HOLOMOVEMENT
Sinestesia dimensionale
di Bianca Basile
Ologramma: immagine tridimensionale di un oggetto su lastra fotografica
ottenuta sfruttando l’interferenza di due fasci di luce laser.
Olomovimento: teoria dell’universo, formulata dal fisico Bohm, che sostiene un ordine implicito sottostante alla realtà che percepiamo, funzionante come un ologramma la cui struttura generale è identificabile in ogni sua singola parte.
La riflessione su questi concetti ha costituito la base del lavoro di sette artisti emergenti, il cui minimo comune denominatore è individuabile nella sinestesia tra uomo, natura e tecnologia. I lavori sono stati presentati presso Dimora Artica in occasione di Holomovement, mostra visitabile sino al 17 febbraio 2020.
Con la nascita della fotografia e soprattutto del cinema, oltre alle tre dimensioni dello spazio un’altra si è aggiunta nella rappresentazione della realtà: quella del tempo. In particolare i movimenti pittorici del Cubismo di Picasso e Braque, del Futurismo di Marinetti e, inseguito, dello Spazialismo di Fontana hanno aperto il mondo dell’arte all’universo pluridimensionale. Gli artisti contemplati hanno ragionato, quindi, su un livello ontologico e universale.
Il presente iconizzato da Mattia Barbieri come Giano Bifronte esprime la simultaneità di passato e futuro sia, a livello iconografico, riprendendo una figura mitica, sia a livello compositivo, reinterpretando la struttura allegorica delle tavole medievali.
Sulla stessa linea, il modello iconografico del ritratto tradizionale è informato da un immaginario informatico in Unpredictable ecosystem di bn+ BRINANOVARA (Giorgio Brina e Simone Novara). Il lavoro risponde alla domanda: “quanti luoghi vive un’immagine?”. Il glitch percettivo si raddoppia quando si scopre che la tecnica in realtà è perfettamente artigianale: strati di colore sovrapposti e decurtati; inoltre il puzzle dimensionale è ulteriormente complicato e completato dall’oggetto scultoreo associato al dipinto e ragiona su un terzo immaginario, quello della moda e della storia dei materiali. In particolare, il rimando dell’oggetto al copricapo rappresentato sancisce il legame tra lo spazio bidimensionale della pittura e quello tridimensionale dell’ambiente con cui dialoga e rinvia alla cultura trasversale che il concetto di moda veicola.
Dal legame tra pittura, scultura e moda si passa a quello tra performance, mito e scienza: Tania Fiaccadori interpreta con uno sguardo spirituale una vita biologica. Il mollusco marino Sea angel nella visione dell’artista, diventa una creatura fatta di anima e luce che trasmette col movimento un messaggio da un’altra dimensione. Alla trasmissione della comunicazione occorrono un medium tecnologico (lo smartphone), alterato e reso trascendente da un materiale artigianale (il vetro convesso) e uno naturale (il silicio).
La poesia incontra così la scienza, ma anche il suo opposto. Il gruppo musicale degli Of monsters and men sentirebbe vicinissima al loro brano “Love, love, love” la storia rappresentata da Valentina Furian con un video spezzato in due monitor, a sottolineare la straziante separazione di due creature innamorate e inconciliabili. Sensuale, sensibile e fantastica, la video-installazione rappresenta lo iato incolmabile tra due dimensioni, riunite solo nell’unita dell’opera d’arte.
Lo strumento della sintesi tra più dimensioni è abilmente declinato anche da Kamilia Kard, la quale esprime sinteticamente il concetto di archeologia del futuro. Recuperando un’icona archetipica dell’arte occidentale, l’artista riesuma il passato (archeologia) ma lo attualizza fortemente tramite il programma informatico utilizzato per la modellazione della scultura e l’uso della stampa 3D per finalizzare la sua realizzazione. Ma il salto temporale di Woman as a temple è ancora più lungo: la sua autrice colloca l’opera in un futuro in cui anche il tecnologicissimo medium con cui è stata realizzata risulterà antiquato. E per sancire l’eterna illusione della superiorità dell’uomo sulla natura, è ribadito nell’opera il loro legame: gli anelli che in trasparenza rivestono il busto femminile rimandano alle circonferenze temporali dei tronchi d’albero.
Infine il glitch sinestetico tra natura, modello iconografico tradizionale, materiale tecnologico e immaginario culturale attuale assume i suoi connotati più drammatici e inquietanti nelle sculture e nei render digitali di Andrea Samory. Nel tentativo di integrazione tra uomo e natura di Anthropicality risuona la triste resa rappresentata nella già citata opera di Valentina Furian; la stessa che riempie anche il deserto dai connotati umani ritratto da Stefano Perrone. La dimensione della tela amplifica il senso di vuoto, unico sentimento su cui l’uomo contemporaneo “metterebbe la firma” che però, puntualizza l’autore, non corrisponde a un’identità determinata.
In un’epoca di rinnovata crisi dell’antropocentrismo e di delusione nei confronti della tecnologia sebbene essa evolva sempre più, recuperare i miti, le iconografie del Rinascimento, del momento più alto dell’uomo occidentale per decurtarlo in modo intenzionale del suo stendardo di perfezione rappresenta al meglio l’incertezza dell’uomo coevo, il suo sentirsi perso di fronte ai disastri naturali di cui lui è vittima e carnefice. Holomovement si colloca così come ologramma sinestetico di un sublime capovolto: l’orrore della natura di fronte alla tecnologia.
In copertina: Exhibition view; courtesy: Dimora Artica.