Intervista a Francesco De Grandi
di Salvatore Davì
La pittura di Francesco De Grandi è uno spazio di narrazione, un’esperienza di viaggio che legge i luoghi della natura attraverso la focalizzazione antropologica degli stessi; l’artista ha un rapporto emotivo di proiezione e interiorizzazione con la condizione originaria del reale che corrisponde all’esigenza di mostrare una direzione dell’esistente attraverso la costruzione di paesaggi, di nature, di corpi e di voci dove si ‘annusa’ la struttura del nostro essere in rapporto con un ambiente. Le opere di De Grandi definiscono dunque una forma che nasce dall’incontro fra due piani della realtà, la contemplazione del mondo materiale e la liturgia che la lega alla comprensione della nostra sfera intima e in qualche modo più sacra.
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Chi è Francesco De Grandi? Raccontaci brevemente di te.
Stamattina mi sono alzato presto, sono sceso giù al porto ed ho comprato da Michele una bella rana pescatrice e un merluzzetto. Farò con i miei amici i ravioli di pesce fatti in casa.
Dipingere assomiglia a molte cose della vita, a mio avviso le più pure e poetiche.
Come definiresti il tuo lavoro?
Sono interessato alla pittura come meccanismo di manipolazione della materia che genera emozioni e conoscenza, meccanismo che ha codici millenari e che spesso non serve cambiare ma imparare. L’uso di similitudini, echi, slittamenti formali, partecipa alla creazione di “oggetti pittorici non identificati”. Il turbamento e la perturbazione, ciò che non ha tempo, diventano pilotaggi verso visioni “altre” della realtà, sottotracce continue della domanda finale, risposte e testimonianze di una ricerca esistenziale, smaniosa di dare voce a pulsioni interne e profonde del nostro essere al mondo, di trovarvi un posto.
Dipingere significa entrare in un mondo fisico dove la materia viene manipolata in maniera sottilissima e spesso è la Pittura stessa a guidarti.
Cosa influenza la tua ricerca pittorica?
È un processo che non risponde a strutture lineari, più che altro si costruisce connettendo diversi livelli del pensiero. Nel mio percorso c’è una matrice: quella della riappropriazione, del sillogismo, dell’epica della narrazione, del détournement, della deriva.
La pittura dell’ottocento, il Verismo, il Pitocchismo del seicento, la pittura popolare, quella da rigattiere, le immagini della rete, le persone che incontro, la pittura antica, la pittura d’azione ecc. tutto questo serbatoio è il mio campo d’azione. Ci sono delle urgenze interiori che vengono attratte da immagini che diventano strumenti di comunicazione e ricerca. Sono interessato alla raccolta, affascinato dalle cose vecchie, dalla muffa, dal macabro e il grottesco, dalla bellezza non convenzionale; attratto dal decomposto, dal sudore, dal sangue e dagli escrementi: tutte cose che sporcano e ungono. Vago tra i rovi e le piante anarchiche, giardini interstizio, spazi autonomi di bellezza. Tutto ciò che mi ricorda il nostro essere impermanenti, fragili e senza scopo.
Nel tuo lavoro la forma si presenta come una struttura che ha le caratteristiche di un mondo interno. Cos’è ciò che chiamiamo forma? La forma dell’opera d’arte si può considerare autonoma dalle forme esistenti in natura oppure si può definire come un incontro durevole con esse?
L’arte è una forma della natura. Rappresenta lo stato del mondo, mutevole, complesso, contraddittorio e imprevedibile. Le domande me le pongo sempre dopo aver lavorato, mai prima. Il problema semmai è la nostra capacità di leggere ciò che la natura ci comunica. E quando dico natura mi riferisco anche a forme di comunicazione esoteriche occulte o straordinarie. Quindi, tornando alla forma che tu poni in relazione con la natura, io ti rispondo che la forma è la natura nelle sue innumerevoli manifestazioni. Inoltre, non essendoci confini, il mio mondo interno è la rappresentazione frattale del cosmo ed è in relazione con esso.
Come definiresti il panorama artistico siciliano? Esiste una rete o un sistema dell’arte dove lo scambio tra individui ed operatori possa definirsi maturo?
Non saprei. Esiste indubbiamente lo scambio tra artisti. Esiste una comunità eterogenea di persone sensibili che si parlano, si amano e a volte si scontrano e si odiano, molto carnale e poco ortodossa. Questo, nel bene e nel male, resta a miei occhi una risorsa che ci salva dall’omologazione.
Palermo inoltre è l’unico posto in cui mi sono sentito profondamente me stesso, qui riesco a dipingere senza sentirmi totalmente solo. È una città dura e difficile, piena di problemi, amministrata malissimo e volontariamente dimenticata. Molto è stato detto e non sono così ingenuo da pensare che sia un paradiso, ma è la mia città, molti di noi non si sono mai mossi, molti vanno e tornano come ho fatto io ad esempio e molti stanno cercando, riuscendoci a volte, di fare qualcosa di straordinario, come fare gli artisti, aprire una galleria, fare cinema, ecc . Ho enorme rispetto per questa gente di Palermo, ed è sempre più forte la consapevolezza che forse la geografia è destino.
Chi sono i tuoi punti di riferimento nel mondo dell’arte?
Sono tanti sarebbe una lista lunghissima.
Ci sono autori che in tutti i campi si sono occupati delle stesse istanze che accendono il mio interesse, con essi entro in assonanza, una forma di riconoscimento. Poco tempo fa ero in taverna alla Vucciria con Cucchi, Barone e Di Marco e ho assistito ad una grande lezione di pittura.
C’è stato un evento o un incontro in particolare che ha segnato una svolta nella tua ricerca?
Si c’è, è una presenza che accompagna la mia vita da sempre, ma è un incontro talmente intimo, che desidero mantenerlo nella mia sfera privata.
Quali immagini del tuo lavoro, che in qualche modo rappresentano dei punti di snodo fondamentali, ci proporresti?
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Che progetti hai per i prossimi mesi? A cosa stai lavorando?
Tanta pittura in studio che mi aspetta, con la speranza di poterla dipingere tutta.
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(a) Francesco De Grandi, Centenarian, 2008, olio su tela, cm 300×300, coll.privata New York
(b) Francesco De Grandi, Paesaggio di tenebra, 2006, olio su tela cm 180x 250, coll.privata Milano
(c) Francesco De Grandi, Del solo amore, 2012, olio su tela cm 300×190, proprietà dell’artista
(d) Francesco De Grandi, Il passaggio difficile, 2011, olio su tela cm40x60, coll.privata Palermo
(e) Francesco De Grandi, Huts, 2008,olio su tela cm300x200, proprietà dell’artista
(f) Francesco De Grandi, Terra matta, 2012, olio su tela cm.60×60, coll.privata Palermo
(g) Francesco De Grandi, Isaia, olio su tela, cm. 24X18, proprietà dell’artista
(h) Francesco De Grandi, Charles, 2012, olio su tela, cm.24×18, proprietà dell’artista
(i) Francesco De Grandi, Ninetta, 2009, olio su tela, cm 90×120, coll.privata Palermo
(l) Francesco De Grandi, Terra matta, 2011, olio su tela, cm.10×15, coll.privata Palermo
(m) Francesco De Grandi, Black grass, 2007, olio su tela, cm50x35, proprietà dell’artista
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