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Intervista a Cristina Gardumi

 

Si muove tra pittura, sperimentazioni performative e teatro il lavoro e la ricerca di Cristina Gardumi (www.cristinagardumi.com). “Il mio ideale d’artista è quello che sa parlare tanti linguaggi e metterli insieme, traendo il massimo dell’efficacia da ognuno”, nel tentativo di generare una visione poliedrica e ancora più complessa della figura dell’artista e del suo lavoro.

 

Diplomata in Pittura all’Accademia di Belle Arti G.B. Cignaroli di Verona e poi in recitazione all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma. Un percorso ricco tra arti visive e performative. Raccontaci brevemente gli inizi e la tua formazione.

Sono una di quegli ardimentosi (incoscienti o ritardatari) che hanno cambiato all’improvviso il loro corso di studi, deviando in modo apparentemente brusco verso l’arte. All’Accademia di Verona ho trovato un nido sicuro in cui formarmi sotto la guida d’eccezione, di personaggi importanti come il meraviglioso poeta Roberto Sanesi e il mio maestro di pittura Renzo Margonari, senza dimenticare l’artista Leonardo Santoli con cui continuo a tenermi in contatto e i tanti colleghi che hanno studiato con me. Mi hanno aiutato a gettare fondamenta salde per costruire un mondo il più possibile variegato e poliedrico, molto aperto alla contaminazione. A Verona infatti ho iniziato a maturare anche una certa inquietudine. A sentire che mancava qualcosa e a capire che il mio ideale d’artista è quello che sa parlare tanti linguaggi e metterli insieme, traendo il massimo dell’efficacia da ognuno. Non a caso proprio da un avviso appeso in Accademia ho letto di un corso di teatro off che tenevano in città; ho sentito il bisogno impellente di iscrivermi. La mia priorità era l’espressione e volevo acquisire nuovi strumenti. In seguito ho sperimentato le prime performance con la mia prima Associazione “Casa Infanta”. La nostra sede era proprio sopra il notissimo cortile della casa di Giulietta al Teatro Nuovo che ci aveva generosamente accolto. Sono stati mesi bellissimi, di intensa sperimentazione per me e i miei compagni di viaggio, tutti giovani artisti usciti dalla Cignaroli. Poi è arrivato l’incontro con Massimo Di Michele, regista e attore di Roma. Lui mi ha incoraggiato a tentare anche la strada dell’Accademia di Arte Drammatica. La curiosità di scoprire cosa avrebbe aggiunto alla mia formazione mi ha spinto in quella direzione e miracolosamente ho passato le selezioni. I tre anni alla Silvio d’Amico sono stati una continua prova di pazienza e perseveranza. Mi hanno dato moltissimo facendomi affrontare tante paure e demoni che fino ad allora mi ero limitata a guardare da lontano, e talvolta a ritrarre nelle grandi tele astratte che producevo allora. Lì li guardati per la prima volta in faccia, mi sono battuta con loro e alla fine ci ho stretto amicizia.

 

Come, nel tuo lavoro, la pittura interagisce con la recitazione?

A parte l’ambito “performance” che ho ripreso ad esplorare nell’ultimo periodo con il lavoro “Leggi me” in cui io divento un libro da sfogliare con tanto di illustrazioni ed “effetti sonori” live, credo che nel disegno, nel modo in cui do forma al mio mondo, il teatro giochi un ruolo importante. Nella prossemica dei personaggi, ad esempio, il modo in cui voglio gestire la “scena” che mostro sul foglio. Mi piace creare situazioni paradossali e farci giocare le mie “bestie”, vedere come reagiscono (o forse come reagisce chi guarda l’opera).
Mi rendo conto di considerarli quasi degli attori che improvvisano in date situazioni imposte dall’alto da me, in contesti spesso spiazzanti o crudeli… Forse sono anche io come certi registi senza cuore che ho incontrato nella mia carriera di attrice!

 

 

Che musica ascolti? Qual è l’ultimo libro che hai letto? Quali gli artisti che più ti hanno segnato?

Anche i miei gusti musicali sono piuttosto variegati. Dipendono dal periodo. Un mio must da quest’estate è il primo David Bowie, ma poi passo dai Muse e Eminem, alle Variazioni Goldberg suonate da Gould, con una costante ossessione per i primi album di Tori Amos e i Queen.
In questo momento sto leggendo finalmente il monumentale 1Q86 di Murakami, sono a pagina 606, ansiosa di proseguire, ma ho un debole per la forma del racconto breve, sullo stile di Munroe, Carver e soprattutto di Cheever che amo molto. Sul comodino ho anche dei fumetti d’autore: Nicholas De Crecy, Jessie Jacobs e due italiani che ho la fortuna di conoscere di persona, “Rufolo” di Fabio Tonetto e “Brucia” di Silvia Rocchi. Ve li consiglio :). Tra gli artisti che amo vi cito William Kentridge, Cy Twombly, Kiki Smith, Sarah Lucas, Sophie Calle, David Lynch e naturalmente sua maestà Louise Bourgeois. Chiedo scusa ai trecento altri che non ho nominato.

 

Quale definizione impiegheresti per il tuo lavoro?

Non amo le definizioni, però mi ha fatto molto ridere come una ragazza una volta ha parlato di me: “Ma sì, ho capito! Sei Beatrix Potter dark”. Onoratissima, Miss Potter!

 

In preparazione anche 2 o 3 progetti espositivi… Vuoi dirci qualcosa in più anche sulle tue prossime mostre?

Volentieri! Sto lavorando a una personale con Burning Giraffe Art Gallery a Torino, a cura di Alessandra Ioalé. La mostra inaugurerà il 22 marzo, si intitola Her/Herr ed è parte di un progetto più ampio che porto avanti con Alessandra e che riguarda l’identità di genere, e in particolare, in questa seconda fase, il confine liquido che separa il maschile e il femminile contemporanei. Mentre lo scorso anno a Firenze nella mostra Puellae, manuale di nascondimento per la fanciulla contemporanea, ho affrontato il tema della femmina come bambina e madre, dando forma a una serie di divinità del focolare contemporanee, indipendenti sempre e comunque, ora è la volta del Maschio. Mi sono chiesta come fa un’artista-donna a scalfire la dura corazza dell’uomo di oggi e cerco la risposta nel gioco al travestimento. Il mio lavoro vuole essere un’innocente trappola. Il tratto apparentemente illustrativo e infantile di solito porta ad abbassare le difese in chi guarda, è accattivante, e permette di comunicare contenuti più scomodi e profondi in modo quasi subliminale. Mi piacerebbe a maggior ragione per questa nuova avventura tentare di sovvertire la comune dialettica Preda/Cacciatore, stanare le piccole ossessioni e i turbamenti maschili. Fare tana al maschio Alfa mostrandogli tutta l’ambiguità che ogni aspetto della realtà può nascondere. Lui compreso… Lo farò attraverso il disegno, inchiostro su immagini fotografiche d’epoca e su stoffa, e l’animazione video, un terreno quest’ultimo che sto esplorando da qualche anno e che ha per me un potenziale enorme.
Dal 19 aprile invece ho l’onore di esporre al fianco del maestro Mauro Balletti (lo storico artista delle copertine degli album di Mina, per intenderci) all’interno di uno spazio speciale come il Teatro India a Roma. Si tratta di una mostra organizzata in concomitanza e come contraltare allo spettacolo in scena nel teatro in quegli stessi giorni per la regia di Massimo Di Michele: “Echi”, interpretato dalle straordinarie attrici Francesca Ciocchetti e Federica Rosellini. E’ una grande occasione poter dialogare con un artista del calibro di Balletti in uno spazio straordinario come l’India! Vi aspettiamo numerosi!
Il terzo progetto è un’altra avventura romana. Sto realizzando due muri per Altrove Teatro Studio, una nuovissima realtà teatrale che inaugurerà il 19 febbraio in pieno centro. Si tratta di uno spazio bellissimo che apre le porte a nuove proposte teatrali. Il mio murales accoglie i visitatori e li accompagna per 10 lunghi metri fino alla soglia dello spazio, e raccoglie la mia personalissima versione di una cosmogonia teatrale.