.
Nella pratica di Lucrezia Costa l’argilla occupa una posizione centrale. Per In the flesh, viene presentato uno dei progetti più recenti dell’artista, Trentatré ovvero tre rampe da undici gradini, una serie iniziata nel 2022 e tutt’ora in corso. In galleria espone una selezione delle maschere in terracotta che compongono quel che può essere definito come archivio partecipato del dolore. Costa chiede, a chi lo desidera, di compilare un form dove viene chiesto di condividere anonimamente il proprio trauma e l’essere animato con cui lo si identifica. Dopo aver raccolto queste testimonianze l’artista realizza le maschere, seguendo le indicazioni lasciate da ciasunə partecipantə.
La letterale esposizione dei dolori individuali – che si fanno unico dolore condiviso – appare non tanto come un’operazione esorcizzante, ma più come il tentativo di dare corpo a quest’ultimo. L’artista dedica, appunto, al dolore, prima un tempo, nel processo di modellazione dell’argilla, e poi uno spazio, al momento dell’allestimento. L’azione di Costa è scandita da una necessità personale ma è inseribile in un più ampio movimento di opposizione a un sistema che riduce le dinamiche sociali al binomio utile-inutile, stigmatizzando ciò che non è produttivo.
Un rifiuto del tempo accelerato si legge anche nei lavori di Ilaria Cuccagna, che si delineano in una dimensione archeologica tra passato e futuro. A Como presenta un corpo di lavori dai connotati ricorrenti, che fanno convivere forme della scultura e architettura antiche con materiali industriali e di recupero. Cuccagna sembra voler fissare nelle sue sculture le immagini che sfuggono alla memoria contemporanea, dando forma a delle composizioni sospese tra la nozioni di ricostruzione e decadenza. L’opera
Lake Sculpture, 2020-2023, visibile nella seconda sala, interrompe ma riattiva il tempo della mostra con la sua orizzontalità e la presenza dell’elemento acqua che si distingue dalla conformità dei materiali presenti nello spazio.
In the flesh: intimate perspectives on the collective suggerisce, attraverso tre approcci differenti, un movimento circolare virtuoso che da individuale tende a plurale e viceversa. Senza la pretesa di imporre una visione univoca, le opere in mostra evocano una condizione umana frammentata ma riconducibile a delle coordinate stabili. Così Costa, Cuccagna e Dispenza delineano un corridoio di comprensione delle fragilità proprie dell’uomo che si declinano in metodi di resistenza al contemporaneo.
Photo credits: Simon J. V. David