ArtReviews

 

Between Head and Stomach

Il corpo come sismografo di intensità e interiorità 

 

Dopo aver esordito nel 2012 con la prima personale siciliana dal titolo Opere nomadi, nella quale sono state presentate delle opere che riflettono sul rapporto tra pittura e verbalità, l’artista portoghese Hugo Canoilas (1977, Lisbona) approda per la seconda volta alla galleria Massimo Ligreggi di Catania (a quel tempo Collicaligreggi), con la mostra Between Head and Stomach, inaugurata lo scorso 10 maggio e visitabile fino al 31 luglio.

 

Puntando a coniugare astrazione e rappresentazione, attraverso il ricorso a vari tipi di pittura, colori e tessuti, che sono così strettamente legati alla natura, la ricerca di Canoilas persegue un nuovo naturalismo, e le sue opere recenti diventano narrazioni intime, luoghi misteriosi il cui significato va ricercato nel profondo dell’essenza e dell’atto creativo, che l’artista mette a disposizione di tutti, cosicché ognuno possa proiettare su di esse le proprie emozioni e sensazioni. 

 

 

 

Tracce cieche 

La personale dal titolo Between Head and Stomach, nella quale i segni del disegno diventano un evento di mediazione tra corpo e cervello, tra interiorità ed esteriorità, ci introduce gradualmente, dopo aver varcato l’ingresso principale, in uno spazio bianco lattiginoso che si rivitalizza e si ravviva per mezzo del colore delle opere di Canoilas.              

Nelle prime opere posizionate a sinistra dell’ingresso, in tutto nove, con le quali ha inizio la lettura dell’allestimento, i segni di cera scompaiono e diventano evanescenti sotto la distesa vellutata e diluita del colore, il quale, manifestando la propria imponenza e sviluppo su tutta la superfice di carta, si trasforma in iridescenza, in metafora luminosa e silenziosa, perché a parlare è il colore. È la fluidità pittorica dell’inchiostro acrilico a rendere la pittura contemplativa, quasi sacrale agli occhi di chi la guarda. Sono opere in cui l’azione artistica si manifesta nella quasi invisibilità dei segni silenti e dissolti. Ma il vero significato di queste opere non emerge immediatamente, è occulto alla vista e va ricercato dietro a esse, dove Canoilas, riprendendo le scatole di On Kawana, esponente dell’arte concettuale giapponese, inserisce dei collage, dei ritagli di carta stampati che rievocano i pensieri dell’artista

 

 

Segni esistenziali

Introducendoci ancora di più nello spazio, sulla parete frontale all’ingresso emerge un’altra sezione di opere, dove il colore non è più metafora della pura luce e della contemplazione. Questa volta a primeggiare nella ricerca dell’artista sono le parole, le forme e i tessuti posizionati su fogli di lamina che si fanno portavoce della collettività e dell’individualità.  Una delle prime opere che apre questa sezione, sulla quale troviamo parole incise, sembra richiamare le iscrizioni lasciate sulle pareti dai giustiziati dell’inquisizione spagnola. In questi segni c’è qualcosa di umano. Sono dei segni di esistenza, nei quali si percepisce una forte urgenza di denunciare i fatti sociali e politici. 

Continuando il percorso, il nostro sguardo viene catturato da altre opere metalliche: in esse le parole sono state sostituite da forme di colore. In una di queste, le forme sembrano sospese, quasi come se si stessero liberando e galleggiando, in sincronia, entro lo spazio della lamina. Sono opere vissute, in cui il soggetto è interiore ed emerge soltanto attraverso i segni redenti dalla consistenza quasi materica. 

 

 

Andare oltre la pittura 

L’ultima sezione, con la quale si conclude l’allestimento, propone delle opere composte da fogli di carta monocromi che raffigurano una  frase o un brano, con le quali l’artista riflette su aspetti di carattere linguistico, pittorico e concettuale e in cui non troviamo più quel barlume delle prime opere o le forme di colore delle seconde, bensì a diventare protagonista questa volta è il linguaggio, grazie al quale l’artista si interroga sulla rappresentazione dell’interruzione dell’atto pittorico. Questi testi, desunti da alcuni volumi che si trovano sugli scaffali dello studio dell’artista, sono serviti a quest’ultimo per riflettere su una ricerca che si basa sull’andare oltre la vernice, grazie alla quale egli ha avuto nuove possibilità di fare pittura.  Le frasi dipinte, che non servono a spiegare ma sono un supporto per far sì che lo spettatore possa trovare in esse un rifugio, non sono più un’entità silenziosa, ma iniziano a fare rumore: si liberano dal corpo per entrare in relazione con la pittura, dalla quale allo stesso tempo si distaccano. Testi e pittura, in quest’ultima sezione, sembrano proprio entrare in antitesi: si scontrano in un duello feroce e alla fine ad averla vinta sono proprio le parole, che da sempre sono state, come dimostra la letteratura, un porto sicuro per l’umanità.

 

There above him (Wally Salomão), 2011.