Art

VR: Viewing Room – Vera Rivoluzione?

 

Dalla mostra-temporaneamente-chiusa del 1989 di Maurizio Cattelan alla galleria Neon di Bologna a The Corridor di Bruce Nauman e alle poetiche performative degli anni ’70, l’arte ha sempre implicato il coinvolgimento del corpo in assenza, come nel primo caso, o in partecipazione/presenza, come negli ultimi due. Cos’è successo quando le gallerie sono state costrette alla chiusura reale – e non provocatoria – dei propri spazi?

Le viewing room, molto simili alle installation-view, sono state proclamate strumento democratico di inclusione durante il periodo di restrizione: visita completa della mostra in cambio della e-mail personale. Se le analogie con le semplici immagini delle opere che circolavano già sul web fossero evidenti, sembra che il neo-logismo fosse ciò di cui il mercato aveva bisogno. Una vera e propria ventata d’aria fresca, simile a quella che investe il destino del mercato high-tech quando Sir Elon Musk proferisce parole attraverso un tweet. A parlare chiaro sono proprio i numeri:

 

 

nel The Art Market Report 2020 pubblicato da Art Basel e UBS si legge che il valore del mercato dell’arte mondiale ammonta a 64.1 miliardi di dollari, di cui 5.9 miliardi provengono dal segmento online che, sebbene abbia registrato un leggero calo, ha coinvolto sempre di più giovani buyers.  Il digital e le sue nuove implicazioni, come gli NFTs , hanno ricoperto il duplice ruolo di aver scalfito lo stato dell’arte e di aver attratto nuovi acquirenti grazie alla maggiore accessibilità al mercato. È un dato indice di tale situazione che il 92% dei nuovi acquirenti abbia dichiarato di aver acquistato online tramite l’uso di piattaforme di vendita e Instagram.

 

 

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Se durante il lockdown abbiamo tutti scoperto, creato, implementato la nostra presenza online partecipando a quanto il web avesse da offrirci sul fronte culturale, adesso, ci troviamo nel limbo dell’analisi dell’efficacia delle viewing room. Dopo l’estate, si è registrato un buon andamento delle presenze nelle fiere F/W 2021 le quali si sono freneticamente susseguite da settembre, registrando solo adesso, una battuta d’arresto con la notizia di qualche settimana fa dell’annullamento dell’edizione del 2022 di Arte Fiera, Bologna (riprogrammata per maggio 2022).

A prescindere dal fattore contingente, possiamo davvero parlare di due sistemi dell’arte o di uno stesso sistema switchato su due canali differenti? Quali sono gli attori e le regole da conoscere del canale digital? Alla luce di alcuni fatti di cronaca, sorge spontanea la domanda: quanto si tratta di VERA Rivoluzione?

In mezzo alla (s)mania digital ci sono sicuramente diversi fattori da considerare. Nella corsa alla smaterializzazione delle cose, ci si è dimenticati del valore materiale di esse, dell’autenticità, soprattutto dei singoli individui. Facilmente e sbrigativamente sostituiti dal semplice indirizzo email, gli individui sono stati trasformati in elementi dello schema Ponzi applicato alla creazione di falsi profili IG.

Quattro per essere precisi, che sono riusciti a ingannare anche testate giornalistiche e fiere d’arte. Quattro finti profili di collezionisti che si sono dati man forte a vicenda, costruendo un grande castello di carta (digitale!) basato sui diritti d’autore e d’immagine e sulla contraffazione e appropriazione di identità.

O ancor prima, il “giallo a lieto fine” del caso della trappola-asta promossa nel sito di Banksy che ha ammaliato il collezionista di NFT Pranksy per un valore di 300mila dollari. Il “prank” non si conclude qui, visto che il collezionista ha fortunatamente ricevuto un rimborso anonimo (commissione di 5mila dollari a parte). La retorica infallibile e super safe della blockchain trova le sue falle. Ancora una volta la sfida AI-uomo sembra non essere stata decisa e sicuramente qualcuno gioca a fare il doppio gioco.

 

 

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In copertina: Balloon Venus Lespugue Red, 2013–2019, Jeff Koons, David Zwirner viewing room