Varchi (in)visibili
La cover di settembre di Balloon Project è un’immagine epifanica e icastica del rapporto tra l’invisibile e la ricerca artistica di Emanuele Caprioli (1993, Milano). Bianca Basile, a seguito di un approfondito dialogo con l’artista, raccoglie i punti nodali della sua ricerca in relazione ad alcune opere significative.
La fascinazione per i fenomeni naturali e i meccanismi della percezione visiva costituiscono il punto di partenza della ricerca. La sua pratica artistica indaga l’invisibile e l’arcaicità di quella meraviglia che si prova nell’assistere a una tempesta di fulmini o al sorgere del sole. In particolare, la luce e le sue proprietà sono un oggetto di studio costante per Caprioli. In Mirror Book (2023) il testo, serigrafato con inchiostro trasparente su fogli di pellicola a specchio (mirror film), può essere letto solo per effetto di riflessione di una fonte luminosa direzionata sulla pagina scelta. Come mostra l’immagine-cover, la pagina stessa fa da matrice al testo che viene proiettato sulla parete o su qualsiasi altro potenziale supporto. Il contenuto del libro rispecchia a sua volta la materia di cui è composto: un’antologia che indaga lo specchio dal punto di vista storico-artistico, semiologico, mitologico e scientifico.
L’irriproducibilità del riflesso del tramonto sui tetti smaltati di Mosca è stato, non a caso, uno dei motivi per cui Kandinsky è passato dalla pittura figurativa a quella astratta. Sosteneva che solo Wagner fosse riuscito ad evocare i colori di quella che lui definiva la “propria ora”.
Caprioli nelle sue opere restituisce la mutevolezza delle condizioni di visibilità di un tramonto. Come bisogna trovarsi in un determinato luogo a una precisa fascia oraria per assistere al calare del sole, così per poter vedere “proiettate” su pavimento le piante dipinte sulle vetrate della Serra Carolina (2022) dell’Orto Botanico di Palermo, si dovrà attendere una giornata di sole.
L’interesse nei confronti del mondo (in)visibile si riflette nella ricerca di Caprioli anche sui suoi strumenti d’indagine. Ulteriore restituzione dell’esperienza di residenza palermitana dell’artista è Erbario Invisibile (2022), una serie di epidermidi vegetali, fotografate al microscopio e poi serigrafate con inchiostro incolore.
Caprioli riconosce in buona parte della ricerca scientifica la stessa fascinazione che l’artista subisce studiando il confine poroso tra visibile e non visibile. D’altronde l’alchimista e l’artista sono storicamente classificate come due figure tecniche quanto magiche, entrambe dedite nel dare forma a ciò che non possiamo cogliere con la semplice percezione.
In Zenit (2023) il pubblico diventa co-attivatore del fenomeno luminoso che appare sul soffitto, per via dello spostamento d’aria e di luce riflessa, dato dal movimento delle persone intorno al micro-film appoggiato sul pavimento.
Un altro livello di partecipazione alle apparizioni di Caprioli è stato di recente raggiunto con l’opera di restituzione del percorso di residenza del Premio Arti Visive San Fedele, Atlante del Soffio (2024). Da un sondaggio proposto a vari abitanti di Milano che chiedeva di descrivere un’immagine simbolica di cosa le mancasse per essere una città dei sogni, è scaturita una costellazione personale e condivisa, tradotta in una serie di serigrafie invisibili sul parapetto vetrato della galleria. I sogni plurali appaiono al soffio vitale e intenzionale del pubblico sul vetro, la stessa azione di quando si esprime un desiderio.
La firma di Caprioli, rimane quindi l’epifania, dettata da un contesto preesistente o dalla sua modifica. Le opere dell’artista ricalcano il meccanismo dei miraggi in maniera tecnica e poetica a un tempo. Il riflesso della ricerca dell’artista si specchia inesorabilmente con l’agency del pubblico che deve voler assistere al fenomeno per far sì che si manifesti. Nella ricerca di Caprioli quindi la meccanica del desiderio valica quindi l’ambito onirico per puntare all’orizzonte del sogno a occhi aperti.