In treno, dal finestrino, mi rivedo di passaggio
Ci sono varie tipologie di viaggio. Non so quanto sia possibile rintracciarle tutte, ma è certo che siano molteplici. Si differenziano per mete, per periodi, ma soprattutto per finalità. Dal viaggio per relax in cui ti ritrovi in un resort a farti massaggiare i piedi, a quello dove ti ritrovi la terra sotto le unghie, in qualche angolo del deserto messicano, perché hai deciso di ricercare la tua spiritualità raccogliendo piante allucinogene. Il secondo è molto più vicino alla pratica artistica.
Come per i viaggi, anche fra gli artisti ci sono diverse tipologie, da quelli bravi a quelli non bravi, da quelli profondi e intellettuali che sviscerano il corpo informe in cui si intrecciano il tempo e i suoi fenomeni, a quelli che fanno dell’arte un mero intrattenimento infantile. Il metodo per riconoscerli è chiaro: è questione di maniacale prassi. Ed è proprio questa prassi ossessiva, fatta di studio, ricerca e produzione, che restituisce visioni e legami covalenti di senso, che a loro volta muteranno nel tempo accrescendo la propria densità significante e poetica.
L’opera Autunno (2023) dell’artista Samantha Torrisi (1977) è l’esempio puntuale di questa agglomerazione poetica, frutto di una prassi artistica e di uno studio cosciente di tutti i processi interiori scaturiti dal paesaggio e dal suo attraversamento. È all’età di ventidue anni che la produzione dell’artista catanese, concentra attentamente lo sguardo verso quelle interazioni invisibili che nascono fra il paesaggio –inteso come scenario fenomenico, soggetto al tempo– e l’uomo, da sempre costretto a interagirvi e spesso a sottostare alle sue regole.
Torrisi descrive perfettamente la condizione individualistica all’interno di uno spazio privo di coordinate, capace di suscitare dubbi sulla propria esistenza, mettendo in crisi, di riflesso, l’esistenza stessa dell’uomo che lo attraversa. L’artista afferma «I miei paesaggi li definisco spesso ‘non-luoghi’ anche per la mancanza di riferimenti precisi, per questo quando rappresento un contesto urbano o naturale, difficilmente ci sono elementi geografici che li identifichino». In questo modo il paesaggio di Torrisi –da sempre reale centro di interesse per la sua ricerca– diviene attimo di sospensione e di personale riflessione, mutando la sua essenza da luogo materico a luogo del tempo, sempre presente –a differenza dell’uomo– ma sempre cangiante nella forma e nelle percezioni che restituisce, mantenendo la naturalezza delle comuni emozioni provate dall’uomo. In merito alle sue ultime mostre –a Parigi e a Catania– e proprio alle suggestioni che il paesaggio risveglia nell’uomo, ci dice «Non mi interessa la mera rappresentazione di un paesaggio, ma l’emozione che ne scaturisce osservandolo, la suggestione e il ricordo che ne rimane o la riflessione che cerco di suggerire attraverso di esso. Proprio per questi motivi l’approccio e la sensazione dell’osservatore davanti ai miei dipinti è spesso unanime, che sia a Catania o Parigi. Le opere presentate nelle due recenti mostre (la personale “Se ogni giorno fossi lieve” a Catania e la collettiva “À fleur de peau” a Parigi), nonostante fossero progetti diversi, contengono gli stessi codici di lettura.»
Pitture sfocate dalla nebbia, mosse dal vento dolce o impetuoso della vita, si fanno immagine di luoghi visti, vissuti, di cui ci si è sentiti proprietari per il semplice fatto si esservi entrati a contatto, ma che risuonano come un monito alle figure che l’artista vi inserisce: l’essere di passaggio.
Ricordi, dubbi, paure e malinconie, i paesaggi di Samantha Torrisi sono un pretesto per l’elaborazione di tutto ciò che rappresenta il paesaggio interiore dell’uomo. «Ogni dipinto nasce da un’urgenza di esprimere qualcosa… una storia vissuta, la memoria di un luogo, la reazione a un momento storico e sociale” afferma l’artista e aggiunge “Ciò che rappresento nei miei lavori, non è solo un luogo fisico ma anche mentale.»
Il fondersi dei luoghi non si limita perciò all’esclusivo concetto di luogo, ma diventa materico, dimostrandosi –come nell’opera in questione– in una pittura apparentemente astratta, fatta di luci, colori e movimento, ma che ha in verità posto lo sguardo dell’uomo nella condizione di muoversi, attraverso quei luoghi fisici e allo stesso tempo interiori. Come un paesaggio visto dal finestrino di un treno, Samantha Torrisi rende visibile ciò che muta, ovvero un paesaggio non più contenitore dell’individuo, ma insolubile condizione individuale.
BIO
Samantha Torrisi nasce a Catania nel 1977. Diplomata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Catania nel 2002. Vive e lavora alle pendici dell’Etna. Nel 2003, dopo una breve residenza a Berlino, realizza la sua prima mostra personale dal titolo “Crossings” curata da Giuseppe Frazzetto. Le sue opere si trovano in diverse collezioni pubbliche e private e fa parte del SACS Archivio Artisti del Riso – Museo Regionale d’Arte Contemporanea della Sicilia. In più di vent’anni di attività, ha esposto in gallerie e musei in Italia e all’estero. Nel 2022 è presente anche all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi per la mostra “À fleur de peau” curata da Angela Ghezzi.