Gli spiriti danzano sotto forma di animali
Ci siamo abituati a vedere tutto, persino ciò che non è direttamente davanti ai nostri occhi o attorno al nostro corpo. Vediamo le guerre ogni giorno, ne sentiamo gli spari e le urla della morte. Vediamo i terremoti e le macerie sulla gente. Vediamo i pianeti, le stelle e le galassie. Vediamo Dio anche se si nasconde. E così ci siamo convinti di conoscere e di sapere, per semplice dono della vista e oggi della possibilità di essere ovunque pur rimanendo a casa e vedere comunque, senza dover correre al suono delle sirene e senza strisciare sotto le macerie. Ma non tutto è visibile.
Nonostante l’arte sia sempre stata una materia principalmente fruibile tramite la vista, il suo compito è stato quello di mostrare anche l’invisibile, dunque tutto ciò che apparteneva a dimensioni distaccate dal piano della tangibilità e spesso fornendo visioni anticipate o immaginate di ciò che non si conosceva ancora.
L’opera Cane di Gabriele Gino Fazio si sviluppa proprio dall’interesse artistico di indagare le modalità di manifestazione dell’invisibile e le diverse connotazioni di significato che queste possono assumere. L’artista raffigura in modo estremamente essenziale ed accennato un levriero dal corpo esile e un po’ contorto su un grande telo di plastica, non per una personale passione verso questo cane, ma perchè intende accedere ad altri significati, che fanno dell’animale la chiave d’accesso, con i quali discutere di ciò che apparentemente l’Uomo conosce e crede di possedere, ma che di fatti gli è sconosciuto e lontano. L’intera ricerca di Fazio è collegata ad elementi naturali, ad animali e insetti, come se fossero una vera e propria ossessione dalla quale l’artista non riesce a distaccarsi e dunque è necessario conoscere il punto d’arrivo della sua ricerca per tornare a poco a poco indietro e comprendere ogni elemento che costituisce l’obiettivo finale.
A differenza di ciò che sovente si pensa, anche l’arte è una materia scientifica, proprio per il tipo di approccio metodologico che l’artista applica per conoscere. Fazio, infatti, determina sin dall’inizio il campo della sua ricerca, concentrandosi su piccoli frammenti di perdita che sommandosi tra loro manifestano l’evidente tentativo da parte dell’Uomo di colmarli, proprio perchè non vengono accettate la morte, il vuoto, la solitudine e l’assenza. In questo modo risulta chiaro che l’artista voglia approfondire le coordinate in cui si materializza – paradossalmente – una mancanza, cercando di restituirle il suo valore originario che nel tempo è stato sommerso. La trasparenza del supporto di plastica che accoglie i suoi animali, anch’essi vuoti ed essenziali, lascia trasparire ciò che vi è oltre, permettendo a questi esseri di danzare sul nostro stesso piano d’esistenza, riempirsi persino degli ulteriori vuoti circostanti o comporsi delle bellezze e delle atrocità del mondo.
Proprio come gli indiani di Sonora che definiscono diableros gli individui che praticano magia nera in grado di tramutarsi in animali, Fazio sceglie di appropriarsi di questa tipologia di soggetti per ricercare spiriti sempre presenti e possibilmente trasmutati in animali per vagare indisturbati attorno a noi, ma che la sensibilità dell’artista riesce a rintracciare per dar loro un luogo sicuro e poetico in cui essere riconosciuti per ciò che sono.
BIO
Gabriele Gino Fazio nasce a Catania nel 1997. Tra le mostre a cui ha partecipato vanno menzionate All’ombra del gelso in fiore prima che i frutti macchino, Villa Iblea (Modica, 2021); Alter-azioni a cura di G. Mendolia Calella e Balloon Project, Fondazione Brodbeck (Catania, 2021); Experimentum crucis a cura di P. TerrierHermann, Y. Valladon e R. Musumeci, Ex caserma Cassonello (Modica, 2022); Quiescenza a cura di Mario Bronzino, )( artist run space (Palermo, 2023).