Il Voguing:
quando il mainstream è cultura
Strike a pose! Prima del dominio del selfie, prima della canzone Vogue di Madonna, il voguing ha affermato con la performance i propri valori, in opposizione ai concorsi di bellezza standardizzati dell’America degli anni Sessanta. Il voguing, recentemente noto con la ridistribuzione del film Paris is Burning (1990) e la produzione della serie tv Pose (2018) da parte di Netflix, è l’espressione performativa di un movimento culturale che nasce intorno agli anni Settanta negli USA e si definisce, prendendo il nome di ballroom, negli Ottanta ad Harlem (New York).
In realtà il grande pubblico già da qualche decennio ha incamerato nel suo immaginario “lo stile di ballo” che connota il voguing, ma fino a tempi recentissimi ignorava che il sistema della scena fosse nato da un’esigenza sociale: individuare un safe-space in senso pratico ed espressivo ‒ prima per lǝ solǝ ballerinǝ, e poi ‒ per tutta la comunità transgender e omosessuale per lo più afro-discendente, afroamericana e latina. Questo safe-space ha trovato una sua struttura familiare e collaborativa nelle “House of family”, che prendono il nome dalle case di moda più celebri, guidate ognuna da una Mother e/o da un Father. Queste famiglie, unite da un’esigenza di difesa e affermazione, trovano la loro dimensione nella sfida sulla ballroom scene che riprende e parodia i codici visivi, estetici e valoriali della comunità discriminante e oppressiva: quella caucasica ed etero-normata.
La competizione da un lato permette l’affermazione sia della singola House sia dellǝ singolǝ voguer, che vincendo le gare può fare carriera all’interno della scena; dall’altro però tale competitività risulta fittizia poiché lo scopo di queste sfide è riunirsi e sentirsi parte di una comunità che ti accetti, come spiega egregiamente Trashy from Kiki House of Juicy couture, tracciando una storia del movimento culturale. «Oggi la ricerca è mirata a un safe-space per tutte le identità al di fuori del binarismo di genere. La performance permette di mettersi in gioco in modo scherzoso per poi saper reagire nella vita reale e con l’appoggio di una comunità che capisce e condivide quello che vivi anche tu».
Il movimento culturale del ballroom è passato dall’essere fenomeno di nicchia a un exploit a livello mainstream tra il 1990 – anno del successo “Vogue” di Madonna – e l’estate scorsa, scandita dalle ball settimanali, organizzate di fronte alla chiesetta milanese di Via Lecco a Milano e aperte a tuttǝ.
La cultura del ballroom ha conquistato anche il mondo delle case di moda, dell’arte visiva e dei social. Nell’estate del 2020 il dj, producer e attivista Kiddy Smile è stato invitato presso gli uffici parigini della rivista Vogue dove, con l’aiuto di ballerini professionisti, rappresentanti di alcune tra le House più celebri spiegava, tra una mossa e l’altra, la storia della ballroom culture.
A novembre del 2021 le OGR di Torino hanno ospitato la performance Throwing Balls at Night “che vede il linguaggio del voguing fondersi con quello dei Balletti Russi” come dichiara lo stesso artista, Jacopo Miliani. Infine, sempre di più TikTok vede protagonisti i giovani che interpretano a modo proprio le mosse, l’estetica e i valori di questa cultura.
Sorge spontanea la domanda: qual è il confine tra interpretazione e appropriazione del movimento culturale?
Trashy Juicy couture sostiene che sia inesatto parlare di “appropriazione culturale”, sottolineando le diverse specifiche che la comunità del ballroom assume a seconda del contesto nazionale, religioso, politico in cui si esprime. Altro aspetto per lui positivo, nonostante le iniziali perplessità espresse da parte della comunità, è che la ballroom culture sia diventata mainstream. «Inizialmente, il fatto che il movimento culturale sia diventato mainstream è stato percepito dalla comunità con paura, legata al pericolo di indebite declinazioni; come d’altronde è accaduto anche in altri ambiti culturali. Poi, andando a indagare il pensiero del ballroom – dove non esiste un meccanismo di potere, di supremazia – si è giunti alla sintesi che “il mainstream è mainstream”: adesso tutti hanno accesso alle informazioni, sebbene non complete, tramite social e piattaforme varie.
Quindi dopo il boom virale ci si è dettǝ: perché, anziché andare contro un flusso che comunque non si può interrompere, non utilizziamo questi canali per far passare i messaggi, i valori che hanno dato vita e nutrono questo movimento culturale e contribuire alla corretta informazione e alla creazione di un safe space generale?»
Sulla stessa linea risponde Jean Diaz, giovane trevigiano che ha da poco approcciato la scena di Milano. Jean trova positivo il fatto che negli ultimi anni la ballroom scene sia diventata più mainstream. «Ciò ha permesso a quelle persone, solitamente lasciate in disparte, di avere un po’ più di visibilità. Penso alle campagne di Nike, allo show Fenty savage di Rihanna e alla serie tv Pose che ha permesso ai giovani di capire la storia della ballroom scene e alla prima ragazza transgender di vincere un Emmy».
Infine Jacopo Miliani in merito all’interpretazione del voguing nella pratica artistica visiva ha raccontato il proprio avvicinamento a questo mondo. «Quello che mi interessa di questo fenomeno è la sua struttura linguistica; un linguaggio che si crea interfacciandosi a quello mainstream e differenziandosi da esso». L’artista sottolinea l’importanza della contaminazione nel voguing, linguaggio nato dall’assimilazione di un sistema predominante da parte di uno minoritario e controcorrente. Di conseguenza, il sistema linguistico del movimento culturale ha subito anche molte trasformazioni interne al sistema delle House e dellȝ loro partecipanti. «Ho pensato a quanto la mia indagine sul voguing abbia contaminato il mio linguaggio d’artista.
Il lavoro Throwing Balls at Night è il risultato di un processo di ricerca e di ascolto, espresso attraverso i corpi e le personalità dei Voguers con cui ho collaborato». Miliani crede che si possa parlare dì appropriazione quando l’ascolto e la ricerca vengono a mancare e, nel caso del voguing, si usano i corpi solo per la loro immagine e il loro stile. «Il discrimine tra appropriazione e influenza è l’assenza o la presenza dell’ascolto. Nel primo caso un sistema dominante assorbe quello che lo contrasta. Nel secondo la contaminazione nasce dalla messa in discussione del sistema di riferimento».
Tale sana frattura contaminativa può avvenire dall’incontro con sistemi diversi: a partire da quello dell’estetica decadente e onirica dei Balletti Russi, come nel caso dell’artista, ai video interpretativi su TikTok dellǝ giovani della generazione Z. Chi vuole fare cultura può trovare il modo di diffonderla anche tramite strumenti nati senza questo scopo primario. Nel caso citato dei tiktoker, ad esempio, l’autore del video potrebbe suggerire le parole chiave del voguing e del ballroom tramite gli hashtag, nella consapevolezza che ogni strumento di comunicazione di massa può essere declinato a strumento di cultura.
INTERVISTA COMPLETA A TRASHY JUICY COUTURE
Abbiamo dialogato con Trashy Juicy Couture in merito alla storia e i valori attuali del voguing. Qui di seguito riportiamo le sue riflessioni:
Il voguing è una parte del ballroom, una parte di performance per lo più, e assume questo nome alla fine anni Ottanta. La scena completa però, non esclusiva dei ballerini, nasce dalla comunità transgender e omosessuale per lo più afro-discendente, afroamericana e latina negli States, a New York. Dalla discriminazione nascono delle necessità cui il movimento culturale del ballroom risponde. Sicuramente oggi continua ad essere un safe-space in perenne evoluzione, creato esattamente da chi vi partecipa, da chi ne fa parte e ha delle necessità precise.
Oggi il pensiero generale sulle identità è cambiato rispetto, ad esempio, agli inizi degli anni Sessanta e Settanta, quando la divisione era molto binaria. Oggi la ricerca è mirata a un safe-space per tutte le identità al di fuori del binarismo di genere. Il fatto che la parte estetico-performativa della cultura stia spopolando sui social è dovuto all’ampliamento del raggio d’influenza della scena a livello mainstream, grazie a: documentari come Paris is burning (1990), serie tv quali My House (2018) e Pose (2018), sino ai programmi televisivi come Legendary (2020), un vero e proprio talent show con impronta statunitense dove le persone si sfidano per una supremazia. In realtà questo aspetto competitivo, all’interno del ballroom, è fittizio, caricaturale nei confronti della comunità che derideva la nostra.
Quindi il meccanismo delle ball è composto da giudici e da regole, ma è tutto nato dalla volontà di ridicolizzare i meccanismi dei concorsi di bellezza statunitensi degli anni Sessanta, dove anche nei concorsi già ghettizzati delle donne transgender, che all’epoca erano considerate drag queen, erano comunque discriminate le afro-americane e le latine per il colore della pelle o per la provenienza d’origine. Da qui la necessità di creare uno spazio per la propria rivendicazione personale che, in alcuni casi, diveniva motivo di sopravvivenza.
Ognunǝ di noi è alla ricerca di uno scopo, ognunǝ di noi ha delle necessità, ognunǝ di noi dubita di sé stessǝ. La performance permette di mettersi in gioco in modo scherzoso (la ball, la carriera all’interno della scena) per poi saper reagire nella vita reale e con l’appoggio di una comunità che capisce e condivide quello che vivi anche tu.