Quattro elementi in uno spazio solo
Dancing on the Edge of the Etna
È possibile camminare sul bordo del vulcano rimanendo integri e controllandone gli eventi? Trovare la risposta a questa domanda presuppone l’accettazione del rischio nel ricercarla in modo empirico, ma scopo dell’arte è anche quello di generare dubbi e curiosità sui fenomeni che circondano l’uomo, materializzando i quesiti più articolati e intellettuali e mettendoli a disposizione di coloro che hanno voglia di scoprire.
Il White Garage di Gianpiero Vincenzo a Catania, si pone come luogo in cui è concesso sfogare senza limiti i propri quesiti, concedendo al pubblico orizzonti sempre originali dove ricercare risposte e interpretazioni.
Grazie a una lunga residenza nella città siciliana, il curatore e artista belga Gustave Demoen, ha realizzato una serie di eventi ed esposizioni, partendo dall’espressione “dancing on the edge of a vulcano”, secondo la quale vi è la possibilità che qualcosa di grande accada partendo dal profondo. Il vulcano diventa quindi il pretesto positivo per far nascere esposizioni sentite profondamente e vissute direttamente da artisti europei, invitati dallo stesso curatore a interagire con lo spazio espositivo e con lo spazio circostante della città alle pendici dell’Etna.
Quest’ultimo diventa fonte di ispirazione per la serie di eventi –realizzati da aprile a giugno– che prendono tutti il titolo Dancing on the Edge of the Etna e riflettendo sulla coesistenza dei quattro elementi naturali in un unico luogo. Acqua, Terra, Fuoco e Aria sono tutti rintracciabili sui paesaggi dell’Etna, diventando il concept di ogni esposizione e metafora della presenza di artisti diversi in un unico spazio espositivo.
ACQUA è il primo evento che vede partecipare l’artista Lien Debruyne (’78), la quale espone fotografie disorganiche di scenari apparentemente pacifici, ma non riconoscibili e ricostruite pezzo dopo pezzo sulle pareti dello spazio. Ad invadere totalmente quest’ultimo, in modo fisico e sonoro, saranno gli artisti Anton Lambert (’97), compositore di musica elettronica e Fyllenia Grigoriou (’95), performer che fa del corpo il linguaggio per costruire uno spazio di lavoro. Tra le foto scomposte di Debruyne, Lambert produce uno ambiente sonoro, fondendo dal vivo il suono della pioggia ad altre vibrazioni capaci di indurre in uno stato ipnotico i fruitori. La giovane artista greca, si auto induce in uno stato di trans tramite la lettura delicata di azioni da non compiere, riportate sul proprio diario e che successivamente interpreterà con il proprio corpo, miscelandosi con lo spazio e portando mentalmente ogni persona attorno su una dimensione psichica non conosciuta.
TERRA è il secondo evento al quale partecipano Celine Aernoudt (’95) ed Emile Van Helleputte (’92). Partendo dal rapporto che esiste fra la marionetta e il burattinaio, i due artisti svelano gli assurdi e aspri dettami della società capitalista, all’interno della quale il potere ha il ruolo di burattinaio e ogni individuo diventa la marionetta che non ha controllo sulla propria vita. Questa cruda e forte critica alla società contemporanea, viene esorcizzata dai due giovani artisti attraverso la riproduzione di frasi motivazionali, riportate su poster realizzati in xilografia e che circondano il perimetro dello spazio, ma nascondendo fra ogni riga delle amare verità che inducano il fruitore a riflettere sulla sua posizione e sulla sua condizione all’interno della società in cui vive. Ogni frase risuona all’interno del White Garage come un monito da non dover trascurare e generando un senso di angoscia e soffocamento ad ognuno che vi si trovi davanti. Ad accentuare questo senso di soffocamento e di piccolezza individuale è il modello in legno dello stesso spazio espositivo, che i due artisti collocano sapientemente al centro della sala, affinché il pubblico possa riflettere sul senso del controllo e della costante osservazione da parte del potere sulle masse.
FUOCO è l’evento a seguire, dove partecipano Conte Potuto, collettivo viennese fondato nel 2016 e l’artista-curatore Gustave Demoen (’96). Utilizzando le porte del White Garage come schienale di ipotetiche poltrone di un cinema, fissandole a terra e invitando la gente a prendere posto, la saracinesca dello spazio si chiude per la proiezione di un video realizzato sull’Etna. Il video è accompagnato dal racconto che Demoen fornisce al pubblico sul suo arrivo in Sicilia, riflettendo alle analogie e agli opposti che quest’ultima ha con il Belgio. L’artista riflette ad alta voce alla vita e agli eventi che la caratterizzano, parlandoci di amici conosciuti e delle usanze scaramantiche siciliane. Un racconto profondo, che culla il fruitore verso l’analisi della propria cultura, invogliandolo a creare confronti fra i diversi luoghi della sua vita con un occhio più attento e una sensibilità più profonda. Al termine della proiezione ogni spettatore è invitato a prendere una patata da un piccolo cumulo che occupava parte dello spazio e a farla friggere direttamente nello stesso luogo dagli artisti. La patata viene restituita al fruitore sotto nuova forma e all’interno di un cono di carta, che solo dopo aver mangiato la patata, rivela la sua vera essenza. Il tipico coppo catanese che contiene le tipiche patate belghe fritte, altro non è che una fotografia, attaccabile da ogni persona al muro nella posizione che più desidera, andando a comporre un’opera che sintetizza l’unione di luoghi lontani, ma non troppo diversi fra loro.
ARIA conclude questo ciclo di eventi al White Garage, in cui ritorna a partecipare l’artista-curatore Gustave Demoen e l’artista belga Janes Zeghers (’92), che con il suo lavoro realizza paradossi mescolati ad azioni quotidiane, rendendo lo spazio in cui agisce, un teatro dell’improbabile. Un video il loop trasmesso da un’iPhone attaccato alla vetrata del White Garage, mostra ai visitatori all’esterno dello spazio, tutti i luoghi della città dai quali è possibile intravedere l’Etna: un imponente elemento naturale sempre presente nella città e che viene nascosto dai palazzi. La mostra è visibile esclusivamente dall’esterno, mentre lo spazio espositivo viene invaso da un modellino dell’Etna, che sopra ad un’aspirapolvere automatica, si muove all’interno della stanza. L’Etna tanto ricercato nel video in loop, diventa ora protagonista attivo che vuole mostrarsi, variando le sue posizioni e lasciandoci immobili e meravigliati ad osservarlo dalle sue diverse angolazioni. Una danza paradossale, un ringraziamento ideologico che questi artisti porgono nei confronti del territorio che li ha ospitati e ai visitatori che si sono avvicinati alle loro visioni, regalando loro un libro dove punti, linee e segni incomprensibili sulle pagine bianche, riportano i luoghi esatti della città dai quali è possibile ammirare l’Etna. È in questo modo che la città di Catania viene rimpicciolita e resa trasparente, per permettere di sovrapporla a quei segni non comprensibili, allo stesso modo di come si è resa trasparente ad un gruppo di artisti talentuosi, che da lei hanno raccolto qualcosa e che a lei hanno restituito.