Editoriale

 

L’argilla come cura:

Take Care – Barbara De Ponti

 

Quando si pensa a una calamità naturale come l’alluvione viene subito in mente un’ingente mole di acqua a travolgere tutto: infrastrutture, centri abitati, strade. È quello che è accaduto in Emilia-Romagna nel 2023, complice l’esondazione di fiumi come il Sillaro e il Senio e un concatenarsi di eventi idrogeologici, che arrecarono danni profondi e irreversibili all’ambiente umano e naturale. 

Come rialzarsi da un evento simile, quando tutto ciò che si possedeva viene spazzato via e annientato? La natura ci è nemica, o siamo noi suoi nemici? In un’epoca di cambiamenti e stravolgimenti climatici, è necessario “riportare alla giusta importanza l’Uomo, a cui non è tutto dovuto; quando la natura ha delle positivissime condizioni – le condizioni dell’ecosistema a cui apparteniamo – dipende da noi il modo in cui utilizzarle” afferma l’artista Barbara De Ponti (Milano, 1975), la cui ricerca è da sempre incentrata sulle pratiche relazionali e a lungo termine, e sulle relazioni tra pratica artistica e saperi geografici e antropologici.

In particolare, il suo studio sulle Argille Azzure del mare pleistocenico (già identificate da Leonardo da Vinci) culminato nell’installazione site-specific Clay Time Code (2016), in cui le complesse interazioni tra microcosmo e ambiente si concretizzano in una serie di sculture raffiguranti gli organismi fossili e create con le stesse Argille – ma anche l’allestimento sulla cupola esterna del Planetario Hoepli di Milano La luce naturale delle stelle (2010), in cui l’artista ricrea l’opportunità di vedere le stelle sfidando l’inquinamento luminoso che affligge le nostre città.

 

E l’alluvione del 2023? Grazie alla cooperazione di diverse realtà eccellenti del territorio forlivese, come Terra Libera e For.B, e in collaborazione con Viasaterna, De Ponti realizza il progetto Take Care (2024), intervento artistico che ci ricorda che, nel dibattito mai concluso sulle modalità di convivenza tra la natura e l’uomo, tralasciamo spesso due aspetti: la cooperazione e la cura. 

 

Take Care, 2024, Forlì, azione 7 giugno, ph. fabriziojelmini

 

Take Care si concentra sull’atto puro e umano del prendersi cura – una cura che passa attraverso l’arte, attraverso la volontà di condivisione e di ripresa. La performance al Podere Agricolo (Casa della Legalità) si materializza in 12 vasi di Greas rosso, in cui restano impresse le impronte delle mani che li hanno lavorati: mani appartenenti a quelle persone che la cura la esercitano ogni giorno, occupandosi quotidianamente di una porzione di terra che ha visto venire distrutta la propria coltivazione biologica e che oggi è luogo di iniziative come ortoterapia e laboratori per bambini, coinvolgendo anche persone fragili e in difficoltà.

 

Nel semplice gesto di imprimere le proprie impronte nell’argilla fresca, vi è la matrice del curare – “si confondono i ruoli tra chi si prende cura e chi la cura la riceve, ciò che fai per l’altro ti ritorna”: le ceramiche rotonde ricordano “l’idea dell’abbraccio, dello stringere, prosegue l’artista. Lasciare traccia delle impronte significa anche registrarne il gesto, ponendo il focus sull’importanza dei rapporti e di come si costruiscono – è grazie ad essi che gli oggetti si “caricano” di valore, si “densificano” divenendo un qualcosa che va oltre il semplice strumento o il semplice oggetto da ammirare. 

 

Take Care, 2024, Forlì, diametro 40 cm, gres rosso, ph. fabriziojelmini

 

Le ciotole in Greas possono anche essere utilizzate, marcando ulteriormente la volontà di essere presenti nel quotidiano; anche il materiale non è stato scelto a caso – oltre che di acqua, l’alluvione è un’invasione di terra, di fango, di materiale di cui i fiumi si caricano e che si deposita. 

Senza l’argilla regalata dal territorio, l’Uomo non potrebbe fare niente”: vi è la volontà di vivere una calamità naturale non come una condizione subita, ma anche come qualcosa che può servire e da cui può scaturire un circolo virtuoso – cosa l’argilla può dire di noi? In primo luogo, ci ricorda che senza i numerosi e antichissimi microorganismi non esisteremmo; in secondo luogo, ogni volta che la usiamo, ci comunica quanto la natura si prende cura di noi e quanto noi della natura, in una rete intrecciata di legami che va dal fango alle stelle.

 

Ph. Giulio Boem