Che sia Prospero!
Arte, memoria e comunità:
Alessio Barchitta riscopre, a Villa Fibbia, la figura del brigante Prospero Baschieri
Nelle settimane appena trascorse, il primo evento di arte a Villa Fibbia, a Granarolo dell’Emilia, ha avuto come protagonista l’azione artistica e performativa di Alessio Barchitta, in occasione della quinta edizione di Prospettive, un ciclo di residenze, realizzate con il supporto della Regione e la curatela di Adiacenze, che quest’anno ha portato i partecipanti in una realtà densa di storia, intrecci e connessioni.
Ricca di connessioni, grazie alle numerose dimensioni coinvolte nel progetto, tutte caratterizzate da una forte predisposizione alla condivisione, al dialogo e al concetto di “donazione”.
Il progetto Che sia Prospero!, sviluppatosi durante il periodo di residenza di Alessio Barchitta in Emilia Romagna, ha condotto dentro una realtà ramificata, fatta di storia, territorio e attenzione alla contemporaneità. Il progetto è stato curato dal gruppo curiatoriale di Adiacenze, Amerigo Mariotti e Giorgia Tronconi e co-curato da Beatrice Facchini e Greta Pasini.
Durante la residenza, l’artista ha iniziato il suo percorso con la ricerca, nel vero senso della parola, di quel qualcosa o qualcuno che lo conducesse verso quelle che sono le connotazioni del suo lavoro. Alessio Barchitta si imbatte nella figura storica di Prospero Baschieri e, con il supporto dei suoi curatori, dell’Archivio di Stato e di alcuni scritti recuperati, ha scavato, indagato, fino a riuscire addirittura ad avvicinarsi alla fisionomia del brigante, grazie a un identikit della polizia dell’epoca. Prospero è stato sin da subito definito brigante in quanto il suo atteggiamento sovversivo aveva messo in pericolo la sottomissione al potere francese dei contadini della zona: l’esercito di Francia imponeva la leva obbligatoria. Prospero Baschieri vive da latitante per molto tempo: “Straniero nella sua stessa terra…”, afferma l’artista, e questo solo perché il giovane brigante voleva difendere i diritti di base dei suoi conterranei, voleva che nessuna delle loro libertà fosse ulteriormente minata da una scelta imposta. Niente di più vicino a quanto si sente quotidianamente in riferimento alla società mondiale e ai conflitti che la stanno mettendo sempre più in ginocchio. Prospero è stato un piccolo martire; catturato per uno stratagemma andato a segno o per un errore di leggerezza da parte di una giovane donna che doveva acquistare delle mistocchine per la casa in cui si nascondeva da latitante, Prospero viene fucilato dai cento soldati che lo andarono a prendere, e poi decapitato. Per i suoi contemporanei è stato di forte ispirazione; ha saputo, con la sua vita, far capire il valore della libertà di scelta, della libertà in generale, ma col tempo la figura eroica del brigante si perde nella storia. Riscoprire questo personaggio storico ha innescato nell’artista quella necessità propria della sua ricerca; quel permettere di ricordare, quella costruzione ricontestualizzata del materiale, quella cura nel citare con conoscenza, conoscenza del territorio, della realtà circostante, un’azione site specific a 360° che cattura ogni volta che Alessio Barchitta concepisce un progetto.
E se attingere alla storia e al territorio è il corroborante principale del progetto di residenza dell’artista, come non può non esserlo il luogo in cui tutto questo è avvenuto? Villa Fibbia e la sua Torre Colombaia, dove è stata realizzata la scultura del progetto di Alessio Barchitta, è una tenuta che affonda le sue origini e la sua storia nel Rinascimento. Si tratta dell’abitazione privata di una delle due co-curatrici del progetto “Che sia Prospero!”, Beatrice Facchini che ha aperto le sue stanze, i locali accessibili e il parco intorno alla struttura, al progetto di residenza Prospettive. All’interno degli spazi, ristrutturati già nel corso del Settecento, l’intenzione è quella di rimodulare ancora una volta dando accesso al contemporaneo, all’arte contemporanea e alle sue versatilità e metodologie di comunicazione, siano queste umane o legate all’oggetto; un desiderio covato da tempo da entrambe le co-curatrici.
Dal 5 ottobre 2024 un insieme di azioni ha posto l’attenzione verso una serie di punti molto importanti: restituire uno spazio storico come Villa Fibbia, facendola diventare attraverso l’arte fulcro di comunità e accoglienza; aprire uno spaccato storico “dimenticato” come la vita del giovane Prospero Baschieri, figura vissuta tra Settecento e Ottocento, che tanto ha lottato per i diritti dei suoi contemporanei e per i quali è morto senza troppi onori; connettere la realtà cittadina di Granarolo dell’Emilia a un’azione artistica che ha lasciato intendere come obiettivo il voler donare attraverso l’arte.
Come è avvenuto tutto ciò? Con la ricerca, la conoscenza del luogo e dei suoi abitanti, la costruzione di una relazione a più livelli, l’indagine rivolta alle caratteristiche del territorio; uno studio fatto di relazioni che hanno condotto a un progetto che presto è diventato per e della collettività, nel nome di Prospero Baschieri e di ciò che la sua persona rappresenta in un tempo sociale come quello che viviamo, concettualmente tanto aperto alle diversità e alle realtà più disparate ma al contempo chiuso e spaventato tanto da voler pensare solo al proprio orticello.
A mano a mano che il progetto di Alessio Barchitta prendeva forma, il voler condividere diventava sempre più un passo obbligato. Prospero Baschieri muore perdendo la testa che, nella volontà di Barchitta, diventa emblema del suo lavoro e motivo di sperimentazione materica, attraverso l’uso della paglia, elemento molto presente nello spazio intorno: una grande testa, della larghezza di tre metri, assemblata dentro la colombaia di Villa Fibbia, nascosta ma evidente, impossibile da ignorare viste le dimensioni, e serena nel suo momento di dipartita, osserva come l’azione performativa e di aggregazione pensata dall’artista, restituisce la dignità dovuta.
Sabato 5 ottobre 2024, sotto la pioggia, abbiamo assistito a un evento conviviale insolito: seguendo un’antica ricetta tipica del periodo in cui ha vissuto il brigante, sono state marchiate a fuoco 100 mistocchine. La mistocchina è un dolce tipico della tradizione bolognese, ormai quasi completamente scomparso, fatto di farina di castagne e acqua, ed è diventato il simbolo portatore sano della fine di Prospero Baschieri. Il marchio a fuoco, ottenuto da un timbro in bronzo a forma di fiamma perpetua, realizzato con la collaborazione della Fonderia Venturi, è un rapido disegno della testa del brigante realizzata da Alessio Barchitta e così marchiate le mistocchine sono state trasportate all’interno di Villa Fibbia dove con vino e altri alimenti accolgono gli avventori per omaggiare la figura del brigante e ricordare il significato della sua esperienza.
Sabato 12 ottobre 2024, in occasione del Granarolo in Festa, rassegna annuale che porta in evidenza tutte le attività delle realtà comunali – mercato solidale, danza, cibo, sport, associazioni, giochi per bambini – tutto si è trasformato; tutto è diventato occasione, ancora una volta, di aggregazione e scambio.
L’arte contemporanea ha un grande pregio, ed è impossibile non riconoscerlo: in tutta la sua caratterizzante “ostilità” trova dei preziosi momenti di relazione talmente forti da raggiungere chiunque soprattutto perché, come nel caso di Che sia Prospero! di Alessio Barchitta, vuole e riesce a comunicare il suo intento, fatto sostanzialmente di influsso sociale e territoriale, espressioni alla base della ricerca dell’artista. La testa, arrivata al centro del paese, è diventata di tutti e tutti ne hanno avuto cura, curiosità storica e umana. La città di Granarolo dell’Emilia ha ricordato il suo “eroe” anche attraverso una targa che ne racconta la vita, insieme ad altre figure che hanno fatto la storia di questo territorio, del nostro territorio.
Il marchiare, il sentito trasporto della testa da Villa Fibbia al centro di Granarolo dell’Emilia, tutto è corrisposto a un rito, un saluto, un omaggio, una preghiera e un ringraziamento per non dimenticare; una azione che non vuole essere una rievocazione storica, ma una spinta a riflettere su cosa vuol dire poter affermare le proprie opinioni e su come questo possa assumere infinite forme tangibili che ricollegano a storia, diritti, attraverso un’icona carica di potenza.