Nuove forme di co-esistenza: la Fabula di Ivan Terranova
«Vi è mai capitato di esplorare un bosco di notte? La sensazione è quella di spaesamento. Ti senti sempre osservato da qualcuno». Fabula, il nuovo progetto espositivo di Ivan Terranova, ci invita a rileggere l’idea comune di bosco attraverso la scomparsa del Canis Lupus Cristaldi.
Bosco e selvatico sono due elementi che molto spesso risultano essere reciproci se non addirittura sinonimi. Eppure, cosa rimane oggi di quell’antico sentore selvatico? Cosa rimane oggi del bosco? Si è soliti pensare ad esso come spazio diurno, prosecuzione dei giardini cittadini o dei parchi pubblici; in realtà, il bosco è un eco-sistema estremamente complesso il cui vero aspetto sembrerebbe emergere non appena terminato l’ultimo raggio di luce e quando la presenza umana risulta ormai lontana.
Fabula (2023), il nuovo progetto espositivo di Ivan Terranova, ospitato negli spazi della Fondazione Brodbeck e a cura di Gianluca Collica, racconta l’azione dell’uomo sull’ambiente boschivo attraverso una narrazione inedita: la scomparsa del Canis Lupus Cristaldi, meglio conosciuto come Lupo siciliano. L’estinzione di questa specie, a causa dell’uomo, significò la perdita di un tassello della biodiversità siciliana ma anche, e soprattutto, un elemento che aveva profondamente permeato la cultura contadina e montana locale. «Intendo trattare il concetto di Lupo come entità biologica ed entità culturale» – afferma l’artista – «non c’è tradizione letteraria in cui il lupo non sia il cattivo; il lupo rappresenta tutto ciò che vogliamo nascondere di noi stessi. Mi sono quindi posto la domanda su cosa fosse rimasto di quel “selvaggio” nei luoghi in cui viveva il suo simbolo per eccellenza».
La video-installazione negli spazi della Fondazione intende ricreare un’esperienza sensoriale ibrida, a metà tra il naturale e l’artificiale, proiettando suoni e visioni notturne, catturate da foto-trappole dislocate per più di un anno lungo tutto l’Appennino Siciliano; luogo un tempo abitato dall’animale.
Oltre una spessa tenda nera, si apre un ambiente oscuro dove diciassette monitor concorrono alla formazione di un paesaggio incontaminato in cui lo spettatore è chiamato ad esserne primo esploratore. Immagini meccaniche e l’alternarsi di buio e luce, disorientano chi si addentra nella Fabula appositamente allestita dall’artista. Sguardi fissi su una natura apparentemente immobile vengono interrotti dalla fugace apparizione di animali incuriositi da una presenza estranea.
Gli animali seguono la scena, imparano velocemente i movimenti ed il ritmo dei respiri di chi in questo momento li esamina; basta qualche ulteriore passo per accorgersi che in realtà i veri osservatori sono loro. «Fin da subito volevo che la mia ricerca si concludesse con una grande installazione video perché avrebbe rappresentato al meglio l’idea di incontro-scontro. Ero consapevole che le immagini video avrebbero meglio dato l’idea di passaggio, di presenza, ma anche la sensazione di invadere un determinato luogo».
Spaesato lo spettatore non può far altro che scrutare la natura attorno, consapevole che il gioco di ruolo uomo-animale non è poi tanto chiaro ed evidente così come appare. «Lo scambio di sguardi è sempre potente, anche tra specie diverse; non è solo una questione umana» – conclude Terranova – «guardarsi è il simbolo della relazione intra-specie».