Editoriale

 

Il sublime datamoshing:

Francesco Ciavaglioli

 

Nella spirituale concezione romantica dell’arte, attraverso il complicato concetto di sublime, si è cercato di infondere nuove disposizioni allo spirito umano che, tanto traviato dalle vicende storiche e sociali, volge il suo sguardo verso tutto ciò che appariva misterioso, ignoto ma, senza dubbio alcuno, guidato dal sentimento.

Oggi lo spirito umano subisce le medesime complicazioni, in materia di vicende storiche e sociali… Il tutto condito da una sana spersonalizzazione e disatteso coinvolgimento sentimentale, non perché assente ma perché di difficile collocazione. Un’attenzione maggiore alla forma rapisce la verità dell’essenza è crea nuovi linguaggi che poco alla volta coinvolgono sempre meno e dominano la superficie, a scapito di un’interiorità ancora complessa e magnifica come solo quella umana può rivelarsi.

Attraverso un sapiente lavoro di “insinuazioni” Francesco Ciavaglioli ci conduce all’interno di un turbine tempestoso che alle volte lascia il passo a un glitch; una visione distorta e disturbata che, proprio nella sua indole disturbante, costringe all’attenzione, invita a soffermarsi, scuote dal torpore la visione e aggancia l’osservatore restituendogli la possibilità di decidere se soffermarsi e lasciarsi affascinare da ciò che non comprende del tutto, o perdersi senza nessuna riflessione, ma solo per il gusto di carpire una briciola d’ignoto.

Francesco Ciavaglioli spiega le sue scelte di mezzi e linguaggi.

 

Il sapore romantico che ha il tuo lavoro video, installato nella Chiesa del Suffragio nel centro arti visive Pescheria di Pesaro, restituisce una visione che si aggancia a concetti attuali. Come è arrivata questa volontà?

Fin dai miei studi in accademia ho sempre trovato interessante come le immagini potessero mettere in contatto epoche totalmente diverse. Credo infatti che il potere delle immagini – e quindi anche dell’arte – sia proprio quello di metterci a confronto con l’umanità di ogni tempo, di interrogarci incessantemente.

In questo caso è la pittura di William Turner in relazione al fenomeno digitale del datamoshing il meccanismo attraverso il quale si sviluppa il senso dell’installazione. La mia volontà era quella di restituire l’immaginario distruttivo della tempesta in un ambiente digitale. Per quanto oggi il nostro mondo visivo sia tecnologico, definito da device sempre più performanti persiste la possibilità di una sublime minaccia, un bug che, come la pittura di Turner, consuma la forma per rivelare un’energia indomabile.

 

Il messaggio del tuo linguaggio ha diversi mezzi di divulgazione; il colore è uno di questi… Ce ne parli nello specifico ma anche più in generale?

Certamente il colore è uno degli elementi preponderanti di questa installazione.
Essendo questo video il risultato di un processo di distorsione in larga parte casuale, il colore trascende la rappresentazione naturale e, anche se non in senso tradizionale, esprime una vera e propria dimensione pittorica. Per questo con Marcello Smarrelli abbiamo deciso di definire questa installazione una “pittura espansa”.
In Lossy l’approccio al colore può essere analogo a quello di Stan Brakhage e alle sue sperimentazioni su pellicola. Un esercizio di azione e reazione tra l’uomo e il mezzo tecnico.

Lossy è un progetto nato nel 2014 che si è evoluto negli anni fino ad arrivare nella sua versione più completa e immersiva nella Chiesa del Suffragio, tuttavia i miei lavori più recenti si concentrano sulla pittura vera e propria e il colore è invece estremamente ponderato.
I miei paesaggi pittorici sono giardini scenografici che si basano sulla sovrapposizione di piani e il colore serve appunto a restituire questa profondità senza tuttavia rappresentare uno spazio naturale, per così dire, realistico.

 

Francesco Ciavaglioli, LOSSY, installation view.

Francesco Ciavaglioli, LOSSY, installation view.

 

Cosa vuol dire per te realizzare un progetto site-specific?

Il mio lavoro sta progressivamente conquistando l’ambiente espositivo, ciò che si trova nello  spazio “privilegiato” della tela si riverbera nelle pareti e su elementi mobili che cercano di riscrivere una nuova architettura.
Per me lavorare site-specific significa proprio trasformare l’ambiente in qualcosa di nuovo. Non è solo una questione di lavorare “su misura” o su un significato simbolico specifico di un certo luogo; è reimmaginare lo spazio e l’esperienza di esso. È portare lo spettatore-visitatore in un’altra dimensione e contemporaneamente esprimere una pittura che occupa lo spazio e che “fa” spazio.

 

Nello spazio della Chiesa del Suffragio del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro, la mostra “Lossy / Expanded Painting, a cura di Marcello Smarelli e promossa dal Comune di Pesaro e dalla Fondazione Pescheria – Centro Arti Visive, è visitabile il progetto site-specific di Francesco Ciavaglioli, fino al 23 febbraio 2025.

L’artista esplicita la sua ricerca attraverso una costante sperimentazione che vede sempre camminare di pari passo l’immagine pittorica con l’elaborazione digitale; di questa sfrutta i mezzi per i suoi fini stilistici e artistici, deducendo così una dualità essenziale ma dove ciò che emerge maggiormente è la volontà pittorica e del colore.

Francesco Ciavaglioli sovverte la naturale propensione all’abbandono della concezione “analogica”, facendo della tecnologia un mezzo che arricchisce e eleva, senza mai prendere il sopravvento.