Editoriale

OLTRE LA TELA DIPINTE MEMORIE

 

Sempre caro mi fu quest’ermo colle
e questa siepe che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni e la presente
e viva, e il suon di lei: Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
(Giacomo Leopardi, L’infinito)

 

Di tanto, capita a chiunque che fra sé e qualcosa da raggiungere, da ottenere o da osservare, si interponga qualche ostacolo della natura più disparata, elementi in opposizione al nostro interesse. È automatico quando questo avviene –o per lo meno nella maggior parte dei casi– ritenere di non poter andare oltre, di essere giunti ad un punto in cui l’ostacolo ha deciso dove fermarci. Ci sono vari modi per affrontare queste barriere, dalla immobile lamentela alla spinta di valicarle, ma quello che raramente viene adottato è la contemplazione, non solo verso l’ostacolo, ma verso ciò che questo cela. È inutile dire che questo tipo di atteggiamento non appartiene ad altri se non all’artista principalmente.

L’opera in analisi Dal paesaggio solo il verde di Federico Severino (1990), artista di origine milanese trapiantato a Catania, risale all’anno 2020, anno di chiusure, limitazioni e isolamenti: di fatto tutta una serie di ostacoli che hanno influenzato la produzione di svariati artisti. È proprio a causa del lungo periodo di lockdown vissuto, che l’arte più contemporanea e attuale si è caricata di una forte ripetizione tematica e visiva, evidenziando il grande declino produttivo di quel momento. Ad eccezione per alcuni pochissimi barlumi di bellezza artistica, visiva e di significato.

L’artista, a differenza di tutta quella produzione dove contesti urbani desolati e ritratti in solitudine, che ci hanno circondati raccontando certamente un periodo, ma peccando col tempo di originalità, evade, ignora il contesto e l’apparente ostacolo, rappresentando la complessità del tutto e la semplicità del nulla.

L’opera si mostra composta da quello che sembrerebbe il semplice accostamento di due colori: in basso un verde pallido, tendente al giallo, che però contiene diverse sfumature e componenti cromatiche; in alto, appena visibile, un azzurro tendente al grigio.

Ma cosa sembra di vedere? O meglio, cosa sembra di non vedere? Severino rappresenta magistralmente una veduta paesaggistica, ma ritagliando lo scorcio più ignorato, più inusuale, eppure il più carico di significato. L’artista non mostra una collina, non mostra un prato, bensì un paesaggio oltre ciò che pare un ostacolo. E lo suggerisce quel delicatissimo frammento di cielo posto al bordo della tela, che non indica soltanto la lettura dell’opera, ovvero il movimento dal basso verso l’alto, la verticalità –caratteristica principale delle opere di Severino–, piuttosto il prosieguo del paesaggio, lasciandolo alla nostra immaginazione. È dunque l’osservatore a completare il dipinto e a completare tutto il paesaggio. L’opera, che appare come la creazione di un ostacolo, è in realtà l’abbattimento della barriera stessa, invitando alla sua contemplazione e di ciò che vi sta dietro, alla stregua di Leopardi dinnanzi alla siepe.

Quelle che l’artista stesso definisce “piccole porzioni di paesaggio riportate su tela” – nate da esperienze e luoghi vissuti – si attaccano all’animo dell’osservatore che ora vede una cosa, ora ne vede un’altra; che prova suggestioni in base al proprio stato interiore e che è capace, addirittura, di trasformare un apparente distesa verde, in una veduta dall’alto di una timida onda del mare che bagna la riva.

L’artista smuove sapientemente, tramite le forme e il peso di quest’ultime, tramite le cromie che si spargono e si fondono, le emozioni di chi si sofferma ad osservare e rispettare il paesaggio, restituendo vedute che abbattono la verosimiglianza, ma che restituiscono vive memorie.

 

 

BIO

Federico Severino nasce a Milano nel 1990. Si trasferisce a Catania dove si forma presso l’Accademia di Belle Arti e Restauro “Abadir”, conseguendo il Diploma Accademico di Primo Livello in Pittura nel 2013. Nel 2016 consegue il Diploma Accademico di Secondo Livello all’Accademia di Belle Arti di Catania, dopo una residenza a Berlino. Nel 2014 vince il Premio Novicelli nella sezione Pittura, mentre nel 2016 esporrà alla Fondazione Puglisi Cosentino di Catania. Nel 2017 realizza la sua prima personale dal titolo “Close to Edge” alla Galleria Quam di Scicli, dove prende parte al collettivo d’artisti per IMMATERIA. Nel 2021 vince il premio acquisto speciale istituito dalla LAP “1921-2021 Cetenario scuola di disegno di Nova”, Premio Vittorio Viviani. Nel 2022 è invitato dal Collettivo Flock per la mostra SUMA, Sono Una Mostra Autoctona” allo spazio Discontinuo di Barcellona Pozzo di Gotto.