FLORA ET LABORA
AIR*M 4
La quarta edizione di AIR*M – Artist in Residency Mountain, residenza d’artista ideata e diretta da Valentina Colella, quest’anno è stata sostenuta da GAI – Giovani Artisti Italiani, e si è svolta nel luogo in cui è nato il progetto, Frattura di Scanno (AQ).
Il titolo della mostra sintetizza l’intera esperienza, durata dal 21 al 29 agosto 2022, Flora et labora. Il lavoro artistico condotto in loco dalle studentesse selezionate quest’anno all’interno del corso in Tecniche della carta dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e dai vincitori della prima edizione del premio AIR*M PRIZE si è infatti intrecciato alla principale attività economica di Frattura: la coltivazione del rarissimo fagiolo bianco.
Grazie alla collaborazione e all’ospitalità dell’antropologa Anna Rizzo, che da dodici anni trascorre l’estate nella cittadina abruzzese, gli artisti hanno potuto avere accesso diretto alla storia del contesto in cui sarebbero andati a intervenire site-specific, dando una base solida alla costruzione di una relazione con i suoi abitanti che, dato il breve tempo, avrebbe dovuto essere rapida ma profonda a sufficienza da coinvolgerli. Pranzi, cene, visite durante il lavoro artistico e agricolo hanno puntellato l’esperienza di residenza, in momenti coordinati dalla direttrice Colella e dalla tutor Rosanna Pezzella, artista in residenza nelle due precedenti edizioni. Le collaborazioni con i partners MicroCollection, Cell Online Art Project e Sono – Satellite opere nell’opera, hanno incentivato, arricchito e intensificato tali interazioni.
Questa coabitazione attiva tra i residenti di AIR*M e quelli di Frattura è stata evidente sin dall’ingresso in mostra. Ad accogliere i visitatori infatti c’era una guida d’eccezione, il dodicenne Nicolò che, trovandosi in vacanza a Scanno dai parenti, ha avuto modo di partecipare al coaching di Liborio Governale, orafo e istruttore di rugby, che si è proposto come tutor volontario per AIR*M KIDS, il laboratorio dedicato ai più giovani, collaterale al progetto di residenza. I giovani abitanti e villeggianti di Frattura sono infatti diventati per una settimana assistenti degli artisti, e uno di loro, dopo aver seguito la creazione di tutti i lavori, si è proposto come mediatore per il pubblico.
Entrando nella prima stanza convivono i lavori delle studentesse dell’Accademia di Napoli, Laura Piccioni (2000, Sant’Omero – TE) e Monica Venuti (1999, Grottaglie – TA).
Il lavoro di Laura si struttura in tre fasi, comuni allo sviluppo botanico e a quello delle relazioni umane: Scelta, Crescita e Scambio. Sul pavimento la scelta si manifesta nel percorso da fare per attraversare lo spazio espositivo, disseminato di coni di terra, proveniente dall’orto adiacente alla residenza, cui tutti i partecipanti di AIR*M, hanno lavorato a turno. Sopra ogni cumulo di terra si posa una sfera di petali di carta riciclata, intagliati a mano dall’artista con l’aiuto delle assistenti più grandi.
Tre sono le dimensioni delle trenta sfere, a simboleggiare la differenza dimensionale dei rapporti a seconda di come vengono coltivati. Anche la terra utilizzata differisce, al variare della grandezza delle sfere: setacciata a livello di pigmento per le piccole; mista ai sassolini rimasti dalla prima scrematura per le medie; e sommata alle pietre prelevate dalla frattura preistorica del Monte Genzana, che ha dato vita al lago di Scanno.
Questa genesi è ancora meglio rappresentata dal secondo lavoro di Laura: La botanica delle emozioni: qui la crescita dei legami delle persone con il territorio è simboleggiata dall’intreccio di fili di lana vergine tinti a mano con colori di origine botanica, a formare la corda di un pendolo, la cui parte oscillante, mossa al passaggio dei visitatori, è costituita da una roccia proveniente dalla spaccatura seguita al terremoto del 1915, che ha travolto Frattura Vecchia, ricostruita più in basso negli anni Trenta. La terza fase, Dialogo, rappresenta la sintesi delle due precedenti.
Il lavoro si costituisce di due file composte ciascuna da tre pannelli in polpa di carta: i primi sono bianchi e presentano ognuno un inserto vegetale diverso che risulta poi amalgamato nei moduli della fila sottostante. Le specie vegetali scelte per gli innesti sono state: il fagiolo bianco, che in Italia cresce bene solo in una conca di Frattura, e il tasso barbasso, pianta spontanea dai diversi usi. Queste due piante sono state dapprima inserite singolarmente e poi nella terza colonna sono state innestate tra loro, in una valorizzazione reciproca delle loro differenze.
Se il lavoro di Laura ha riassunto e interpretato le origini e la storia di Frattura, quello di Monica ne ha coinvolto gli abitanti al presente, tramite una serie di lavori incentrati sull’uso dei sensi. Una fila di runner in lino bianco, ricamati a mano, porta i segni della performance A pranzo con i sensi. Monica ha invitato 16 abitanti di Frattura a mangiare bendati, senza conoscere il menù, creando una convivialità diversa anche tra persone che si trovano spesso a condividere un pasto insieme. I segni del cibo e del vino evocano le traiettorie dei passaggi di piatti e brocche, degli incidenti e delle risate che ne sono scaturite.
I Capasini invece, sono delle piccole anfore in carta riciclata, ispirate ai capasoni pugliesi. Anziché olio e vino però, Monica ha inserito delle spezie tipiche di Frattura e li ha donati ai suoi abitanti, unendo la sua terra (contenitore) a quella che l’ha ospitata (contenuto). Dedicata all’udito è un’altra performance, Do in loop, in cui stavolta è stata l’artista a bendarsi, invitando la cittadinanza a far sentire la propria presenza solo attraverso suoni – generati da strumenti veri e propri o di fortuna, o corrispondenti a rumori di ogni tipo. La melodia risultava così dall’accordo degli interventi del pubblico sulla base ritmica data dall’artista con uno strumento a percussione chiamato cajon.
Frattura è l’opera tattile che rimanda al profilo e alla storia sismica del Monte Genzana. Il lavoro è stato creato a partire dall’impasto dei cartoni con cui sono stati trasportati i materiali necessari alla residenza, unito alla sabbia del campo da bocce, luogo di ritrovo per eccellenza dei fratturesi. Se i più anziani hanno accolto gli artisti nel loro campo da gioco, i più giovani hanno permesso, con il loro aiuto, la realizzazione dell’opera “strappata”.
Questa collaborazione tra residenti e non, trova simbolo nel lavoro manuale, omaggiato dall’ultima opera di Monica: Mani fanno cose. Proiettata a tutto schermo in un’aula dell’ex scuola elementare del paese, dove hanno dormito gli artisti, la videoinstallazione muta è costituita dal montaggio delle mani degli abitanti di Frattura, riprese durante le più varie attività – dalla raccolta dei fagioli, alla guida in auto, sino alla cucina – per esaltare la crescita che scaturisce dal lavoro e che culmina nel motto flora et labora.
IN, FRA, il progetto vincitore di AIR*M PRIZE è stato scelto proprio per aver colto l’innesto indissolubile tra il presente e il passato nella vita economica, sociale e culturale di Frattura, il cui simbolo concreto è proprio il fagiolo bianco. Roberto Picchi (1996, Erba – CO) e Nicola Zanni (1995, Lovere – Bergamo) hanno dialogato a lungo con l’antropologa Anna Rizzo, grazie alla quale hanno potuto acquisire «istantanee di vita radicale, tra immagini di inevitabile isolamento, di forte adattamento e di necessità stringenti». La mano, in quanto «elemento ramificato del corpo umano» e strumento di relazione, è stato posta all’origine del loro progetto. Gli artisti hanno chiesto agli abitanti di prestare loro un dito per farne un calco, a partire da una struttura a forma di baccello, da cui hanno ricavato decine di “protesi” personalizzate da poter indossare e “performare” in mostra.
Il ruolo del baccello nel custodire i semi, viene così amplificato, arrivando a contenere, simbolicamente, le testimonianze della tradizione e il persistere dei legami sociali e culturali locali. A ogni dito impresso corrispondeva infatti una storia condivisa, raggiungendo un totale di 50 calchi: quasi il triplo del numero di abitanti di Frattura durante l’inverno. Nella project room riservata ai vincitori, una parete è stata dedicata agli appunti, agli schizzi del processo di lavoro e ai commenti lasciati dai visitatori. Su un’altra parete invece sono state allineate una serie di canne di bambù, usate solitamente per sorreggere le piante di fagiolo, al cui apice sono stati inseriti alcuni calchi. Infine la finestra è assurta a simbolo metodologico: permettendo l’ingresso nella stanza di un ramo dell’ippocastano addossato all’edificio, viene ribadita l’importanza dell’interazione tra interno ed esterno, quando si parla di luoghi e di corpi.
I vincitori sono stati scelti tra cinque finalisti: la coppia Chiara Gambirasio e Max Mondini; Chiara Mecenero, Anna Moraes e Silvia Ontario, con una menzione speciale a Federica Mocchetti. La giuria, composta da Geraldina Albegiani, Bianca Basile, Valentina Colella, Rosanna Pezzella, ha seguito nella selezione i seguenti criteri: ricerca sul campo, essenzialità concettuale e materica, adattabilità a condizioni di lavoro spartane, disponibilità allo scambio con gli altri artisti e gli abitanti.
L’esperienza di quest’anno sarà trasmessa a chi non ha potuto parteciparvi in due modi. Il documentario realizzato da Mario Sarnataro (1997, Napoli), studente dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, sarà disponibile alla visione nei prossimi mesi, sul canale Youtube di AIR*M. Il catalogo, progettato da Valentina Colella e Monica Venuti, invece raccoglierà, la terza e la quarta edizione insieme. Per la sua pubblicazione inizierà a breve una campagna di crowdfunding. Entrambi gli strumenti sono fondamentali per tenere traccia di un’esperienza che, non solo vede susseguirsi luoghi, persone e partnership diverse, ma anche differenti modalità di interazione tra i suoi elementi.
AIR*M non è fatta solo di opere, ma di voci, di esperienze visive, di movimento, restituito dall’esperienza immersiva data dalla combo dei due strumenti di racconto e, in questo articolo, dagli scatti di Gino Di Paolo.