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Paesaggi lagunari e futuri possibili

 

A Venezia da Terzospazio, costola di Zolforosso, si è da poco conclusa la mostra Atterraggi (vol. 1) che ha visto come protagonisti il duo artistico Enzo & Barbara, ovvero Greta Fabrizio e Riccardo Lodi con Lorenzo Deluigi, il tutto a cura di Alessandra Luisa Cozzi e Giulia Mariachiara Galiano. Atterraggi è un nuovo format di Terzospazio che fungerà da attivatore di attraversamenti inter-disciplinari con lo scopo di osservare vari fenomeni culturali con uno sguardo più attento e critico.

 

Una mostra che analizza le acque venete

In questo caso specifico l’acqua, elemento che contraddistingue il paesaggio veneto, è stata analizzata da punti di vista diversi: Enzo & Barbara hanno costruito il prototipo di un depuratore che dovrebbe essere in grado di ripulire l’acqua che noi inquiniamo,  oggetto dall’estetica funzionale e al contempo primordiale; Lorenzo Deluigi invece, riporta alla luce alcuni esemplari di bricole, ovvero i pali che sostengono la città lagunare, rivestendoli di piccoli e preziosi insetti con l’intento di risintonizzare il microclima acquatico con quello terreste.

 

 

Intervista a Enzo & Barbara

Enzo e Barbara sono un duo artistico composto da Greta Fabrizio e Riccardo Lodi. Potreste raccontarci l’iter che vi ha portati a lavorare insieme?

Enzo & Barbara: Enzo e Barbara è un progetto che abbiamo deciso di avviare nel 2022. Il percorso di creazione è stato del tutto naturale, in quel periodo entrambi stavamo cercando di uscire da supporti e media con cui eravamo più in confidenza, Greta viene dalla scultura, Riccardo dalla pittura, entrambi avevamo l’esigenza di creare delle opere contaminatrici dello spazio. Anche per quanto riguarda la ricerca il percorso è stato fluido, all’inizio pensavamo di concentrare le nostre energie sull’unione delle due ricerche differenti, con particolare attenzione alle dinamiche comunicative nei sistemi naturali e nelle relazioni sociali, poi il discorso ha preso una linea più unitaria, dalla comunicazione abbiamo ampliato il campo di indagine verso l’impatto dei processi di sviluppo industriali sugli ecosistemi, l’indagine del territorio Veneto e infine, da un anno a questa parte, sull’acqua come risorsa.

 

Da dove nasce l’interesse per le dinamiche di co-esistenza nell’antropocene e di conseguenza verso un’estetica a cavallo tra un passato ormai remoto e i futuri possibili?

Enzo & Barbara: Vivendo in una delle zone più inquinate di Italia, riteniamo interessante lavorare sui controsensi e i paradossi che caratterizzano non solo il territorio in sé ma l’epoca contemporanea in generale. È così che dalla nascita del duo ci siamo prefissati l’obiettivo di studiare nuovi modi di coesistenza e in un primo momento ci siamo avvicinati alla vita del micelio in relazione ad altri esseri viventi; questa esigenza è nata da un sempre più frequente distacco sociale tra le persone che noi in primis percepiamo nella quotidianità. Antropocene è una definizione dell’epoca in cui viviamo che ci affascina perché indica il ruolo cruciale che gioca l’essere umano nei cambiamenti del pianeta, per noi è fonte di ispirazione pensare che non ci sia ancora una piena consapevolezza sulle criticità in cui siamo coinvolti e a cui stiamo andando incontro: pensiamo che la pratica artistica possa essere un buon modo per affrontare queste tematiche. Per quanto riguarda l’estetica che abbiamo sviluppato nel tempo, ragionare su futuri prossimi per noi è indispensabile perché ci permette di sperimentare nuove alternative per pensare a un processo e di analizzare e scoprire nuovi materiali.

 

 

In occasione della mostra Atterraggi (vol.1) realizzata a Venezia da Terzospazio avete condiviso l’ambiente espositivo con Foreste Fondamenta (2024), opera di Lorenzo Deluigi. Come pensate abbia reagito il vostro Depuratore 1 accanto ai pali lignei che infissi nella laguna, hanno il gravoso compito di sostenere Venezia?

Enzo & Barbara: Una delle cose che abbiamo notato è un processo di cura che era insito e non particolarmente esplicito in entrambe le opere, in Foresta Fondamenta di Lorenzo le palafitte, che creano un ecosistema immaginario, immerse per metà nell’argilla e poste come se fossero fuori dall’acqua ci hanno suggerito l’idea di un processo per il loro restauro e la manutenzione; nel depuratore i contenitori in ceramica sono posti alla fine del processo fittizio e sono poste in modo da poter raccogliere l’acqua che (in teoria) dovrebbe essere depurata. Essendo posizionate per terra, ed avendo una forma respingente, nasce la domanda sull’utilizzo dell’acqua raccolta: andrà bevuta? Andrà conservata in altri contenitori più grandi? L’unica certezza è che raccogliendo le gocce che lentamente cadono dal tubo viene messa in evidenza la dinamica in cui l’attesa e l’utilizzo in prospettiva futura lega le due opere. L’elemento dell’acqua risulta il punto di unione tra le due realtà dove nel depuratore si concentra nella sua contaminazione e nell’installazione di Lorenzo, invece, è presente e fondamentale per descrivere l’habitat in cui le forme di vita vivono e creano le loro “case”.

 

Con la serie di vasi comunicanti permettete di entrare simbolicamente in un laboratorio di ricerca per renderci partecipi di inquietanti scoperte. Sembra un lavoro tecnicamente impeccabile anche se, da quanto raccontato, ho compreso che il depuratore di fatto non produce alcun effetto perché a oggi risulta impossibile ripulire le acque dagli PFAS. Pensate di approfondire la ricerca e di collaborare con istituti scientifici in Italia e all’estero?

Enzo & Barbara: Il depuratore l’abbiamo pensato a metà tra una macchina industriale e un arrangiamento fai da te, questo è il modello 1 ma l’obiettivo è di evolvere l’installazione progressivamente, includendo sempre più elementi e cercando di rispecchiare l’attuale status delle capacità tecniche a disposizione per la depurazione dell’acqua. La premessa per Depuratore 1 era creare una macchina inutile, una presa in giro degli odierni depuratori che riescono a depurare quasi tutta l’acqua contaminata ma mai fino allo zero assoluto. Proprio per questo motivo abbiamo già contattato alcune università in Italia con le quali ci piacerebbe instaurare collaborazioni per progetti futuri: per la stessa natura del progetto crediamo molto nella condivisione, motivo che ci ha portati a creare un’opera con l’aiuto di Marco Selmin. Inoltre pensiamo che con la partecipazione di altre figure professionali si possano fare grandi cose. Questa la base generale dell’idea che abbiamo per affrontare il futuro, una linea di lavoro che abbia come componenti la collaborazione e l’interdisciplinarità. Quindi sì, la volontà di allargare la nostra ricerca grazie all’aiuto di terze parti c’è, anche se è un percorso nuovo e difficile e presto saremo pront* per cominciare ad affacciarci anche all’estero!

 

 

Intervista a Lorenzo Deluigi

Questa tua particolare tensione/attenzione verso il microcosmo animale quando nasce e perché?

Lorenzo Deluigi: Ha avuto inizio molti anni fa, quando avevo l’abitudine di raccogliere qualsiasi elemento che il suolo mi offriva: gusci di molluschi, conchiglie, minerali, fossili e piccoli insetti, tutti capaci di suscitare una profonda curiosità. La mia attenzione si è intensificata durante gli studi accademici, un periodo in cui le parole ‘archivio’ e ‘catalogo‘ sono diventate fondamentali per la mia pratica artistica. L’immaginario di una wunderkammer ha ispirato questo esercizio di catalogazione, dopo aver osservato con attenzione oggetti molto piccoli e ‘alienanti’. In particolare, il mondo degli insetti rappresenta una sorta di primordiale essenza dell’essere animale.

 

Con Foreste Fondamenta, installazione site-specific nata nel 2024 per Atterraggi, ci fai simbolicamente immergere in una selva di pali subacquei e quindi nella storia fondativa di Venezia. I tuoi preziosi insetti, in questo caso specifico, che funzione svolgono?

Lorenzo Deluigi: Le microfusioni in ottone esposte sulla superficie dei pali da fondazioni hanno un ruolo importante in quanto ricontestualizzano lo spazio in cui ci troviamo, interconnettendo l’ambiente marino, in cui i pali sono stati in immersione per anni, a quello terrestre dove gli insetti e altri piccoli animali nidificano e abitano.

 

 

La tua pratica artistica ci mostra in modo ravvicinato degli ecosistemi complessi, cerca di svelare l’invisibile. Come nel caso degli ossi di seppia qui meticolosamente esposti, vuoi forse suggerirci che a volte è necessario cambiare il proprio punto di vista per comprendere pienamente il mondo che co-abitiamo?

Lorenzo Deluigi: Ritengo sia fondamentale esplorare il nostro punto di vista sul mondo in cui viviamo, e l’opera Their Work rappresenta il tentativo di affrontare questo tema. Come suggerisce il titolo, la lavorazione degli ossi di seppia è stata realizzata non direttamente da me, ma da delle lumache achatina fulica che accudisco da anni. Questo progetto simboleggia in modo esemplare la vera cooperazione tra uomo e animale. È importante osservare il nostro ambiente e le creature che lo popolano, promuovendo la coesistenza e il rispetto. Studiare i processi di creazione e affidarsi alle leggi della natura è essenziale per proteggerla e tutelarla.

 

Pensi che il dialogo instaurato con Enzo e Barbara e il loro Depuratore 1, criticamente legato al sistema economico-produttivo contemporaneo, si sposi bene con il pianeta lagunare che hai riportato a galla?

Lorenzo Deluigi: Penso che il dialogo instaurato tra i miei lavori e l’installazione di Enzo e Barbara, Depuratore 1, sia molto proficuo. Nonostante la provenienza da percorsi artistici diversi, il nostro punto d’incontro è stato il tema dell’acqua in tutte le sue forme. Loro si sono focalizzati sul problema dell’inquinamento, mentre io ho messo in evidenza l’interazione tra la civiltà umana, rappresentata dai pali di fondazione, e l’elemento naturale predominante nella laguna, ovvero l’acqua. Questi due aspetti coesisteranno nel tempo, risultando entrambi essenziali l’uno per l’altro.

 

 

 

Ph Francesca Pari, Marco Selmin ©