Principi di geologia
Fino al 4 febbraio 2022 la sede trentina della Boccanera Gallery di Giorgia Lucchi Boccanera accoglie Andvake, un pezzo di Norvegia visto attraverso lo sguardo vigile dell’artista Veronica de Giovanelli.
Capitolo 1 – Passasjer
La ricerca perpetua di un’unità abitativa, entro cui adagiare esigenze espressive che sfociano nell’edificazione di mappature geologiche insolite, porta un viandante paziente ad errare per lande e fiordi norreni dal fascino sublime, talvolta melanconico ma estremamente seducente.
È il caso di Veronica de Giovanelli, animo – ora viaggiatore ora passeggero, ora ospite ora inquilino – che, ammaliato dalle potenzialità evocative degli scorci nordici dai tratti mistici che l’avvolgono, abbraccia in toto questo sentire, al punto tale da preferire al peregrinare nomadico incerto la sedentarietà, seppur precaria. L’artista trova dimora presso l’NKD – Nordic Artists’ Centre di Dale, luogo dai fragili confini infrangibili che le ha permesso di sondare metaforicamente e letteralmente le peculiarità di un paesaggio in apparenza affine alla sua terra natia: il Trentino. Eppure, l’osservazione costante e prolungata caratteristica dell’approccio creativo di de Giovanelli lungo tutto il corso della residenza ha portato a galla le lacune di uno sguardo di massa preconfezionato, abitudinario e superficiale, che Veronica si è decisa ad abbattere scendendo nelle profondità degli interstizi naturali, noti agli occhi di chi è capace di restituire valore al tempo e allo spazio.
Un vero e proprio risveglio dal letargo dell’indifferenza il suo, carico di quelle influenze frammentate che prendono corpo nei sedimenti dell’andvake, termine stratificato di origine nynorsk (la lingua dei poeti contrapposta al bokmål), che lei deposita con grande consapevolezza alla base di un lavoro altamente mineralizzato.
Capitolo 2 – Andvake
Dell’andvake correntemente tradotta come insonnia, la cui accezione negativa è una costante del suo usuale utilizzo, l’artista capta sfumature inedite che lascia sedimentare in un lento decorso dall’esito efficace. Così, l’incapacità di lasciarsi trasportare nell’universo di Nótt (divinità della notte), che contrasta un bisogno fisiologico dell’organismo, si trasforma nella necessità di godere appieno della bellezza eterogenea e mutevole di ogni singolo attimo trascorso tra gli scenari del Paese scandinavo. All’insonnia si sovrappone, dunque, un secondo livello di significato che sposta l’attenzione sull’attività neuronale protratta in momenti solitamente dediti al sonno: la veglia.
Stato di coscienza dal carattere positivista, il vegliare assurge, nella forma transitiva, al prendersi cura di, che la de Giovanelli applica non solo al contesto nel quale è immersa, ma anche alla tensione produttiva che l’accompagna in questo viaggio, un gioco forza che tende in direzione della vigilanza.
Fare attenzione, tenere sotto controllo, sorvegliare assiduamente non sono sintomi da disturbo ossessivo compulsivo, bensì ingredienti che, somministrati a piccole dosi, formulano questo terzo strato del lemma neonorvegese, che Veronica traslittera nel perenne stato d’allerta nei confronti di vedute iperboree dalle meravigliose drammaticità epidermiche. Tra le asperità frastagliate dell’orizzonte, l’artista individua curiose entità rocciose, le Sailing stones, nuclei generativi del suo operato, pretesti per una pittura specchio delle stratificazioni dell’andvake stessa, nonché parole d’ordine che esplicitano sin da subito, su un accesso quasi del tutto sbarrato, gli intenti artistici di partenza.
Capitolo 3 – Sediment
Nel processo di sedimentazione che connette il ventre della creazione, l’NKD di Dale, allo spazio dell’esposizione, la Boccanera Gallery di Trento, si accumulano i detriti strutturanti la scrittura dipinta di Veronica de Giovanelli. Alla base, ancora una volta, uno sguardo che si sdoppia in corso d’opera. Il tutto si origina a partire dall’ispezione attenta, quasi radiografica, di squarci reali e fotografati, che l’artista lascia decantare dentro di sé fino al sopraggiungere della fase digestiva, in cui i primi abbozzi di idea si evolvono lentamente in topografie sempre più possibili. A posteriori, un insieme di tele dalle parvenze convenzionali rivela la sottile riflessione circa il tentativo di abbattere lo stereotipo paesaggistico romantico, immortalato da Caspar David Friedrich, che si palesa nel riorientamento verticale della cornice – a sfavore dell’orizzontalità canonica della finestra albertiana – e nello spostamento continuo della linea d’orizzonte, in funzione dell’appiattimento di quei tecnicismi prospettici volti all’infinito. Questa considerazione è figlia di una contemplazione graduale del fruitore che emula quella norvegese della giovane trentina.
Passando in rassegna i quadri, ciascuno spettatore delinea una tratta geografica del tutto personale, costituita da un tempo del guardare e una pausa del pensare, di avvicinamenti audaci e allontanamenti logici; un moto dilatato che ricorda, da un lato l’infrangersi delle onde sugli scogli e il rimescolarsi dei residui nella risacca, dall’altro il potente gesto di spatola che l’artista reitera per spalmare il colore da destra a sinistra, dall’alto al basso, e l’oscillazione tra l’esterno e l’interno della residenza, divisi solo da grandi vetrate.
Ben diverse le sale della mostra, ex spazi industriali che, contro ogni pronostico, chiudono il cerchio sedimentario in quanto depositi provvisori della merce di passaggio.
Capitolo 4 – Lagdeling
Prodotto diretto del rapporto tra il tempo e la deposizione detritica, la stratificazione cela la chiave di lettura decisamente più intrigante e azzeccata dell’andvake (qui intesa come risveglio prendendosi una piccola licenza poetica) di Veronica de Giovanelli che dà vita ad una vera e propria carta geologica.
Lo strato che si palesa come visibile consta nella ricostruzione bidimensionale di un paesaggio che oramai è puro ricordo. Tuttavia, le tele, dalle dimensioni più svariate (coerenti per analogia o contrappasso al soggetto rappresentato), spostano l’attenzione sugli aspetti sconosciuti, ma anche i più interessanti, del procedere creativo, primo tra tutti lo spessore corposo del colore. Veronica inizia le sue stratigrafie utilizzando l’acrilico che poi va a coprire con l’olio, tecnica che richiede pazienza e una grande capacità d’attesa affinché il gioco valga la candela. La conferma, al contrario, non tarda ad arrivare rivelando vedute destabilizzanti che, sullo stampo dei décollage di Mimmo Rotella, vengono sezionate dall’artista, che apre a crepe tutte da scoprire. Così, sotto gli occhi dell’osservatore, si mescolano ambientazioni familiari velate da colori pop e sottoposte ad accurato studio anatomico che svela i segreti di una formazione rocciosa secolare. Questa stratificazione pittorica è sostenuta da un ulteriore livello che si genera nell’incontro del fruitore con l’opera: se, infatti, l’osservazione classica si fa da lontano per avere una visione totalizzante del lavoro nello spazio, ogni dipinto della de Giovanelli trascina a sé lo spettatore in una dimensione decisamente più intima, che rimpicciolisce l’universo pietroso sino al più piccolo frammento di roccia che si manifesterà non tanto sotto forma di nucleo quanto in quella di crosta terrestre di un nuovo mondo che altri passasjerar potranno abitare.
Ph. courtesy: Boccanera Gallery, Alessia Sebastiani