Art

 

Falsi d’autore, ermeneutica, soggetti a interpretazione

 

Falsi d’autore è il risultato di due anni di lavoro in cui l’artista visiva Irene Lupi ha collaborato, tramite la social practice, con alcuni detenuti della Casa Circondariale di Siena, svelando inediti punti di vista sull’arte contemporanea. 

 

Exhibitions are ambivalent spaces whose ability to evoke passionate subjective responses is intimately connected to the way in which they transmit the potency of the experiential to the viewer or participant in excess of the artwork.

 

La potency of the experiential ovvero la potenza di un collettivo artistico riesce a inglobare quella di ogni singola opera d’arte che, solo se recepita come parte di un tutto sarà in grado di generare interrogativi e riflessioni su una serie di storie più o meno complesse, raccontate con e attraverso l’arte.

Per capire e quindi apprezzare un’opera d’arte a noi contemporanea occorre la giusta dose di apertura mentale per coglierne tutte le novità, senza la premura di un giudizio frettoloso. Falsi d’autore, ermeneutica, soggetti a interpretazione è la mostra collettiva presentata all’interno della Casa Circondariale di Siena, che si inserisce in un più ampio progetto ideato e curato da Irene Lupi (Livorno, 1983), artista visiva e docente di Digital Multimedia e Art and Society presso il Siena Art Institute.

 

 

Partendo dall’assunto che All art has been contemporary dichiarato dall’installazione al neon di Maurizio Nannucci nel 1999, la mostra è concepita come un percorso guidato nell’antico e suggestivo chiostro del carcere maschile di Siena. Lungo il percorso si entra in contatto con le seguenti opere: Norologg senza hoor di Salvatore che si ispira a Untitled (Perfect Lovers), 1991 di Felix Gonzales Torres; Sospeso in giudizio, 2023 di Alessio che ha preso spunto da Maurizio Cattelan e dal suo tanto discusso A perfect Dayproseguendo s’incontra un’opera collettiva realizzata secondo i dettami stilistici dell’iconica serie di quadri specchianti di Michelangelo Pistoletto; poi ancora I miei giorni, 2022, opera di Tonino nonché citazione diretta dei Sunflowers seeds, 2011, dell’artista dissidente cinese Ai Wei Wei, realizzata con i calchi delle mani di Daniel; il perturbante teschio di Omar dal titolo Per l’amor di Dio, 2022 che prende come modello una delle opere d’arte più preziose al mondo ovvero For the love of God, 1995 del controverso artista inglese Damien Hirst, il percorso si conclude infine con Prospettive,2022, fotografia di Mirko che prende a modello uno dei tanti Study of prospective, 1995-2003, sempre di Ai Wei Wei.

L’installazione Untitled (Perfect Lovers) del 1991 si compone di due orologi perfettamente sincronizzati che rappresentano la metafora di un legame trascendente gli oggetti e il tempo. Nonostante il compagno di Torres sia morto prematuramente, il loro amore non si ferma, continua superando ogni limite. Con l’ausilio di vari oggetti, l’artista Felix Gonzales Torres invita i diversi fruitori a far parte della sua vita, ed è per questo motivo che la sua arte è stata definita relazionale. Francesco ha fatto dapprima crollare ogni numero dal quadrante di uno dei due orologi, pur lasciando il meccanismo delle lancette intatto, per fare emergere come nella sua condizione di carcerato la percezione del tempo sia totalmente diversa, questo non passa mai e le ore sembrano tutte uguali. In una seconda fase Salvatore ha poi deciso di scrivere una poesia in dialetto napoletano, dal titolo Norologg senza hoor in cui parla del tempo percepito fuori e dentro il carcere, “I minuti, le ore e i giorni non hanno la stessa valenza una volta varcata la soglia del carcere, ma allo stesso tempo si invecchia…”.

 

 

Se A Perfect Day di Maurizio Cattelan vuole essere l’ennesima provocazione diretta al sistema dell’arte, il solo modo per fermarlo sembra sia quello di avvolgere nello scotch il gallerista, vero protagonista in grado di determinare o meno il successo di un artista per mezzo di un sistema valoriale puramente economico. Alessio con Sospeso in giudizio, manifesto dell’evento espositivo, ha voluto fare tutt’altro perché ha rappresentato l’immane senso di colpa che sente gravare su di sé; punto di partenza per questo lavoro è stata la serie Home to go dell’artista Adrian Paci composto di quattro fotografie in cui un uomo è intento a trasportare sulle spalle il tetto della propria casa. Il tema su cui Paci vuole far riflettere è quello dell’immigrazione, mentre Alessio, che si fa appendere alle porte del carcere quasi come un Cristo in croce, vuole mostrarci tutto il suo fardello.

Tra i Quadri specchianti di Pistoletto troviamo una serie realizzata tra gli anni sessanta e settanta, in cui emerge una riflessione sugli animali chiusi nelle gabbie degli zoo: “Io mi trovo nello stesso posto del leone in gabbia”. La cosiddetta civiltà ha relegato ogni animale nella sua gabbia. I meno pericolosi, più docili e sottomessi li ha messi in grandi recinti comuni: le fabbriche, le case popolari, gli stadi sportivi […] Gli artisti sono isolati nelle Biennali di Venezia, nei teatri, nei musei e nelle manifestazioni organizzate. […] Ora noi sappiamo di essere Lo Zoo […]”. Qui la superficie specchiante si trasforma in una riflessione tra il dentro e il fuori, le sbarre e la libertà, Nicola è il soggetto prescelto. L’immagine non risulta nitida ma a tratti sfuocata e noi tutti abbiamo, anche se solo per qualche istante, la possibilità di riflettere e specchiarci sulla griglia metallica delle sbarre, percependo la disperazione altrui: chi è dentro e chi è fuori?

Ai Wei Wei con l’opera Sunflower Seeds del 2011 usa dei semi di girasole, mangiati indistintamente da tutte le classi sociali, dando vita ad un’opera di tipo esperienziale; ogni singolo seme è stato realizzato in porcellana dalle mani sapienti di artigiani cinesi ai quali ha affidato l’esecuzione dell’installazione per un totale di cento milioni di semi. Tonino nell’opera I miei giorni ha sostituito i semi in porcellana con dei chiodi in alluminio che tiene tra le sue fragili mani in gesso allo scopo di segnare lo scorrere del tempo durante la detenzione. Tonino non ha scelto un numero randomico ma ha realizzato centottanta chiodi che corrispondono al numero minimo di giorni che servono per essere giudicati in carcere.

 

Tonino, I miei giorni, 2022.

 

Damien Hirst lavora su temi esistenziali come la vita e la morte usando spesso la formaldeide per fissare il tempo che scorre inesorabile indistintamente su cose e persone. L’opera For the love of God, 1995 consiste in un teschio umano fuso in platino ricoperto da 8.601diamanti, Omar con il suo Per l’amor di Dio, 2022 non vuole riflettere sui massimi sistemi ma decide di ricoprire il teschio di mozziconi di sigaretta e adagiarlo poi su polvere di caffè, che i detenuti hanno gelosamente custodito a fini installativi, per condividere con noi il momento più prezioso dietro le sbarre, quello della pausa in cui è possibile scegliere cosa fare in uno spazio non troppo soffocante.

 

 

Infine Study of Prospective, 1995-2003 sempre di Ai Wei Wei, una serie di scatti fotografici immortalati un po’ ovunque nel mondo, che hanno come soggetto il dito medio dell’artista che mette in discussione le tipiche foto ricordo dei turisti invitando alla riflessione sul potere che certi luoghi possono esercitare. Mirko ogni volta che gira le sue spalle verso la finestra si ritrova sempre recluso, da qui il bisogno di esternare la sua frustrazione con il suo gesto che emula quello dell’artista orientale. Mirko ha scelto di denunciare un suo bisogno frenato dalla mancanza di libertà di movimento, vera sensazione di disagio in cui tutti possiamo immedesimarci.